Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 19/12/2009, 19 dicembre 2009
COTA, «LOTTA A CAVOUR E AI SAVOIA. «I MERIDIONALI DI QUI VOTERANNO ME»
«Il Risorgimento va riletto. E va riletto con imparzialità. C’è stato un eccesso di retorica. E ci sono tante cose trascurate: a cominciare dalla violenza fatta al Sud, che non è mai stata descritta adeguatamente. Condivido le analisi di Lorenzo Del Boca». L’autore di «Maledetti Savoia»?. «Sì. E’ un mio amico, ci confrontiamo spesso. E’ tempo di riconoscere che la storia va rivista e raccontata: tutta. E’ tempo di andarsi a rileggere Rosmini, secondo cui questo sistema può stare insieme solo se si dà spazio al territorio, al federalismo».
In una regione come il Piemonte, dove il voto politico vede il centrodestra in vantaggio, due soli fattori potrebbero ostacolare un leghista di Novara dagli occhi azzurri: la perplessità dei torinesi di origine meridionale; e la difficoltà di un seguace di Bossi a rappresentare l’anima profonda della terra che ha fatto il Risorgimento e l’Italia. La terra di Cavour. «Ma Cavour l’Italia non la voleva mica fare – dice Roberto Cota, il candidato che il 27 marzo sfiderà la presidente Mercedes Bresso ”.
Come dimostra l’ultimo libro di Arrigo Petacco, il conte non puntava all’unificazione nazionale. E quando la vide compiuta, prima di morire fece in tempo ad affidare al ministro dell’Interno Minghetti un piano per trasformare l’Italia in uno Stato federale. In ogni caso, Cavour è un piemontese. E il Piemonte che lui guidava era uno Stato». E Vittorio Emanuele II?
«Non sono mai stato monarchico. Il giudizio sui Savoia l’ha dato la storia. Mi pare proprio che abbiano gravi responsabilità nella vicenda di questo paese». Nel 2011 si festeggeranno i 150 anni dell’unità.
«E noi della Lega abbiamo evidenziato il problema: spendiamo i soldi per le cose importanti, non disperdiamoli in mille rivoli, non dissipiamoli in cerimonie faraoniche. Comunque io sono ben disposto a conversare di Risorgimento da rivedere e di storia, ma non credo siano queste le preoccupazioni dei piemontesi».
E i «napuli», come i vecchi torinesi chiamavano tutti gli immigrati dal Sud, abruzzesi e siciliani compresi? «I meridionali a Torino ormai sono integrati. Qualcuno già vota per noi, e molti voteranno per me. C’è gente che è qui da quarant’anni, ed è preoccupata per la nuova ondata migratoria, stavolta dall’estero, che non ha nulla da spartire con quella dal Sud Italia. Oggi l’integrazione è molto più difficile, perché la distanza culturale che ci separa dai nuovi arrivati è molto più ampia. La lingua è diversa, la religione pure, e non possiamo costruire moschee in ogni angolo. E poi tanti torinesi di origine meridionale sono operai. Gli operai votano Lega. Abbiamo aperto una sezione a Mirafiori che è già diventata un punto di riferimento: siamo gli unici a dire che i successi della Fiat vanno bene, ma si devono anche difendere i lavoratori italiani. Quelli dell’auto, dell’indotto, del tessile...».
A chiedergli cosa pensi della Bresso, Cota precisa: «Non ho nulla contro la persona. E in campagna elettorale non farò attacchi personali, non alzerò la voce. Non sarebbe nello stile dei piemontesi. Mi limiterò a dire che ha governato male il Piemonte. Sono pronto a dialogare con l’Udc, se vorranno. Ma in ogni caso i cattolici e i moderati voteranno per me. Perché la Bresso ha assunto posizioni ostili ai cattolici, anche se ora cerca di rimangiarsele. Ha proposto la legge, poi ritirata, per le unioni gay. Ha invitato il padre di Eluana a portarla a morire in Piemonte. Ha avviato la sperimentazione della pillola abortiva. Ha tentato di affidare il Grinzane Cavour a Odifreddi. Oltretutto è stata eletta con i voti delle liste No-Tav. Ed è pure contro il nucleare... ».
Dentro la Lega, Cota in effetti ha fama di moderato. Non ci vuol molto, considerato che l’altro leader locale di peso è Borghezio. «Ma sotto molti aspetti Mario è diverso da come lo raffigurano. Ad esempio è un uomo colto. Abbiamo un buon rapporto. Lui rappresenta certe istanze. La sintesi però è sempre toccata a me: prima come commissario, poi come segretario, guido la Lega in Piemonte dal ”99». Cota si iscrisse a vent’anni, colpito da un’intervista dell’allora Senatur: «Un uomo solo contro tutti. Ma aveva ragione lui. A Novara la sede era in un sottoscala». Nel gennaio del ”92 l’incontro con Bossi: «Andai ad aspettarlo all’ingresso della città per portarlo al comizio. Arrivò, sulla sua Citroen rossa, da solo. Quando poi mi affidò la Lega in Piemonte, mi chiamava tutte le notti per darmi suggerimenti. Qualche volta alle 5 del mattino. Mi riaddormentavo e mi svegliavo di soprassalto, pensando di aver sognato o temendo di aver dimenticato tutto. Così presi l’abitudine di dormire con notes e penna sul comodino. Io sono avvocato e una notte Bossi mi spiegò come vincere un processo importante, appellandomi all’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di pensiero». Nato nel ”68, cresciuto negli Anni ”80, una passione per la moto – «avevo una Cagiva Alette Electra: curve in piega, scintille sull’asfalto» , un’operazione alla tiroide ingrossata – «temevo un brutto male, invece come molti padani avevo il gozzo» , oggi capogruppo leghista alla Camera, Cota è sposato con una magistrata milanese e ha una figlia di 18 mesi. Un punto debole potrebbe essere la città d’origine: non Torino, né il Piemonte profondo, ma l’eccentrica Novara. Intervistato per Sette da Vittorio Zincone, l’ha definita «piemontarda », un po’ lumbarda un po’ piemontese. «Ma era una battuta – spiega ora - . Novara è l’altro polo della regione. Comunque a Torino sono stato per cinque anni presidente del consiglio regionale. E ora sono qui in città, a fare comizi, a stringere mani: la corsa è cominciata...».