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 2009  dicembre 18 Venerdì calendario

LA CARICA DEI NUOVI BAMBINI


Nemmeno la Fantascienza avrebbe potuto immaginarli così. Sapienti, esperti, spesso belli, denti diritti e altezze impensabili, figli unici eppure circondati da fratelli e sorelle in famiglie multiple nate da amori smarriti e ritrovati. Hanno tra 0 e 10 anni e sono i figli più piccoli del nuovo millennio, sei milioni di mini-individui che stanno rivoluzionando le regole della demografia e della socialità, sono bianchi, neri, extracomunitari, adottati, nati in provetta, a volte, anche, con il seme o l´uovo di un donatore e di una donatrice. Dietro di loro il diritto di famiglia arranca, perché la realtà corre più veloce delle norme su eredità, consanguineità, diritti di primogenitura e di cittadinanza, mentre l´Istat spiega che un bimbo su quattro in Italia non ha fratelli, è triplicato il numero dei piccoli nati da coppie di fatto, e sono oltre un milione i figli di genitori separati. Fratelli e sorelle minori di quelli che il demografo Alessandro Rosina ha definito i «Millenials».

Neonati hi-tech per cui l´etichetta di "nativi digitali" sembra quasi vecchia a due o tre anni, e il cui benessere si misura sulla possibilità di avere l´apparecchio per i denti, frequentare i corsi di inglese e partecipare alle feste degli amici, e chi non può è escluso, via dal regno dei bambini, la cui socialità è molto simile ormai al mondo degli adulti.
Ragazzini bionici mai così sani e curati, ma tanto iperprotetti che la psicoanalista Silvia Vegetti Finzi li ha definiti «la prima generazione senza le ginocchia sbucciate». Del resto oggi bicicletta vuol dire casco e ginocchiere, «i figli sono così rari e preziosi che ci è insopportabile l´idea che si possano fare male», aggiunge Vegetti Finzi, che dieci anni fa nel libro i "I bambini sono cambiati", aveva già tracciato un identikit della nuova infanzia mentre la famiglia tradizionale crollava giù, come il muro di Berlino. « vero, sono bambini curatissimi, vaccinati contro ogni virus possibile, eppure nei primi anni di vita hanno già preso montagne di antibiotici, sono diventati così resistenti che oggi è diventato difficile scardinare anche delle semplici influenze. Sono belli, alti, pieni di competenze, bravi a fare judo o danza, ma nel panico se devono salire su un albero... A volte questi figli stupendi mi sembrano dei fiori di serra, pressati dalle aspettative dei genitori, con delle giornate così piene di impegni che non gli resta più nemmeno un pomeriggio per annoiarsi, e nel cielo di questi bambini si affollano davvero troppi adulti...».
Ma gli 0-10 anni, i figli più piccoli del nuovo millennio, sono già il ritratto di quanto sarà complesso e multiforme il futuro prossimo, dove tutti i sistemi tradizionali sono andati in crisi, ma dove vince con forza, sottolinea Alessandro Rosina, che è professore di Demografia all´Università Cattolica di Milano, «il legame più antico, quello verticale, ossia con i figli, non importa qual è il destino della coppia, cosa faranno i genitori, l´unica vera radice in Italia sono i bambini». Una generazione velocissima, un´avanguardia del nuovo, anzi un laboratorio della complessità, dietro cui arrancano tutti, spiega Rosina, «la politica, la scuola, la cultura, ma se non si riusciranno a trovare in tempi brevi meccanismi di integrazione, il futuro sarà quello dei ghetti e delle barriere». Perché certo non è facile spiegare ad un bambino nato qui da genitori immigrati, «magari nello stesso ospedale del suo compagno di banco, perché lui debba sentirsi straniero e diverso dal suo amico». Nello stesso tempo questi piccoli cresciuti in famiglie multistep, che cambiano e si ricompongono, «stanno modificando anche il lessico delle relazioni e dell´affettività, perché non ci sono solo il padre e la madre, ma i nuovi fratelli, i nuovi compagni». Percorsi di «acclimatamento» non sempre facili, a volte dolorosi, ma inarrestabili sembra, a giudicare dalle statistiche.
