Alfio Sciacca, Corriere della Sera 19/12/2009, 19 dicembre 2009
IL PROCURATORE: INTERCETTATE E INTERCETTANO ANCHE LUI
E’ finito nelle intercettazioni telefoniche disposte dal suo stesso ufficio ed ora è indagato dalla procura di Messina. Una situazione paradossale quella che coinvolge il procuratore di Catania Enzo D’Agata, chiamato a rispondere per alcune telefonate con il ragioniere capo del comune Francesco Bruno che è anche uno degli indagati nell’inchiesta per il buco di bilancio che coinvolge 40 tra ex amministratori e funzionari. La storia di Catania in bolletta, con le strade al buio perché non aveva soldi per pagare l’Enel e centinaia di altri fornitori, a suo tempo diventò un caso nazionale anche perché fu necessario l’intervento del governo Berlusconi che inviò 140 milioni per evitare la bancarotta. Sulla vicenda la magistratura aprì un’inchiesta affidata proprio dal Procuratore D’Agata ai suoi Pm Giuseppe Gennaro, Francesco Puleio e Andrea Ursino che a loro volta hanno sequestrato atti, disposto perizie e anche intercettazioni telefoniche. Ma la sorpresa è arrivata quando tra gli atti depositati sono saltate fuori le intercettazioni della Guardia di Finanza con le telefonate tra il ragioniere capo e il procuratore D’Agata.
Si è così scoperto che l’alto magistrato è indagato a Messina. Alcuni mesi fa nel momento in cui i Pm hanno ricevuto le intercettazioni hanno informato il procuratore generale Giovanni Tinebra che a sua volta ha dato via libera a trasmettere gli atti a Messina competente per le inchieste in cui sono coinvolti magistrati catanesi. E così Bruno e D’Agata sono finiti nel registro degli indagati della procura di Messina. L’ipotesi di reato per il primo sarebbe di falso ed abuso d’ufficio mentre a D’Agata verrebbe contestato l’abuso d’ufficio. Nell’autunno 2008 sono diversi i contatti telefonici tra i due che in una circostanza si sarebbero pure incontrati nell’ufficio del procuratore. «Mi ha parlato bene di lei il dottor Gennaro (un dei pm dell’inchiesta ndr) dice D’Agata- la vorrei incontrare». E poi ci sono anche le telefonate tra Bruno e suoi stretti collaboratori dalle quali, sempre secondo l’accusa, emergerebbe che si sarebbe prodigato per far pagare delle somme dovute alla moglie e alle cognate del procuratore D’Agata per un immobile dato in locazione al Comune. Da notare che in quel periodo (nonostante Berlusconi avesse da poco deciso di staccare l’assegno da 140 milioni) erano ancora centinaia i creditori che bussavano alla porta del municipio mentre per le locazioni fioccavano gli sfratti. Tra i tanti creditori anche i congiunti del procuratore per le quali il Comune onorò il debito, pare intorno a 50 mila euro. E questo grazie ad una certificazione (che secondo l’accusa è falsa) messa a punto da Bruno il quale attestava che «parte dell’immobile è saltuariamente utilizzato anche a deposito per esigenze di giustizia». Certificazione che creò di fatto una corsia preferenziale per il pagamento, in quanto permetteva di attingere a fondi inviati al Comune per le spese necessarie al funzionamento degli uffici giudiziari catanesi. Tra l’altro sarebbe stato lo stesso procuratore ad interessarsi presso il ministero per accelerare l’arrivo delle somme dovute a Catania, circa due milioni di euro. Ma ci sono anche altre telefonate. In una il procuratore D’Agata si informa su una vicenda che riguarda «mio cugino Tamburino che mi sta tormentando». Tutte telefonate fatte tra settembre e novembre del 2008, cioè qualche mese dopo che sui giornali era uscita la notizia dei 40 indagati per il buco di bilancio. Dunque il procuratore sapeva che stava parlando con un indagato, e quindi che era intercettato. Ma al di là dei profili penali la vicenda è molto imbarazzante e sta rendendo incandescente il clima a Palazzo di Giustizia. Il procuratore D’Agata si dice «assolutamente sereno tanto che sono stato io stesso a sollecitare l’invio degli atti a Messina» anche se a qualcuno ha detto di sentirsi vittima di un colpo basso.
In relazione al pagamento del comune «si tratta di una questione tecnica molto complicata e sono stati sovrapposti argomenti diversi. In base alle regole della tesoreria unica c’erano anche fondi non vincolati a spese di giustizia: erano rimaste delle somme libere sulle quali è stata fatta una regolare transazione per debiti pregressi».