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 2009  dicembre 21 Lunedì calendario

LA FESTA DI HAMAS LASCIA UN CONTO DA 1,4 MILIONI


GERUSALEMME – Mettete dei fiori nei vostri cannoni: dieci centesimi a stelo. Fate un cielo verde di palloncini: non ha prezzo. Niente alcol, ma bevete quel che vi va: tan­to paga Hamas. Il Gaza party è stato senza risparmio. Cinque giorni di feste in piazza, marcette militari, folla precettata e plauden­te, truci slogan.

Passerà alla piccola storia della Striscia, il ventiduesimo anniversario della fondazio­ne del movimento islamico, celebrato la pri­ma decade di dicembre. E non perché il ca­po storico, Khaled Meshaal, avesse annun­ciato fiero dalla Siria: «Ci sarà una dichiara­zione importante» (e tutti a chiedere: la libe­razione del soldato Gilad Shalit? L’accordo coi rivali del Fatah? «No – aveva alla fine spiegato un suo fido ”, vogliamo soltanto dichiarare che la lotta continua»). La storia è tutta in un piedilista che una manina ha passato giovedì alla stampa israeliana: i conti delle celebrazioni dell’anniversario. Un milione e 400 mila euro. Per pagare pull­man, striscioni, coreografie, costumi, ban­diere.

«Una cifra – s’indigna il capomissio­ne di un’ong – che da sola basterebbe a mantenere centomila persone di Gaza per un mese». «Una spesa folle – s’arrabbia un funzionario dell’Unrwa, l’organizzazione Onu per i profughi ”: molta gente qui non ha una casa, né il cibo. Dipende in tutto dal soccorso internazionale».

Il costo della festa l’ha sostenuto la Banca Islamica, che è stata aperta qualche mese fa e pratica la finanza religiosamente corretta. Soldi che arrivano dall’economia dei tun­nel, in gran parte controllati da Hamas. In piazza, dicono fonti diplomatiche, c’erano soprattutto rifugiati dei campi. In gran mag­gioranza obbligati a partecipare, pena il riti­ro del coupon che dà diritto alla distribuzio­ne degli aiuti umanitari: «C’è da sperare che una parte del denaro sia servito, alme­no, a pagare la claque».

Sarebbe il minimo. Perché il malconten­to cresce, nella Striscia, e pure i racconti su un certo andazzo. Tutti per esempio cono­scono Ziad Harara, il ministro dei Traspor­ti, un fedelissimo del gran capo Ismail Hanyieh. Un mese fa, Ziad è uscito per il tunnel dei Vip ed è partito per gli Emirati arabi, in missione politica. Il problema è che ancora non è tornato: e qualcuno s’è ac­corto che, con lui, sono spariti dalle casse pubbliche pure duecentomila dollari. Potes­sero acciuffarlo, finirebbe in prigione. Co­m’è accaduto al suo collega di governo che, in primavera, quasi veniva linciato per stra­da: piccolo Madoff, aveva inventato un si­stema piramidale di facile guadagno, racco­gliendo dollari e promettendo formidabili «futures» sulle merci che passano per i tun­nel. Piccolo particolare: non aveva calcola­to fra gl’imprevisti le bombe israeliane che a lungo hanno fatto collassare il sistema (e adesso pure il muro, che l’Egitto vuole co­struire per bloccare il contrabbando sotter­raneo).

Scandali e scandaletti non intaccano il consenso di Hamas. La sua migliore assicu­razione resta il blocco israeliano, col regi­me di ferro instaurato. Secondo il Centro pa­lestinese per la politica, che ha fatto un son­daggio sul gradimento dei leader, il movi­mento islamico nella Striscia ha ancora il 60 per cento dell’appoggio popolare. Ma nei Territori, dov’era considerato in ascesa, ora non supererebbe il 38. Un problema lon­tano, visto che le elezioni di gennaio non si faranno e che comunque, a Gaza, senza Ha­mas non si muove foglia. E nemmeno mac­china: l’ultima denuncia di malcostume ri­guarda le patenti di guida, costo medio 7-800 dollari, che nell’Hamastan ormai si possono avere per un centone. E senza fare l’esame. Basta pagare l’uomo giusto.