Livio Caputo, il Giornale 28/12/2009, 28 dicembre 2009
Teheran avrà la sua bomba e l’Occidente sta a guardare di Livio Caputo per il Giornale - Non è ancora una rivoluzione, ma comincia a somigliarle molto: le ultim edimostrazioni antigovernative in Iran, prima in occasione dei funerali del Grande Ayatollah Montazeri, poi della festa religiosa dell’Ashura, hanno mobilitato centinaia di migliaia di persone di ogni età e ceto sociale non soltanto a Teheran, ma anche in una dozzina di capitali provinciali
Teheran avrà la sua bomba e l’Occidente sta a guardare di Livio Caputo per il Giornale - Non è ancora una rivoluzione, ma comincia a somigliarle molto: le ultim edimostrazioni antigovernative in Iran, prima in occasione dei funerali del Grande Ayatollah Montazeri, poi della festa religiosa dell’Ashura, hanno mobilitato centinaia di migliaia di persone di ogni età e ceto sociale non soltanto a Teheran, ma anche in una dozzina di capitali provinciali. Erano folle determinate, che gridavano con convinzione «Morte al dittatore» (il presidente Ahmadinejad), invocavano anche la fine della Guida Suprema Khamenei e non si sono tirate indietro neppure quando la polizia ha sparato ad altezzad’uomo. I siti dell’opposizione riferiscono di diecimorti, cinque nella capitale e cinque a Tabriz, ma a causa della censura imposta dal governo e del blocco dei cellulari le notizie sono talmente frammentarie che potrebbero essere molti di più. Siamo senz’altro di fronte al movimento di piazza più imponente dai giorni della rivolta contro la fraudolenta elezione presidenziale della scorsa primavera, e la rabbia della gente, alimentata dalla ferocia della repressione e dalla crisi economica è - se possibile -ancora maggiore. perciò giunta l’ora per la comunità internazionale di cambiare il suo atteggiamento. Fino adesso, (...) l’America e i suoi alleati, pur simpatizzando per l’opposizione e protestando per la brutalità con cui è stata punita, non hanno fatto nulla di concreto per aiutarla e hanno continuato a trattare con l’attuale dirigenza come se fosse perfettamente legittimata. Il gruppo dei Cinque+uno (i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania) le ha anzi fatto una generosa offerta, che le avrebbe permesso di procedere con l’acquisizione di energia nucleare per usocivile e ottenere la revoca delle sanzioni in cambio di una rinuncia agli strumenti necessari a costruire la bomba atomica. Dopo una prima risposta interlocutoria, Teheran ha respinto anche questo compromesso, rafforzando il sospetto che voglia soltanto guadagnare tempo. Infatti, Washington - dopo che le sue profferte di amicizia sono state respinte - sta già sollecitando Russia e Cina, sempre riluttanti, a imporre un terzo round di sanzioni. La situazione che si sta delineando a Teheran sembra adesso offrire anche la possibilità di un’altra soluzione: un cambio di regime. Finora, l’Occidente si era astenuto dall’interferire negli affari interni iraniani, per non fornire al regime il pretesto per ulteriori giri di vite e non rischiare una reazione nazionalista. Questa posizione poteva avere un senso fino a quando l’opposizione era minoritaria e bisognava fare i conti con altri quattro anni di Ahmadinejad, ma non l’ha più nel momento in cui il movimento sta assumendo dimensioni che ricordano la rivolta di trent’anni or sono contro lo Scià e la Guardia rivoluzionaria è costretta a sparare ad altezza d’uomo per contenerla. Nonostante le continue e sistematiche violazioni dei diritti umani da parte di questi scherani del regime, almeno per ora non si tratta di pianificare un «intervento umanitario», a suon di bombe, come quello che rovesciò il dittatore serbo Milosevic colpevole di perseguitare la minoranza albanese del Kosovo. Si tratta, tuttavia, di prendere apertamente posizione a favore dei ribelli, di sostenerli se necessario, e soprattutto di fare sapere a quella parte del popolo iraniano che anela di liberarsi al più presto di un governo tirannico, oscurantista e incapace che se riuscirà nel suo obbiettivo riceverà il sostegno del mondo intero. Qualcuno obbietta che, in fondo, sul problema nucleare i capi dell’opposizione, i Mousavi, i Kharroubi, di Khatami, non hanno ufficialmente posizioni molto differenti da quelle di Ahmadinejad e di Khamenei, ma gli esperti di Iran sono certi che se riuscissero a prendere il potere non tarderebbero a cambiare atteggiamento: manterrebbero sì la pretesa degli attuali governanti a sviluppare il nucleare civile, ma consentirebbero quei controlli internazionali necessari ad evitare che il Paese acquisisca nascostamente un arsenale nucleare. L’Europa (e in parte anche l’America) non esitarono nel 1979 a fiancheggiare la rivoluzione islamica contro lo Scià, tanto che Giscard d’Estaing mise addirittura un aereo a disposizione dell’ayatollah Khomeini per rientrare in patria. Fuun errore clamoroso, che abbiamo pagato caro. Cerchiamo di non commettere ora l’errore opposto, di continuare a riconoscere un regime profondamente nemico dell’Occidente, che nonostante tutte le sue smentite sta cercando di procurarsi la bomba atomica e di ignorare un movimento che, al contrario di quello khomeinista, sembra avere ottime credenziali democratiche. Aiutare gli iraniani a liberarsi degli attuali governanti è, probabilmente, il modo più efficace per evitare che l’Iran acquisisca la bomba e diventi una minaccia mortale non solo per Israele, ma anche per i Paesi arabi moderati e per ilmondo intero. Ma bisogna muoversi presto, e con decisione.