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 2009  dicembre 23 Mercoledì calendario

Marchionne non molla su Termini - A fine 2011 stop alla produzione auto, Fiat disponibile solo a girare l’impianto ad altri - Il piano industriale prevede comunque 8 mld di investimenti in due anni per produrre 900 mila vetture l’anno

Marchionne non molla su Termini - A fine 2011 stop alla produzione auto, Fiat disponibile solo a girare l’impianto ad altri - Il piano industriale prevede comunque 8 mld di investimenti in due anni per produrre 900 mila vetture l’anno. Scajola apre subito un tavolo sulla sorte dello stabilimento siciliano - La Fiat produrrà più auto in Italia, come aveva chiesto il ministro Claudio Scajola, ma non lo farà a Termini Imerese, stabilimento che cesserà di produrre automobili a fine 2011. L’amministratore delegato del gruppo torinese, Sergio Marchionne, non si è mosso dalla sua posizione, che ha illustrato a governo e parti sociali nel vertice tanto atteso di Palazzo Chigi, tenutosi ieri mentre nella piazza antistante manifestavano gli operai venuti da tutti gli stabilimenti dell’azienda. Fin dall’esordio, Marchionne ha messo in chiaro che la Fiat non metterà a rischio il risanamento di questi anni, anche perché «in Europa continua a esserci una sovracapacità produttiva». Non a caso ogni giorno il 30% dei lavoratori Fiat è coinvolto in stop produttivi. Il contesto, insomma, «continua a essere sfavorevole», e la domanda di auto nel 2010 in Italia resterà stabile, ma solo «in presenza di un rinnovo del bonus all’acquisto di vetture ecologiche». Già quest’anno, infatti, con tutti gli incentivi, le vendite in Italia a fine anno dovrebbero attestarsi a circa 2,1 milioni di unità, in leggero calo rispetto al 2008. E nel 2010, in assenza di incentivi, la cifra scenderebbe a 1,7 milioni di unità. Tornando alla produzione, la «disparità dei livelli di utilizzo della manodopera tra stabilimenti auto italiani ed esteri», è un problema da «affrontare di petto» perché, «se non lo facessimo, sarebbe una rovina». Ma questo, ha aggiunto Marchionne, non è il segnale di una ritirata: «Abbiamo un piano ambizioso per la Fiat, soprattutto in Italia», dove nei prossimi due anni si concentreranno investimenti per 8 miliardi, con la produzione, sempre nel biennio, di 11 nuovi modelli, tra cui il nuovo Doblò, la Giulietta, la nuova Ypsilon e la nuova Panda. Quest’ultimo modello sarà prodotto a Pomigliano, l’impianto oggi più penalizzato per l’assenza di incentivi. «Così», ha tagliato corto Marchionne, «non può reggere». Il gruppo quindi è disposto a lanciare un nuovo progetto: produrre la nuova Panda in Campania e non in Polonia, un piano che costerà «centinaia e centinaia di milioni di euro in più» e richiederà per la sua realizzazione anche un lungo periodo di cassa integrazione. L’obiettivo generale è quello di aumentare in tre anni la produzione in Italia da 650mila auto a 800mila-un milione, con un target di 900mila vetture l’anno. Quanto a Termini, ha detto Marchionne, resta la disponibilità «a discutere proposte di riconversione con la Regione Sicilia e con gruppi privati». La Fiat, insomma, è pronta a «mettere a disposizione lo stabilimento», non certo a continuare a tenerlo aperto, perché per anni «ci siamo accollati l’onere della gestione in perdita ma il contesto era diverso», mentre oggi il delta dei costi a Termini «è eccessivo». Marchionne ha parlato di 1.000 euro in più a vettura. E a far recedere Marchionne non serve rinfacciargli il sostegno fin qui incassato dallo stato con gli incentivi e la cassa integrazione. La Fiat, ha ribadito, non è un’azienda assistita. «A fine anno, il debito dello Stato per gli incentivi, salirà a oltre 600 milioni. Se poi aggiungiamo altri rimborsi che l’Erario ci deve sulle dichiarazioni dei redditi degli anni passati, il credito accumulato dal gruppo arriverà a 800 milioni di euro». Il Governo fa buon viso a cattivo gioco e incassa l’impegno sugli investimenti. Gianni Letta, infatti, ha detto che «Fiat troverà anche in Italia la stessa responsabilità che ha trovato in America». E il ministro delle Attività produttive, Claudio Scajola, ha sottolineato che per Termini sarà subito attivato un tavolo di confronto «per preservare il polo industriale e la professionalità dei lavoratori».