In un recente ricerca dell´Istat curata da Linda Laura Sabbadini, attraverso i dati si vede quanto sia cambiata, proprio negli ultimi dieci anni, la vita di questi piccolissimi. Oltre il 55% (al Nord) ha ad esempio entrambi i genitori che lavorano. Questo vuol dire che i figli, sempre di più, vengono affidati a nidi, a scuole materne a tempo pieno, anche se resta alto, soprattutto nella prima infanzia il ricorso ai nonni, che si fanno carico nel 67,8% dei casi dei bimbi fino a due anni. Dunque la vita di questa "generazione zero" 2000-2010, si svolge sempre di più all´esterno della casa, e in nome del figlio gli stessi genitori rivoluzionano la loro socialità, diventando spesso amici delle famiglie dei compagni di classe, di quelle del corso di nuoto o di canto.
«La conseguenza - suggerisce Matteo Lancini, professore di Psicologia dell´adolescenza all´università Bicocca di Milano - è che a questi bambini viene chiesto fin dalla più tenera età di diventare dei soggetti sociali, di vivere in comunità. Esperienza che stimola al massimo le loro competenze, se l´asilo o il nido sono validi, e che supplisce alla loro condizione di figli unici, ma che li porterà poi nell´adolescenza ad avere un bisogno assoluto del gruppo degli amici. E quella capacità di socializzare che rassicura tanto le mamme e i papà nell´infanzia, fa paura invece nell´adolescenza. Perché capita che poi a questi bambini e adolescenti risulti insopportabile stare da soli, nelle ore dei compiti e dello studio, e quindi pur di sentirsi in contatto studiano con la tv accesa, e Msn pronto a captare messaggi e segnali dall´esterno».
Bimbi sempre più sani. E sempre più fragili. Prima generazione curata fin dalla nascita con l´altra medicina, l´omeopatia ad esempio, utilizzata per il 9,8% dei piccoli tra i 3 e i 5 anni. Con una avanguardia di genitori che in alcune regioni del Nord, il Veneto ad esempio, hanno scelto di non vaccinare più i loro figli, saltando anche le cosiddette "vaccinazioni di base", e ottenendo che non ci fosse più l´obbligatorietà dei certificati per l´iscrizione a scuola. Ma tra le particolarità dei fratelli minori dei "Millenials" (che oggi hanno 20 anni), c´è anche una inedita parità di ruoli in famiglia. Ragazzi e ragazze, bambini e bambine, ricorda l´Istat, «riordinano le stanze, apparecchiano e sparecchiano, buttano l´immondizia», in modo paritario ed eguale. In famiglie però dove nulla è rimasto uguale a se stesso, e dove spesso ai bambini si chiede, forse impropriamente, aggiunge Lancini, «di compartecipare alla coppia e alle dinamiche del rapporto tra genitori», rendendo però questa generazione nata negli anni Duemila, troppo adulta e troppo bambina nello stesso tempo.
Se questo è il ritratto della "generazione zero", mai così amata, mai così desiderata, è vero che essere bambini oggi è un affare serio. Basta ad esempio analizzare i 18 indicatori che l´Istat ha catalogato per definire il benessere o al contrario la "deprivazione materiale" dei più piccoli. Il problema non è più per fortuna il cibo o l´accesso alla scuola. Ma per 1.762mila bambini e ragazzi , la deprivazione, nel 78% dei casi vuol dire "non poter frequentare centri sportivi", non poter "comprare giochi elettronici" (68,3%), non poter "fare regali di compleanno agli amici" (67,8%), non "frequentare corsi extrascolastici", non potersi permettere visite dentistiche o specialistiche. C´è un punto in cui la generazione dei nuovi bambini, di quelli nati a cavallo tra i due secoli, sembra fare un salto all´indietro. Il loro futuro scolastico dipende strettamente dalla loro provenienza sociale. Così, conferma l´Istat, risulta che i figli dei genitori laureati hanno a scuola voti migliori rispetto a quelli dei diplomati e con titoli di studio più bassi. Insomma il futuro dei 0-10 non sembra contemplare il riscatto sociale... «La crisi economica non ha apparentemente tolto molto ai bambini, per cui si fa qualunque sacrificio», conclude Silvia Vegetti Finzi, «ma ha aumentato le pressioni genitori per la riuscita dei figli, perché sempre più precocemente acquistino competenze e competitività, mentre l´infanzia è anche tempo vuoto, libertà di non fare, gioco inventato...».