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 2009  dicembre 23 Mercoledì calendario

Tonino Di Pietro, re imperatore dell’Italia dei valori - Non solo politicamente ma anche «eticamente» parlando, ha dichiarato Tonino Di Pietro, re imperatore dell’Italia dei valori, non c’è compromesso né trattativa possibile con i «succhiasangue» del Partito della libertà, Conte Dracula Berlusconi in testa

Tonino Di Pietro, re imperatore dell’Italia dei valori - Non solo politicamente ma anche «eticamente» parlando, ha dichiarato Tonino Di Pietro, re imperatore dell’Italia dei valori, non c’è compromesso né trattativa possibile con i «succhiasangue» del Partito della libertà, Conte Dracula Berlusconi in testa. Massimo D’Alema s’illude quando pensa di potersi sedere a un tavolo con questi personaggi da film dell’orrore e sfoggiare il suo Q.I. da grande statista (che poi è una cosa sola con lo charme da «più grande statista» della storia patria sfoggiato da Silvio Berlusconi per impressionare le ragazze e i tiranni asiatici). Col Cavaliere non si tratta, sbraita Di Pietro: è un demone in forma umana, una creatura delle tenebre. Più inquisitore che magistrato, questo amico del popolo, nonché eroe delle battaglie del grano e anima bella del centrosinistra, è nato al mondo (e alla politica, ahinoi) facendo da testimonial, quasi vent’anni fa, alla caccia alle streghe scatenata dal pool Mani pulite contro l’intera (be’, quasi) classe politica italiana. Era il capofila degli esorcisti che braccavano Satanasso in tutte le sedi, centrali e periferiche, dei partiti italiani (lasciarono che un solo partito, l’ex Pci, scampasse all’ecatombe, ma oggi Di Pietro ne tiene gli eredi prossimi e remoti al guinzaglio, come barboncini). Dalle streghe ai vampiri, per un inquisitore del suo calibro, il passo è stato breve. Ieri metteva alla ruota i socialisti, oggi bracca i succhiatori di «sangue del popolo» (anzi «i Dracula», come ha battezzato Silvio Berlusconi e il suo branco di «non morti», probabilmente dopo aver letto una delle numerose interviste a Christopher Lee apparse di recente sui giornali italiani). Con «i Dracula», da come la vedono lui e il Fatto quotidiano, c’è una sola cosa da fare: legarli tutti a un palo con delle fascine intorno e poi accendere un fiammifero. Castigane uno, magari il capobranco, e ne educherai cento, come dicevano il Presidente Mao e le risoluzioni strategiche dei brigatisti rossi. Agli appuntamenti con i vampiri ci si presenta armati di paletti di frassino, ampolle d’acqua benedetta e croci d’argento. Soltanto un suicida o «un Ponzio Pilato» (qui Di Pietro sbaglia film) va incontro al Conte Dracula porgendogli praticamente il collo con delle proposte politiche. Povero D’Alema. Vorrebbe parlare con Berlusconi, accordarsi, addirittura convincerlo a cambiare abitudini alimentari, come proponeva anche Renato Rascel in una vecchia canzone, Dracula cha-cha-cha, colonna sonora del film Tempi duri per i vampiri: «Dracula, dracula, dra/o vampiro dal nero mantello/ma perchè non ti succhi un bel pollo/e le donne le lasci campar?» Ma Dracula non intende lasciarci campare. Ci vuole appesi come carcasse di maiale ai ganci della sua «macelleria sociale» (ormai Di Pietro parla, oltre che come un cinefilo, anche come Fausto Bertinotti, al quale ha rubato i voti e la scena). Dracula non cambierà menù. Nessun compromesso. Fermiamolo e inceneriamolo. Non tratteremo mai. Nessuno, naturalmente, è così pazzo da voler trattare con Di Pietro. Una delle ragioni che hanno convinto D’Alema a praticare di nuovo la difficile arte dell’inciucio è la consapevolezza di non poter trattare con Di Pietro e il suo branco di giustizialisti che ululano alla luna come lupi mannari. Con Di Pietro al massimo si patteggia, come in tribunale. Ma è propria l’ombra dei tribunali, questi edifici sacri nei quali i dipietristi praticherebbero volentieri (al posto dell’inciucio) il sacrificio umano dei loro nemici, che bisogna eliminare dalla scena politica, se non vogliamo che anche ai cittadini, sull’esempio dei politici, saltino i nervi. O qualcuno vuole che piovano souvenir da tutte le parti?