Giuia Zonca, la Stampa 21/12/2009, 21 dicembre 2009
LA BABY VELISTA SCAPPATA DI CASA
Per inseguire l’avventura Laura Dekker è scappata di casa, visto che le hanno proibito di fare il giro del mondo in barca a vela, si è dovuta accontentare di una più comune ribellione adolescenziale ed è sparita per tre giorni. L’hanno ritrovata in un’isola delle Antille olandesi, bloccata grazie a una foto segnaletica. Nessuno sponsor a seguirla, zero blog e telecamere, solo la polizia di Utrecht sulle tracce della velista fuggiasca.
Ha quattordici anni, pochi, secondo il tribunale minorile olandese, per affrontare il mare da sola ma già al limite per stabilire il record di giovinezza nella sola impresa che conta per lei. Il primato al momento è in mano a Mike Perham, un inglese che a diciassette anni ha attraversato gli oceani e si è fatto dieci mesi al largo da Portsmouth a Ushant passando per le Canarie, Cape Town, Auckland, Panama e ritorno verso la Francia. Se l’è cavata anche se era minorenne e così sta facendo Jessica Watson, australiana, sedici anni, pronta a festeggiare il Natale dalle parti di Capo Horn sulla barca rosa che l’accompagna nel tentativo di fregare sull’età il collega britannico. Laura non può giocare al ribasso, il padre Dick l’ha sostenuta nel progetto e per questo ha perso la patria potestà. La partenza era prevista per lo scorso settembre, ma sono intervenuti un giudice, uno psicologo, infinite associazioni e la legge ha deciso di togliere la tutela al genitore che aveva l’affidamento, il padre, definito «incapace di capire che la figlia non era pronta ad affrontare possibili momenti di difficoltà senza sostegno». Fino a luglio, Laura Dekker è sotto la sorveglianza degli assistenti sociali, solo che l’hanno persa di vista.
Una fuga organizzata perché la ribelle ha prelevato 3.500 euro dal conto in banca, ha scritto una lettera ed è sparita venerdì notte e per di più ha lasciato Guppy, la barca a vela di 8,3 metri su cui in pratica è cresciuta, ormeggiata al porto di Utrecht. In barca ci è nata, nelle acque della Nuova Zelanda e per questo ha il doppio passaporto: quello della famiglia, olandese, e quello del mare, neozelandese. Ha imparato a destreggiarsi tra nodi e venti mentre andava all’asilo, a sei anni ha ricevuto in regalo il primo yacht da battezzare, a dieci ha avuto il permesso di navigare da sola, a undici è rimasta fuori per sette settimane, a tredici ha pianificato il giro del mondo. Senza che nessuno le avesse mai insegnato come restare a terra. La madre, che non vive nella stessa città, ha detto di essere preoccupata ma di fidarsi di lei e del giudizio dell’ex marito ed è stata la sola ad apprezzare il rinvio. Il resto della famiglia l’ha presa male.
Chi li conosce racconta di «una spirale negativa», «di pochi sorrisi e musi lunghi». Laura ha ripreso a frequentare la scuola e ha persino trascurato Guppy: quando vuoi tutto il planisfero accontentarti di qualche miglio nautico è complicato. Il piano, neanche troppo nascosto, era raggiungere la Nuova Zelanda e sfruttare la cittadinanza per farsi dare da altri giudici il permesso di prendere il largo. Il padre ha spiegato che se Laura avesse usato Guppy, sarebbe stata facilmente rintracciabile. In mare la baby velista si nota, via terra si confonde: è stato il suo dramma per tutti questi mesi e ora l’ha trasformato nel punto forte della fuga destinazione libertà. Finita ai Caraibi e non si sa ancora come ci sia arrivata. Infondo lo aveva quasi ammesso dopo la sentenza: «Solo quello che succede sulla mia barca è bello, il resto è noioso. Voglio vivere libera e mi sento così in mezzo al mare». Neanche la libertà era più abbastanza, ci voleva l’avventura.
Pochi altri teenager sono autorizzati a starsene per settimane lontano dalla portata degli adulti, fuori controllo. Laura ha la fiducia dei genitori e più libertà di quanto i suoi coetanei si sognino però desidera altro. Nemmeno il giro del mondo le basta, potrà farlo di certo tra un paio di anni se ancora sarà il suo chiodo fisso, lei punta sulla competizione: essere l’unica, la più piccola quindi la più temeraria. Aveva trovato i fondi per il viaggio, studiato le mappe, calcolato le provviste e controllato la tecnologia poi ha sbattuto contro Elly Laanen, un pezzo di realtà non preventivato. il capo del Child welfare office di Utrecht, l’assistente sociale che ha deposto contro il giro del mondo e ha vinto: «Facile dire che fosse turbata perché i suoi sogni sono andati in pezzi. tipico degli adolescenti vivere nel presente e sono la prima a dire che è uno stato d’animo a cui va dato il giusto peso. Infatti eravamo preoccupati. Ora sarà reimpatriata il più in fretta possibile e le staremo vicino». L’ultimo no l’ha preso l’anno scorso dalle autorità marittime inglesi che l’hanno fermata al porto di Lowestoft e rispedita a casa perché «era troppo piccola per stare in mare da sola». Da allora ha potuto vagare solo per l’Olanda, i confini si sono ristretti all’improvviso e la partenza dell’australiana che potrebbe scipparle l’impresa ha trasformato la tristezza in claustrofobia.
Ha fatto i conti e capito che se vuole essere davvero la più giovane al mondo ad affrontare la traversata deve muoversi ora. Ed è scappata, sola, per far vedere che sa sopravvivere. Ora le tocca dimostrare di avere coraggio davvero e per farlo non le serve battere un record, le basta affrontare la realtà. Quella che la aspetta a casa, più complicata del mare aperto.