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 2009  dicembre 27 Domenica calendario

Sarandon-Robbins: la fine della coppia più unita del cinema di Matteo Persivale per il Corriere della Sera - MILANO – Insieme sul set, sul tappeto rosso dei festival e delle prime di mezzo mondo, insieme alla cerimonia degli Oscar e alle manifestazioni contro la guerra, tenendosi per mano (e con quella libera facevano la «V» del movimento pacifista per la gioia dei fotografi)

Sarandon-Robbins: la fine della coppia più unita del cinema di Matteo Persivale per il Corriere della Sera - MILANO – Insieme sul set, sul tappeto rosso dei festival e delle prime di mezzo mondo, insieme alla cerimonia degli Oscar e alle manifestazioni contro la guerra, tenendosi per mano (e con quella libera facevano la «V» del movimento pacifista per la gioia dei fotografi). Insieme per ventun anni, due figli, due Oscar (a lei per Dead Man Walking, a lui per Mystic River), insieme in cinque film. Uniti nella scelta di non sposarsi, «per non dare mai per scontata» la presenza del partner al proprio fianco, uniti nella vita da amici e complici allergici ai film banali, ai luoghi comuni e al maschilismo di Hollywood sulla loro differenza d’età (lei ha 12 anni di più, «ma nessuno aprirebbe bocca se ne avesse 22 di meno», diceva lui). Si separa – senza bisogno di avvocati e carte bollate – la coppia non sposata più forte di Hollywood, Susan Sarandon e Tim Robbins. Si sono lasciati con stile, un comunicato dell’agente di lei (e l’avvertimento che non ce ne saranno altri), Susan & Tim amici e complici anche da separati così come hanno vissuto fin dal 1988, l’anno in cui si conobbero sul set di un film di baseball con Kevin Costner, Bull Durham. E’ finito l’amore ma resta l’allergia agli scandali, resiste l’orgoglio da genitori di Jack e Miles (20 e 17 anni, il loro padrino è l’amico di famiglia Gore Vidal; c’è anche la figlia di Susan, Eva, nata nel 1985 dal legame con il regista Franco Amurri). Ecco così, quando l’America era riunita sotto l’albero di Natale, il tentativo di aggirare i tabloid con un annuncio semplice in un giorno di bassissima visibilità mediatica, senza drammi. Subito smentita dall’agente di lei l’ipotesi di una relazione con Jonathan Brinklin, 31 anni, socio di Susan nel club «Spin» dalle parti del grattacielo Flatiron, dove yuppies, modelle e Salman Rushdie giocano a ping pong. Sussurro da gossip che, vero o no, rappresenta comunque una bella lezione per i soliti maschilisti che già immaginavano la donna in età da sconto anziani al cinema scaricata sommariamente dal compagno più giovane per una ragazzina. E se invece fosse il contrario? La leonessa di Miriam si sveglia a mezzanotte (la famosa scena saffica anni ”80 con la vampiressa Catherine Deneuve tuttora scaricatissima da Internet) che lascia il compagno ormai imbolsito per un ragazzo atletico? Da mesi ormai, comunque, Robbins e Sarandon non si facevano più vedere insieme. Compariva Tim – un po’ gonfio e ingrigito, invecchiato meno splendidamente della 63enne Susan che pur contraria alla chirurgia estetica che ha sfigurato mille colleghe fa ancora felici i fotografi delle «prime» con vestiti attillati e scollature – da solo. Solo anche ai premi Gotham per quel cinema indipendente tanto caro alla coppia anti-hollywoodiana. Pochi giorni fa, Susan da sola sul «red carpet» del suo nuovo film The Lovely Bones, sola anche alla cena di gala. E poi ecco Tim dedicare sempre più tempo alla sua piccola compagnia teatrale di Los Angeles, nella quale investe (a fondo perso) parte dei guadagni cinematografici in nome della coerenza. Strane apparizioni solitarie per una coppia così unita e atipica: residenti a New York in una bella casa nel West Village, non delegavano le commissioni ai soliti personal assistant, galoppini che i divi da Oscar piegano a ogni compito, anche il più elementare, perché il distacco dagli obblighi della vita quotidiana è uno dei bonus più richiesti dai ricchi e famosi che emergono dalla giungla di celluloide americana. Così era facile incontrarli, come persone normali, a fare la spesa dal rosticcere. Tim papà normale che non si sarebbe mai fatto vedere su limousine o Suv dai vetri anneriti, fanatico della bici e presenza regolare alle partitelle di hockey su cemento (con i rollerblade al posto dei pattini) nel parchetto vicino a casa. Tim a curiosare nelle librerie del quartiere, Tim progressista caciarone alle assemblee scolastiche dei genitori. Stesso discorso per Susan, mamma tatuata e parolacciara ma attentissima ai figli: lungo tutta la loro carriera scolastica ha rinunciato a film da girare all’estero – o sulla costa ovest – a meno che l’impegno non fosse nei mesi estivi. E così tra i produttori si era sparsa la voce: se volevano l’attrice di Atlantic City e Dead Man Walking, le condizioni erano quelle. Le sono sfuggiti così ruoli da Oscar? «Pazienza, perderò qualche parte ma conserverò la salute mentale», rideva lei. Che qualche giorno fa in diretta al talk show di David Letterman aveva mostrato all’America i suoi nuovi tatuaggi: i nomi dei figli in caratteri gotici lungo la spina dorsale, e un braccialetto nero dipinto intorno a un polso. Susan non aveva però spiegato – sarebbe stato tutto troppo chiaro – il senso di quel bracciale: le lettere «ND» ripetute due volte e intrecciate, «ND» come «New Dawn» e «New Day», nuova alba e nuovo giorno, ricominciare da capo, con coraggio, la vita continua.