Arianna Finos, Repubblica 27/12/2009, 27 dicembre 2009
John Lasseter di Arianna Finos per Repubblica - j ohn Lasseter ha il physique du rôle da Babbo Natale in vacanza
John Lasseter di Arianna Finos per Repubblica - j ohn Lasseter ha il physique du rôle da Babbo Natale in vacanza. Corporatura robusta, carnagione chiarissima, naso a patata sovrastato da occhioni cerulei. Veste camicie hawaiane con disegni ispirati ai suoi cartoon. Ne indossava una anche il giorno, nel 2006, in cui è stato nominato leader creativo dei colossi Pixar e Disney, diventando l´uomo più potente dell´animazione mondiale. «Sono la mia divisa ufficiale. Comprai la prima hawaiana nell´87. Mi ci sentivo talmente bene che la misi finché non andò in pezzi. Mia moglie Nancy, allora, mi suggerì di farne confezionare una dozzina con su stampati i personaggi dei miei film: giocattoli, animali, astronavi, macchinine. Il risultato è che a casa nostra esiste ormai un intero guardaroba dedicato e tematico: oltre alle hawaiane e alle automobilistiche ci sono le camicie cinematografiche ispirate a Toy Story, Cars, Bug´s Life, Monsters Inc., Wall-E, Bolt. Lo so che è una cosa da ragazzini, ma gli animatori non crescono mai veramente e una camicia hawaiana è come un giocattolo che puoi indossare». All´anteprima di La principessa e il ranocchio nella californiana Burbank, sede centrale della Disney, un mese fa ne sfoggiava una nuova di zecca, sui toni dell´azzurro Mississippi e del verde rana. Già, perché l´uomo della svolta epocale dell´animazione, colui che ha regalato al computer la paternità dei cartoon della nuova generazione, il regista di Toy Story, per intenderci, è stato anche colui che ha riportato sul grande schermo, quando ormai nessuno ci scommetteva più, le vecchie tavole disegnate a mano e una storia in piena tradizione Disney. E il mercato, consegnando venticinque milioni di dollari nel solo primo fine settimana a La principessa e il ranocchio, gli ha dato ancora una volta ragione. «C´è un´intera generazione di ragazzini che non ha mai visto un cartone della vecchia scuola Disney al cinema. Era ora di far conoscere loro la magia di una favola come quelle che hanno fatto sognare le mamme e le nonne». Lasseter, produttore esecutivo dell´opera, ha voluto ambientare la storia a New Orleans: «La mia città preferita nel mondo». A La principessa e il ranocchio pure è affidato un elemento di forte innovazione: un´eroina afroamericana, prima volta per la Disney. «La grande novità è che Tiana non è una principessa, ma una ragazza forte ed emancipata che lavora duro e ha un obiettivo preciso: aprire un ristorante. Ma, nel suo viaggio verso la realizzazione del sogno, imparerà che qualunque sogno, per essere davvero tale, deve essere condiviso». Quando parla di emozioni e sentimenti Lasseter si fa serio. Perché per lui l´amore, la lealtà, l´amicizia, l´onestà sono la materia di cui sono fatti i sogni cinematografici per bambini e concreti valori di comportamento su cui il produttore ha basato la vita e perfino gli affari. La vera favola che l´accompagna è quella di essere riuscito a creare un impero economico cinematografico retto da un gruppo di creativi scelti tra i colleghi, i suoi vecchi amici di college, i talenti conosciuti agli stage d´animazione e ai workshop. Terry Gilliam, a proposito del gruppo di cervelli Pixar (Peter Docter, Brad Bird, Andrew Stanton, Lee Unkrich), ha detto che sono riusciti a realizzare su larga scala quel che negli anni Sessanta avevano sperimentato in Gran Bretagna i Monty Python. Non che Lasseter non abbia preso le sue sonore batoste, nella vita professionale. Il dolore più grande glielo inflisse proprio la Disney, che è stata la prima madrina artistica, per poi rivelarsi matrigna professionale. Nato nel ”57 a Whittier, California, John Lasseter ha manifestato l´ossessione animata in età precoce: «Da piccolissimo ricordo che mi alzavo alle sei e mezza, di sabato mattina, per vedere i cartoni in televisione. Al liceo ero praticamente un disadattato, all´uscita correvo dritto a casa per divorare Bugs Bunny insieme a quintali di popcorn. E quando alla biblioteca della scuola ho scovato il libro di Bob Thomas The Art of animation, sul making off della Bella addormentata, ho capito che l´animazione poteva essere un mestiere e che sarebbe stato il mio». Lo annunciò alla madre, insegnante d´arte, e alla Disney con una lunga lettera che come risposta ebbe l´invito a una visita agli Studios e, nel 1971, regalò al giovane Lasseter lo status di secondo studente ad essere ammesso all´istituto d´arte californiano della Disney. Ci resterà quattro anni, realizzando due pregiati cortometraggi. Tra i suoi compagni di corso, all´epoca, John