Martin Wolf, Il Sole-24 Ore 27/12/2009;, 27 dicembre 2009
I PROFETICI ANNI ZERO DI UN SECOLO FA
L’unica potenza veramente globale era in una fase di declino relativamente rapido. Poco prima aveva vinto una sorta di vittoria di Pirro in un’onerosa guerra coloniale. Nuove grandi potenze si profilavano all’orizzonte. Si sviluppava una corsa agli armamenti, come pure una corsa ai mercati e alle risorse delle aree sottosviluppate del mondo. Eppure, la gente credeva ancora che il libero commercio e i liberi flussi di capitale che avevano favorito il benessere - e che molti pensavano che avessero giovato anche al raggiungimento della pace sarebbero durati. Così appariva il mondo a molte persone alla fine dei cosiddetti ”anni zero”, i primi dieci anni del XX secolo. Ma la catastrofe era proprio imminente: gli anni seguenti avrebbero portato una guerra mondiale, una rivoluzione comunista, la Grande depressione, il fascismo e un’altra guerra mondiale ancora. L’ordine mondiale – che si reggeva su grandi potenze in concorrenza tra loro, imperialismo e mercati liberali – si dimostrava incapace di fornire quei beni pubblici che sono la pace e la prosperità.
Ci vollero altre disgrazie, la Guerra fredda, la sostituzione del Regno Unito con gli Stati Uniti nel ruolo di potenza egemonica per reinstaurare la stabilità, che facilitò il processo di decolonizzazione, un’espansione economica senza precedenti, il crollo del comunismo e un’ulteriore epoca d’integrazione globale favorita dal mercato.
«La Storia non si ripete mai. Ma spesso fa la rima», pare abbia detto Mark Twain. Gli anni zero del XXI secolo paiono avere quasi quella stessa atmosfera di fin de régime di un secolo fa.
Allora erano in piena ascesa Usa, Germania, Russia e Giappone,come oggi Cina e India.Allora c’era la guerra boera; oggi le guerre in Iraq e in Afghanistan. Allora la corsa agli armamenti si disputava tra Germania e Regno Unito, mentre oggi è la Cina in piena escalation per gli armamenti militari. Allora era il protezionismo degli Usa a pregiudicare il libero commercio; oggi sono i conflitti fra Stati Uniti e Cina a compromettere le nostre capacità di affrontare fermamente il cambiamento del clima. Allora erano gli Usa isolati dal resto del mondo; oggi sono la Cina e altre potenze in ascesa a esigere una sovranità affrancata da qualsiasi vincolo.
Gli anni zero del XXI secolo sono stati contrassegnati da innumerevoli cambiamenti storici. Prima di tutto assistiamo quantomeno all’inizio della fine non solo di un illusorio ”periodo unilaterale o unipolare”degli Usa,ma anche della supremazia occidentale in genere, e della potenza anglo- americana in particolare.
Secondo, l’Occidente in generale e gli Usa in particolare hanno subito una perdita disastrosa di autorevolezza. Aver affermato un proprio dirittosfrenato a intervenire ovunque ha provocato diffidenza nei confronti di Washington. Il caos che ha fatto seguito alle guerre in Iraq e in Afghanistan e ancor più la crisi finanziaria hanno annientato la reputazione che l’Occidente deteneva in fatto di capacità e autorità.
Terzo: la globalizzazione è caduta anch’essa in grande difficoltà.Trent’anni di crescita inarrestabile del leverage del settore privato, dei bilanci del settore finanziario e della redditività concettuale del settore finanziario negli Usa e in altri paesi dal reddito molto alto si sono conclusi con una vera e propria sciagura. La comparsa d’ingenti ”squilibri” delle partite correnti si è rivelata destabilizzante. Gli attriti per i tassi di cambio mettono a repentaglio perfino la sopravvivenza del libero commercio.
Quarto: la necessità di fornire quei beni di prima necessità a livello globale impone oggi una nuova collaborazione tra potenze già affermate e paesi emergenti. Ciò si è reso quanto mai evidente con l’incapacità di portare a termine gli obiettivi di Doha per negoziati e scambi commerciali multilaterali; con la nascente influenza dei paesi del G-20 e col parallelo e contemporaneo declino dei paesi del G-7 ad alto reddito durante la crisi finanziaria; e infine con la centralità che ha assunto la Cina, il paese che inquina di più al mondo con le emissioni di gas serra, nel corso degli incontri al vertice di Copenhagen sul cambiamento del clima.
Una buona notizia, tuttavia, c’è, ed è che il mondo non ha commesso errori madornali come quelli che commise dopo gli anni zero di un secolo fa: grazie in buona parte alle armi nucleari le superpotenze hanno evitato lo scontro diretto; un’economia mondiale liberale è riuscita finora a sopravvivere; le lezioni apprese negli anni 30 sono state applicate alla crisi finanziaria degli anni Duemila, con un successo quanto meno a breve termine; i negoziati sul cambiamento del clima restano tutto sommato aperti e molti paesi in via di sviluppo ”benché pochi e non tutti - hanno fatto considerevoli progressi economici. Se il movimento di democratizzazione dei primi anni 90 è rallentato, il numero di regimi totalitari crudeli ed efferati è decisamente limitato, quanto meno secondo i peggiori standard del XX secolo.
E allora: dove andremo nel prossimo decennio? Malgrado tutte le difficoltà che hanno, gli Usa di oggi non sono il Regno Unito del 1910. L’economia statunitense continua a essere la più produttiva e innovativa al mondo e la sua capacità militare resta senza pari. Il mondo occidentale, nel complesso, continua a essere potente, con una produzione che arriva a circa il 40% di quella globale, a parità di potere d’acquisto. Ma altri paesi e altre forze sono oggi in ascesa, mentre le sfide che ci aspettano sono più complesse e globali che mai. «Dobbiamo aggrapparci gli uni agli altri o di sicuro ci aggrapperemo separatamente»: tutti i paesi e soprattutto le grandi potenze in forte ascesa devono riconoscere la verità proferita da Benjamin Franklin allorché firmò la Dichiarazione d’Indipendenza americana. Sarebbe difficile affermare che la Storia è stata effettivamente dominata dagli spiriti positivi della cooperazione, della lungimiranza e dell’autocontrollo. A Barack Obama riconosco in ogni caso il merito di aver cercato di dare il giusto tipo di leadership. Ma nel mondo, all’estero e in patria, avrà seguaci e imitatori in misura adeguata? Ahimè, ne dubito.