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 2009  dicembre 20 Domenica calendario

Ci avete badato? Corrado Passera e Alessandro Profu­mo salutano le nuove regole per evitare i crac banca­ri, purché non siano troppo stringenti e immediate, altrimenti si avrebbe l’effetto di ridurre l’offerta di credito; il Comitato di Basilea, formato dai principa­li banchieri centrali, precisa che si comincerà ad applicarle, gra­dualmente, a partire dal 2012

Ci avete badato? Corrado Passera e Alessandro Profu­mo salutano le nuove regole per evitare i crac banca­ri, purché non siano troppo stringenti e immediate, altrimenti si avrebbe l’effetto di ridurre l’offerta di credito; il Comitato di Basilea, formato dai principa­li banchieri centrali, precisa che si comincerà ad applicarle, gra­dualmente, a partire dal 2012. Ma nessuno si straccia le vesti. In particolare, non si scandalizza il ministro Giulio Tremonti, fusti­gatore dei banchieri, sostenitore della Grande Riforma della fi­nanza nel mondo e della ricapitalizzazione semiforzosa e semi­statale delle banche in Italia. Che cosa sta accadendo? Le banche centrali, i governi e buo­na parte dell’informazione hanno impiegato più di un anno per riconoscere la gravità della crisi. E’ comico che il settimanale Time elegga uomo dell’anno 2009 quel Ben Bernanke che ha lasciato fiorire i subprime nel 2006 e fallire la Lehman nel 2008. Poi, sono divampati il panico e il bisogno di palingenesi. Infine, la ripresa delle Borse, alimentata dal denaro buono e a buon mercato messo in circolo a fronte di titoli cattivi e a spese dei cittadini, ha riportato a galla la finanza. E la recessione? Amen. La Grande Riforma? Idem. Pensate, i soggetti che ci lavorano sono almeno dieci: G-20, Fondo monetario internazionale, Ocse, Financial Stability Bo­ard, Banca dei regolamenti inter­nazionali, Banca centrale euro­pea, Federal Reserve, Banca d’In­ghilterra, Financial Services Au­thority, Commissione Ue. I capito­li della Grande Riforma sono 15, e raggruppano 229 proposte, tal­volta, va detto, ripetitive. Eppure lo sterminato catalogo potrebbe essere ricondotto a una sola que­stione: come poter lasciare anda­re al fallimento una banca senza mettere a rischio l’economia. Se una banca è troppo grande per fallire, si possono mettere requisiti patrimoniali tali da renderne conveniente lo smembra­mento. Ma è arduo che vi provvedano i teorici e i beneficiari del gigantismo. Se la concentrazione di rischi diversi preoccupa, va­le l’idea di Paul Volcker, già stimato governatore della Fed: tor­nare alla separazione tra il credito commerciale, al servizio dell’ economia reale e perciò meritevole dell’ombrello pubblico, e l’investimento finanziario, spesso autoreferenziale e dunque, se recintato, passibile di fallimento. Secondo Profumo, che espri­me un’opinione diffusa, impedendo l’ investment banking alle banche prevalentemente commerciali, faremmo un regalo a Wall Street. Ma non si tratta tanto di impedire quanto di scorpo­rare quell’attività in società indipendenti e patrimonializzate ab­bastanza da coprire i propri rischi. I banchieri, anche i nostri, temo siano contrari perché il credito commerciale dà margini bassi, mentre la finanza ne dà di maggiori. Senonché lo Stato non può garantire tutto. Il fondo d’investimento per le piccole imprese, appena varato da banche e Cassa depositi e prestiti, suggella la pax bancaria. Bene. Ma se basta ad archiviare la Gran­de Riforma, allora vuol dire che finora abbiamo tutti scherzato. Irresponsabilmente.