Pietro Bonazza, ItaliaOggi 23/12/2009, 23 dicembre 2009
Se l’Italia sta meno peggio degli altri è merito del sommerso - In quella attuale, prescindendo dalle cause, si possono riscontrare almeno due effetti negativi: la riduzione, reale e anche psicologica, del benessere delle famiglie e l’incremento del tasso di disoccupazione, fenomeno che colpisce sia le fasce deboli e i lavoratori generici, ma anche le attività specializzate, esclusi, al solito e parafrasando Sciascia, i professionisti della disoccupazione: sindacati, fomentatori di piazza, sobillatori, seminatori di odio, estremisti, girotondini, scalatori di tetti e cornicioni, occupatori di strade e binari; che arringano con la facile retorica dello strillo, senza risolvere alcun problema, perché i fenomeni oggettivi restano e talvolta si tratta di morte di imprese, che sarebbero state espulse dal mercato anche senza crisi
Se l’Italia sta meno peggio degli altri è merito del sommerso - In quella attuale, prescindendo dalle cause, si possono riscontrare almeno due effetti negativi: la riduzione, reale e anche psicologica, del benessere delle famiglie e l’incremento del tasso di disoccupazione, fenomeno che colpisce sia le fasce deboli e i lavoratori generici, ma anche le attività specializzate, esclusi, al solito e parafrasando Sciascia, i professionisti della disoccupazione: sindacati, fomentatori di piazza, sobillatori, seminatori di odio, estremisti, girotondini, scalatori di tetti e cornicioni, occupatori di strade e binari; che arringano con la facile retorica dello strillo, senza risolvere alcun problema, perché i fenomeni oggettivi restano e talvolta si tratta di morte di imprese, che sarebbero state espulse dal mercato anche senza crisi. La disoccupazione colpisce oggi l’intera economia mondiale e basta un debole segnale per alimentare speranze, spesso speculative, di ripresa alle porte, quasi che il maltempo sia finito. Ci vuol altro! Il Bollettino della Bce, di ottobre, fonte seria e non inquinata da interessi di parte, esamina il legame fra prodotto e disoccupazione e scrive: «Molti paesi dell’area dell’euro, in particolare la Germania, l’Italia e i Paesi Bassi, hanno registrato un aumento relativamente contenuto della disoccupazione, nonostante la contrazione del pil alquanto pronunciata. Per contro, altri paesi hanno fatto segnare un incremento della disoccupazione decisamente sproporzionato rispetto alla media dell’area dell’euro, segnatamente la Spagna e l’Irlanda. Nello stesso periodo anche Cipro e la Francia hanno registrato aumenti relativamente consistenti della disoccupazione rispetto al livello di contrazione dei rispettivi pil». Star meno peggio di altri è un conforto da un punto di vista macroeconomico, non certo per chi cade nelle maglie della disoccupazione, ma di questi si devono occupare gli ammortizzatori sociali e sperare che si tratti di disoccupazione non strutturale, ma frizionale, destinata a rientrare in termini e tempi fisiologici. In astratto si deve ricordare la «legge di Okun», secondo cui a un calo del 2-3 per cento del prodotto segue un incremento dell’1% del tasso di disoccupazione. Come tutte le leggi di origine statistica è troppo presto per dare giudizi di conferma della teoria di Okun, ma incuriosisce la posizione dell’Italia e stimola il dubbio che il merito della miglior posizione italiana sia nel «rapporto non visibile» tra produzione e occupazione, che è un modo meno antipatico di evocare l’economia sommersa. Il ragionamento è semplice: se per produrre una unità del bene x si deve impegnare un’ora di lavoro e in costanza di crisi economica questa non diminuisce o si riduce men che proporzionalmente, vuol dire, di norma, che si continua a produrre realmente l’unità del bene e questo fenomeno non rientra nelle rilevazioni statistiche o vi rientra, per esempio, per 0,5. Se è così, non piacerà certo al ministro dell’Economia e farà schiattare gli attendisti del morto. Rimaniamo indifferenti alle preferenze dei politici. D’altra parte non abbiamo elementi per fare analisi oggettive e ci dobbiamo limitare a ipotesi. In concreto bisognerebbe dimenticare, almeno nel breve-medio periodo, la legge di Okun e considerare piuttosto quella dei rapporti tra pressione fiscale e occupazione, che alimentano periodicamente condoni e scudi fiscali, mentre uno scudo, ma di alto spessore, bisognerebbe erigerlo contro la spesa pubblica, che distrugge risorse e lavoro produttivo. Ma ci viene anche un’altra bizzarra idea: se i privati sono invitati a condonare e fare scudi in quanto evasori, perché lo stato, per buon esempio, non fa per primo i suoi condoni e scudi, visto che è inadempiente da almeno mezzo secolo verso i suoi cittadini, che ha impoverito, mantenendo e moltiplicando i «lazzaroni d’Italia» a scapito del lavoro efficiente ed efficace? Il ministro della pubblica amministrazione Renato Brunetta sembra un novello Sisifo. Nessuno conosce il futuro, ma già al presente la Lupa di Roma non ha abbastanza capezzoli per sfamare i suoi Romoli. Quanto alla disoccupazione domestica: fantasia, intelligenza e intraprendenza non risolvono, ma aiutano gli italiani di buona volontà.