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 2009  dicembre 19 Sabato calendario

LA MADRE DI CHIARA: «ALBERTO SCUSA, MA SEI STATO TU»


A Mamma Rita il dolore non chiede scusa. Succede così anche quando adesso ricorda di sua figlia Chiara, senza perdere la gentilezza di un sorriso o la malinconia di uno sguardo, quando racconta dei suoi anni con Alberto che sono quelli che le ha dato il Cielo, mica la giustizia o la vita, o quando dice che «lei era tranquilla», e se appena loro due non si vedevano, si telefonavano tutti i giorni, «ma tutti i giorni» insiste, come se volesse far capire quanto davvero si volevano bene.
Per questo, confessa oggi mamma Rita, «all’inizio non ci credevo che potesse essere stato lui. Noi ci fidavamo di Alberto: mia figlia era innamoratissima. Poi, piano piano, ho preso atto degli elementi che sono emersi, ed è stato un calvario che non finisce, una strada lunga, piena di stupore e di sofferenza... E’ stato un iter molto doloroso. E lo è ancora adesso». Dice: per me è stato uno choc. Poi, se uno le chiede se pure oggi questa convinzione è rimasta, dopo la sentenza di ieri, lei sospende di nuovo la sua agonia nel vuoto, questi occhi più tristi e le labbra tremanti, «purtroppo, con quello che è emerso, da quello che c’è...». Sussurra che non può fare a meno di continuare a pensarlo. Allora suo marito, Giuseppe Poggi, lì vicino, le parla sopra, per fermarla: «Non sappiamo più se è così».
Ma tutto quello che la storia di Garlasco ha lasciato, sta in questi giorni vicini a Natale, in queste famiglie di paese legate insieme da pochi metri e dai campi uguali, dalla morte che opprime appena le coscienze, ma molto di più le leggi della vita. Persino Nicola Stasi, il papà di Alberto, dice che «siamo contenti per questa sentenza, ma profondamente addolorati per la famiglia di Chiara. Per noi lei era come una figlia. E l’unica cosa che spero davvero è che un giorno i genitori di Chiara tornino a parlare con noi».
Nicola Stasi, davanti al cortile innevato del magazzino, caccia via le telecamere, urla che Alberto non ha una nuova fidanzata, che «è una vergogna quello che avete scritto», che lui continua a pensare a Chiara. E poi dice di nuovo che «quei genitori meritano rispetto. Da parte di tutti». Ma l’unica che rispetta tutti è sempre lei, questa madre di coraggio e di dolore che esce dalle nostre cronache più forte dei veleni e più vera della nostra incredulità, come il papà di Erba, come tutti quei piccoli, umili genitori che all’improvviso illuminano la nostra società malata. Quando le chiediamo se ha visto Alberto abbracciare la nuova amica in aula, lei sussurra soltanto: «Non dico niente. Mah, non lo so. Non dico niente».
Da quando lei stringeva la mano di Alberto per consolarlo mentre andavano al funerale di Chiara, a oggi, dopo che l’inchiesta le ha stravolto gli affetti e i pensieri, è cambiato tutto: solo lei è rimasta la stessa, anche quando ripete che sarà difficile riavvicinarsi a lui, che «ora non me la sento, non me la sento proprio nemmeno di parlarne». Pena e malinconia, nel suo sguardo.
Il gup Stefano Vitelli, per commentare questa sentenza, è arrivato a dichiarare che «l’unica cosa bella di questo processo è aver conosciuto la mamma di Chiara Poggi». Lei, da parte sua, sottolinea di rispettare il verdetto e il giudice che l’ha emesso, «perché so che è una persona seria, che ha fatto una scelta dolorosa, che avrebbe sofferto comunque per qualunque decisione. E’ andata così e noi lo accettiamo». Parla, mentre dietro di lei la neve e la nebbia avvolgono l’orizzonte. Come in quel film dei fratelli Coen, «Fargo», il paesaggio rimanda la quiete di un posto e la sua violenza sconosciuta. Tutt’attorno c’è un rumore che si fa sentire, che appartiene a queste distese di campi bianchi coperte dalla neve e che esce dal suo silenzio, il verso di una tortora o il soffio gelido del vento. In questo mondo, persino il delitto di Chiara e il suo ricordo sembrano evocare uno scenario improvviso, il terrore che spezza la pace, un urlo che rompe la quiete.
Come dice Mamma Rita, «ci siamo trovati in una situazione che non fa parte della nostra vita, che non potevamo neanche immaginarci, siamo capitati in mezzo a un meccanismo che fatichiamo a capire, il dolore, le memorie e le indagini, le colpe, i giornali, l’attenzione della gente». Lì vicino, nello stesso scenario, fra gli stessi campi bianchi, il padre di Alberto dice che «dopo un incubo durato due anni e mezzo, questa è stata la prima vera notte di libertà per mio figlio. Però, sappiamo che potrebbe non essere chiusa qui, che sarà ancora costretto a difendersi, che questa agonia non è finita».
In fondo, sono parole quasi uguali, come se la morte tenesse uniti i loro destini avversi, una cappa d’orrore sopra il paese innocente. «Anche loro - dice Rita Poggi - non avevano mai litigato, io l’ho sempre vista tranquillissima, fino all’ultimo, fino all’ultimo giorno che ci siamo parlati. E’ successo qualcosa all’improvviso. Non lo so che cosa». Quando però la giornalista di Sky le chiede «ma se sua figlia avesse scoperto quelle immagini pedopornografiche sul file di Alberto, che reazione avrebbe avuto?», lei risponde così: «Si sarebbe arrabbiata, una ragazza non può non arrabbiarsi di fronte a quello. Poi, com’era fatta lei, per come la conoscevamo noi, si sarebbe arrabbiata davvero tanto, ma tanto...».
Il freddo, la neve, il silenzio. E’ tutto qui. Dice: «Io voglio cercare la verità per mia figlia». Dice: «Lo devo a lei».