Carlo Bonini, Repubblica 28/12/2009, 28 dicembre 2009
"Una strage pensata nello Yemen nell ’esplosivo il marchio di Al Qaeda" di Carlo Bonini per Repubblica - ROMA - Peter Bergen, professore alla New York University e senior fellow del think-tank "New America Foundation", è, almeno in Occidente, tra gli analisti e studiosi più autorevoli di Al Qaeda
"Una strage pensata nello Yemen nell ’esplosivo il marchio di Al Qaeda" di Carlo Bonini per Repubblica - ROMA - Peter Bergen, professore alla New York University e senior fellow del think-tank "New America Foundation", è, almeno in Occidente, tra gli analisti e studiosi più autorevoli di Al Qaeda. E non usa né parole consolatorie, né neutre per andare al cuore delle questioni poste dalla mancata strage di Natale. «Sarà bene che tutti facciano lo sforzo di raccontarsi la verità – dice – A cominciare da chi deve rispondere alla domanda di come ci si protegge "passivamente" da questo tipo di attacchi, con questo tipo di esplosivo: il Tetranitrato di Pentaetrite, il cosiddetto Petn». Ci si può proteggere? «Non esiste oggi aeroporto al mondo, neanche il più sicuro, che disponga di macchine capaci di individuare il Petn. Questo tipo di esplosivo plastico può essere rilevato soltanto o da scanner "full body", marchingegni simili alle apparecchiature per le Tac, o da cani particolarmente addestrati, o da ispezioni corporali individuali. Ognuna di queste contromisure ha dei costi insostenibili sia per il business dell´aviazione civile, sia per i governi dei singoli Paesi. Ma, soprattutto, rallenterebbe oltre ogni ragionevole misura il traffico aereo. Il che non è possibile». Dunque? «Dunque, l´uso di questa nuova, micidiale arma esplosiva, esclude di poter immaginare una sicurezza "passiva" invalicabile. Fermo restando che il Petn, come si è visto, richiede inneschi complicati da predisporre su un volo di linea e presenta dunque un´efficienza ridotta. Mi rendo conto che non è una gran consolazione dirlo, ma anche questo è un fatto». Umar Faruk Abdul Mutallab, l´attentatore del volo Delta, ha indicato nello Yemen il Paese di approvvigionamento dell´esplosivo e in Al Qaeda il marchio del piano stragista. Racconta la verità? «Esistono ragioni decisive per credergli. Perché è proprio il Petn a indicare che questa storia è cominciata in Yemen e in questa storia c´è la mano di Al Qaeda. Mi spiego. Nella notte del 27 agosto del 2008, a Jedda, Arabia Saudita, un martire si fece saltare nella residenza del principe Mohammad Bin Naif, potentissimo capo dell´Antiterrorismo saudita. Il principe, come è noto, sfuggì al massacro, ma le indagini accertarono due circostanze incontrovertibili. La strage era stata pianificata da uomini di Al Qaeda di base in Yemen e l´esplosivo utilizzato era del Petn. Insomma, non credo ci siano dubbi sul fatto che Umar Faruk Abdul Mutallab abbia ricevuto esplosivo e ordini in Yemen ed è indubbio che il Petn equivale alla firma di Al Qaeda. Addirittura credo non si vada lontano dal vero se immaginiamo che il Petn destinato al volo Amsterdam-Detroit sia stato consegnato all´attentatore dalle stesse mani che hanno armato il suicida di Jedda». Non crede che la centralità dello Yemen nelle attuali strategie di Al Qaeda sia stata forse sottovalutata dalla comunità dell´intelligence occidentale? «Che lo Yemen, grazie alla sua particolare conformazione e posizione geografica, alla storica fragilità del suo governo centrale, sia stato per lungo tempo e sia tornato ad essere un santuario di Al Qaeda non è certo una circostanza ignota all´analisi delle intelligence occidentali. Tanto più alla luce di quanto accaduto nell´ultimo anno. Piuttosto, la vicenda di Detroit ci dice qualcosa di cui, sin qui, non sembravano esistere ancora i presupposti. Vale a dire che gli uomini di Al Qaeda di base in Yemen fossero già pronti per utilizzare quel Paese non più soltanto come testa di ponte per le incursioni in territorio saudita, ma anche per un nuovo, deciso affondo nel cuore dell´Occidente: gli Stati Uniti. E questo, facendo ricorso a martiri reclutati nella limitrofa area centro-africana, come appunto nel caso di Mutallab». L´11 settembre del 2001, Umar Faruk Abdul Mutallab aveva 14 anni. La profezia di Osama Bin Laden sulla jihad permanente si è avverata? «Dall´11 settembre nulla è stato come prima. E che il mondo sarebbe diventato un luogo più insicuro lo sapevamo allora e ne abbiamo la conferma oggi. L´età dell´attentatore di Detroit dice molto su questi dieci anni che abbiamo alle spalle e su quello che ci aspetta. Per un adolescente musulmano, Al Qaeda, il sentimento anti-occidentale e anti-americano sono stati e rimangono il solo modello di ribellione radicale alla propria condizione e a quella del Paese in cui vive. E questo, quando discutiamo di come rendere più sicuro il nostro presente, non va mai dimenticato».