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 2009  dicembre 23 Mercoledì calendario

Proporzionale o maggioritario restano i nodi di ogni riforma - Mentre sembra riaprirsi lo spazio per una ricerca di soluzioni condivise per la crisi istituzionale che paralizza l’Italia da decenni, può essere di un certo interesse ritornare alle ragioni che provocarono il fallimento dell’ultimo tentativo serio condotto in questo campo, quello della commissione bicamerale presieduta da Massimo D’Alema

Proporzionale o maggioritario restano i nodi di ogni riforma - Mentre sembra riaprirsi lo spazio per una ricerca di soluzioni condivise per la crisi istituzionale che paralizza l’Italia da decenni, può essere di un certo interesse ritornare alle ragioni che provocarono il fallimento dell’ultimo tentativo serio condotto in questo campo, quello della commissione bicamerale presieduta da Massimo D’Alema. Al di là di fattori di contorno, come l’aperta ostilità di Romano Prodi e di Walter Veltroni, o l’intenzione di Silvio Berlusconi di far cadere il governo dopo aver recuperato l’alleanza con la Lega, la buccia di banana su cui il progetto scivolò fu il cosiddetto «patto della crostata» per la riforma del sistema elettorale. Si trattava di un meccanismo piuttosto farraginoso, ma la ragione che lo rese esplosivo fu l’insoddisfazione di varie anime «centriste» e di quelle estremiste, che vedono come il fumo negli occhi ogni sistema teso a rafforzare il bipolarismo. Oggi la storia potrebbe ripetersi, perché l’Udc e le formazioni minoritarie estreme puntano a restaurare un meccanismo proporzionale pressoché puro, per massimizzare il loro potere di coalizione, che è stato distrutto dagli elettori nell’ultimo rinnovo del parlamento. Le tre formazioni maggiori, che dispongono di un sostegno che va dal 30% in su (tra queste va contata anche la Lega che nelle aree in cui si presenta è una formazione tra le maggiori), puntano invece a mantenere o rafforzare gli effetti maggioritari, oggi espliciti in un premio di maggioranza, e che potrebbero essere egualmente o anche più attivi con meccanismi come quelli vigenti in Gran Bretagna, uninominale secca di collegio, in Francia, uninominale a doppio turno, in Spagna, proporzionale con collegi piccoli e senza riporto nei resti. Il meccanismo elettorale è l’unico che ha prodotto riforme di fatto dell’assetto istituzionale e appare abbastanza inevitabile che sia anche in questa occasione la chiave di volta di un’intesa. Pierluigi Bersani, finché non saprà in quali regioni potrà contare sull’alleanza con Pierferdinando Casini, si limiterà a porre il problema di una maggiore influenza dell’elettorato nella scelta dei rappresentanti, ma poi dovrà scoprire le carte, sempre che il percorso per un’intesa sulle riforme sia abbastanza avanzato. Il centro-destra, per parte sua, difende il meccanismo in vigore, non tanto per convinzione quanto perché in questo modo lascia agli altri l’onere della prima mossa. D’altra parte è evidente che se si andrà a un superamento del bicameralismo ripetitivo bisognerà definire il meccanismo di elezione (o di nomina da parte delle regioni come in Germania) del senato federale il che inevitabilmente aprirà il vaso di Pandora dei meccanismi di voto, proprio quello sui quali si infranse la bicamerale.