Maurizio Ricci, la Repubblica 20/12/2009, 20 dicembre 2009
NIENTE VINCOLI AI GAS DELLE INDUSTRIE, ASPETTANDO LA VERA SVOLTA DELL’AMERICA
Tutto resta come prima: per il cittadino, il consumatore, le aziende, quindici giorni di battaglia all´assemblea di Copenaghen non hanno cambiato nulla. La lotta all´effetto serra passa per un uso diverso e più efficiente dell´energia: più solare, più turbine a vento, più nucleare, edifici meglio isolati, macchine elettriche. Ma da Copenaghen arriva all´economia solo un messaggio confuso, privo di certezze, che non fornisce al mondo dell´industria quella cornice di vincoli su cui poter disegnare la spinta agli investimenti nel «cleantech». Gli europei continuano a non sapere se anche i loro concorrenti americani dovranno sopportare i costi di un mercato dei diritti alle emissioni. E gli occidentali in genere a non sapere se i concorrenti cinesi dovranno affrontare davvero i costi di normative antinquinamento, paragonabili alle loro. Alla fine, insomma, il peggior accordo possibile si è rivelato anche l´unico raggiungibile.
Nell´intesa - zoppa sul piano formale, ma politicamente vitale - raggiunta nella capitale danese non c´è quasi nessuna delle indicazioni concrete che si aspettavano scienziati, ambientalisti e anche molti industriali. Ma conta chi l´ha firmata: da Usa, Cina, Europa, India, Giappone in giù, i paesi responsabili del 90-95% delle emissioni di CO2. poco più di una dichiarazione di intenti, ma è la prima volta che la battaglia all´effetto serra impegna direttamente una platea così vasta. Il rischio è che, in assenza di obblighi vincolanti, gli interventi concreti arrivino troppo tardi per fermare l´aumento delle temperature. Il quadro per un´azione globale e coordinata, però, è stato almeno fissato.
Trattato
Da Copenaghen doveva uscire un testo legale, simile al trattato di Kyoto, con obblighi, vincoli e sanzioni. Niente di tutto questo. A essere precisi, non c´è neanche un "Accordo Onu": l´assemblea si è limitata a «prenderne nota» per l´opposizione di alcuni governi. Il testo è stato però sottoscritto dai paesi che contano.
Vincoli
Non ce ne sono. Anche l´idea di fissare entro il 2010 una scadenza per arrivare ad un vero e proprio trattato è stata abbandonata.
Temperature
L´unico numero presente nell´accordo è un 2: i grandi paesi emettitori di CO2 dichiarano di voler evitare che la temperatura media del pianeta, nei prossimi decenni, salga più di 2 gradi, il massimo, secondo gli scienziati, che si può raggiungere senza che l´effetto serra scateni inondazioni e siccità. Il problema è che le temperature non si fermano da sole.
Emissioni
Per mantenere le temperature entro i 2 gradi, in effetti, bisognerebbe arrivare a ridurre le emissioni almeno del 50%, rispetto al 1990, entro il 2050. I grandi paesi emergenti non vogliono, tuttavia, porre limiti alla propria crescita economica se, fin d´ora, i paesi ricchi non tagliano le loro emissioni, entro il 2020, del 25-40% che gli scienziati ritengono necessario per stare nel limite dei 2 gradi.
I paesi industrializzati, tuttavia, non hanno messo insieme neanche un taglio del 20%. Il risultato è che non se ne è fatto nulla. Nel testo non ci sono né il 50%, né il 20.
L´impegno a ridurre le emissioni è generale, ma generico. La situazione potrebbe, però mutare, se, a primavera, il Congresso Usa approverà la legge sul clima, consentendo ad Obama di rendere espliciti i drastici tagli alle emissioni (25% nel 2025, 30 nel 2030 e 83 nel 2050 rispetto ai livelli 2005) che oggi sono impliciti nei testi in discussione.
Tagli
In attesa di sapere se il Congresso scioglierà le mani ad Obama, i diversi governi, entro gennaio, forniranno all´Onu l´elenco dei tagli che hanno già volontariamente deciso di effettuare: 20% l´Europa, 17% gli Usa (sul 2005), 25% il Giappone. La novità è che lo faranno anche i grandi paesi emergenti, come Cina, India e Brasile. Il punto è che la somma degli impegni, secondo gli scienziati, corrisponde ad un taglio delle emissioni, al 2020, pari al 14-18%, troppo poco per tenere in corsa l´obiettivo dei 2 gradi.
Verifiche
Il rispetto degli impegni, da parte dei singoli governi, potrà essere sottoposto a «consultazioni e analisi internazionali, nel rispetto della sovranità dei singoli paesi». Il contenzioso Usa-Cina, dunque, viene rinviato ai confronti tecnici fra specialisti. Lula ha solo precisato di non volere fra i piedi «la gente del Fmi o della World Bank». Il problema, peraltro, è solo cosmetico. I cinesi rispetteranno i loro impegni, perché vogliono risparmiare energia. La trasparenza chiesta dagli americani serve ad Obama per dimostrare al Congresso che anche i cinesi si sono imposti dei vincoli.
Finanziamenti
Per aiutare i paesi poveri ad affrontare il cambiamento climatico, ci saranno 30 miliardi di dollari nei prossimi tre anni. Un apposito fondo Onu, entro il 2020, disporrà di 100 miliardi di dollari l´anno con lo stesso obiettivo. I soldi arriveranno dai governi, dalle industrie e, probabilmente, anche dai proventi dei mercati dei diritti alle emissioni dei paesi industrializzati.