Musker (regista, appunto, di La principessa e il ranocchio), Brad Bird (Ratatouille) e Tim Burton. «Tim aveva un talento eccezionale ed era già gotico quanto a gusti», racconta Lasseter. «Ricordo che trascorreva le notti a guardare film dell´orrore e che aveva una mano straordinaria: realizzava ritratti alle persone in pochi secondi. Passava i fine settimana a fare schizzi della gente che girava per il centro commerciale Glendale Galleria. Aveva un tratto unico. E aveva anche un talento d´attore innato, una mimica incredibile», ride Lasseter. John e Tim furono assunti alla Disney nella stessa epoca, e quasi contemporaneamente licenziati. Già, perché anche se per anni lo ha dolorosamente taciuto, il regista fu fatto fuori senza pietà. «Ricordo un mio superiore che mi diceva di non prendere iniziative e limitarmi a fare quel che mi si chiedeva. Che ero uno tra i tanti, facilmente sostituibile. Avevo visto Tron della Disney, presentai il mio progetto di un cortometraggio digitale. Fui bocciato. Non avevo saputo giocare la partita con diplomazia, la società era piena di vecchi executive che avevano paura del talento dei giovani». Nel periodo della «grande frustrazione», una nuova folgorazione lo abbacinò: la visione di Star Wars. «Dopo aver visto il capolavoro di Lucas molti miei colleghi lasciarono l´animazione per dedicarsi agli effetti speciali, io sentivo che il cartoon era la mia strada». In quel periodo, il circuito dei workshop e i corsi di animazione sono la sua rete di salvezza. Riesce a entrare nella "Divisione animazione al computer" della società George Lucas. Nell´86 Steve Jobs rileva la divisione, la ribattezza Pixar e mette alla guida proprio Lasseter, lasciandogli piena libertà creativa. Ecco i corti Luxo Jr, candidato all´Oscar, e Tin Toy, che vince la statuetta nell´88. il momento di Toy Story, il primo film realizzato tutto al computer e il primo cartone a ricevere una nomination alla sceneggiatura. Da allora film e premi fanno la storia dell´animazione recente: ultimo in ordine di tempo il Leone d´oro alla carriera tributato a Lasseter dalla Mostra di Venezia. La Pixar è, insieme, un vulcano di creatività e una macchina da incassi. Tutto secondo i principi «la creatività al potere» e «quel che contano sono la storia e le emozioni». «Come ci ha insegnato Walt Disney, che all´epoca d´oro fece di Topolino il secondo personaggio più popolare al mondo dopo Chaplin, quel che conta in un film, perché un cartone animato è un film, sono la storia, i personaggi, le emozioni». Il resto, tutto il resto, viene dopo. Perfino il messaggio, che pure non manca mai, non è sbandierato come elemento per il quale promuovere o giustificare il film. Non è un caso che dopo anni di sodalizio la nuova Disney abbia rotto con McDonald´s, mentre in sala arrivava un cartone come Ratatouille a spiegare che il buon cibo significa arte e salute. Come nulla hanno potuto le lamentele degli uomini marketing sull´impossibilità di trasformare in un pupazzo vendibile il vecchietto protagonista del recente Up. Tutti gli amici-colleghi della Pixar, da Stanton a Docter, giurano che l´atmosfera di lavoro è la stessa di quand´erano in un ufficio con tre stanze e quattro computer. Oggi lavorano ventidue ore al giorno in una specie di azienda-paradiso con corsi di teatro, palestre e ogni tipo di svago. E se l´armonia regna sovrana è tutto merito del leale John: «Non ci sono scheletri negli armadi, non ci sono strategie nascoste nel nostro modo di lavorare come gruppo e come azienda», dice orgoglioso Lasseter. ancora lui a dare l´esempio a una squadra di registi padri di famiglia: di figli ne ha cinque, avuti con Nancy, gigantesca rossa con un viso da bambina, conosciuta a una convention grazie al collega regista Chris Wedge (quello di L´era Glaciale, fiore all´occhiello della rivale Fox). «Nancy è una donna fantastica, capace di gestire la casa, i ragazzi, gli affari e perfino la nostra azienda vinicola», sorride Lasseter. « stata lei a convincermi, nel Duemila, a mollare tutto per un viaggio di due mesi in camper per le strade americane. Percorrendo la Route 66 è nata l´idea di Cars, omaggio a mio padre manager della Chevrolet e alla mia passione per i motori. Ci credereste, i miei ragazzi ancora parlano di quel viaggio». Sospira: «Accompagnando uno dei miei figli al college mi sono reso conto di quanto il lavoro, pure fantastico, abbia sottratto tempo alla mia famiglia. Da padre di cinque figli il consiglio che posso dare è di goderseli giorno per giorno. L´ho voluto perfino far diventare il messaggio del cartone animato Up: a rendere speciale la vita non sono le grandi avventure ma i piccoli, straordinari, momenti quotidiani condivisi con chi ami».