Varie, 18 dicembre 2009
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Mailat Nicolae
• Vurpar (Romania) 1983. Rom. Condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giovanna Reggiani, 47 anni, il 30 ottobre 2007 a Roma, aggredita dopo essere scesa dal treno alla stazione di Tor di Quinto («con disumana violenza, seviziandola crudelmente»). Condannato in primo grado a 29 anni grazie alla concessione delle attenuanti generiche, la I Corte d’Assise d’Appello di Roma ha inasprito la pena perché «tutti gli omicidi, salvo quelli premeditati, sono occasionali e scaturiscono da situazioni contingenti ma non per questo possono essere meritevoli di attenuanti» • A 14 anni è in riformatorio per furto; lì resta due anni. Nel 2005 un altro furto e nel 2006 una nuova condanna a tre anni. Fugge e arriva in Italia. «[...] ha ammesso solo di aver rapinato Giovanna Reggiani [...] ”L’ho assalita alle spalle, lei si è divincolata, c’è stata una colluttazione...Alla fine l’ho spinta, l’ho gettata a terra e sono scappato con la sua borsa”. Poco dopo il rom, a suo dire, si è pentito: ”Sono tornato indietro per vedere come stava, ma non c’era più”. Quando il gip gli ha contestato il racconto di Emilia, la nomade che l’ha visto trasportare in spalla il corpo della vittima, Mailat senza scomporsi ha risposto: ”Quella dice falsità”. I magistrati non gli hanno creduto: su richiesta del procuratore aggiunto Italo Ormanni e del pm Maria Bice Barborini, il giudice ha emesso un’ordinanza di custodia per omicidio volontario pluriaggravato, violenza sessuale e rapina. [...]» (’Corriere della Sera” 3/11/2007) • «[...] Dubbi [...] portano a pensare che quella sera il romeno non fosse da solo e che forse non tutti gli assassini di Giovanna Reggiani siano stati presi. Che non abbia agito da solo Mailat lo ha sempre detto (è stato imputato di calunnia, indicando come suo complice proprio il figlio della supertestimone). Ma in un interrogatorio lo ha sostenuto anche un altro teste, Clopotar Nicolaie, che ha raccolto il racconto del suocero di Mailat, Obedei Dorin, l’uomo che in Romania è stato trovato in possesso del telefonino di Reggiani. Obedei gli raccontò che quella notte Romulus era insieme ad altri due ragazzi, con i quali era andato a rubare un tubo di rame. E secondo il suocero c’era anche Emilia, la zingara supertestimone. La scena delle indagini non era facile. Dopo solo 48 ore dal delitto il Comune di Roma ordinò di abbattere il campo, arrivarono le ruspe e chi forse sapeva qualcosa venne disperso. Lamenta l’avvocato della difesa: ”Non è stato fatto il minimo sforzo per verificare quale delle tre versioni, di Emilia, di Clopotar, di Obedei, sia quella vera. Ci si è limitati alla prima versione, l’unica disponibile”. La versione che circola nella comunità rom è che ”lo stupido” sia rimasto lì, pagherà lui anche per gli altri. Non sono state trovate tracce biologiche del presunto assassino sugli indumenti, né sotto le unghie. Né tracce della vittima su Mailat. Dai tamponi nessun segno di violenza sessuale. Quella notte sotto la pioggia qualcuno ha aggredito Giovanna Reggiani, ha cercato di strozzarla con un laccio da scarpe, l’ha colpita più volte con un bastone, le ha tagliato con un coltellino le mutande, recise di netto (lei non ha però ferite da taglio), l’ha trascinata nel fango, ha preso la borsa, è tornato al campo, si è cambiato (ma non si è lavato la faccia). Tutto in 20 minuti. [...]» (Terry Marocco, ”Panorama” 9/10/2008) • «[...] La mamma di Nicolae racconta di aver lavorato ”nel commercio del ferro”, e in qualche modo è vero. Anche suo figlio faceva lo stesso, [...] era stato arrestato a Costanza, sul mar Nero [...] Lo avevano condannato a tre anni, ma poi lo avevano messo fuori, giudicandolo non pericoloso. Era tornato ad Avrig. Qui tutti si guadagnano da vivere rubando ferro che poi rivendono per pochi centesimi al quintale. E molti ammettono di fare lo stesso quando vanno all’estero. [...] ”Nicolae è andato a scuola tre o quattro anni, ma non ha finito le primarie. Da ragazzo portava il bestiame, e amava ballare la nostra musica”. Stefane Hunzau è lo zio di Nicolae, e gli assomiglia pure, stessa espressione, stessi baffi e capelli crespi. [...] Dicono che Nicolae fosse pazzo di Aurica, una ragazza madre che prima di lui era stata fidanzata con zio Stefane e con il fratello del suo patrigno Cornel. Era andato con lei in Italia, ma [...] la donna aveva preso la sua bambina ed era tornata indietro. [...] qualcuno al villaggio lo ha chiamato dicendogli che Aurica aveva trovato compagnia. Lui è tornato indietro, si è presentato ad Arpas, il villaggio della donna, ma non è riuscito a convincerla. Ha dormito un paio di notti ad Avrig, e [...] è tornato a Roma, da solo. ”Da allora [...] ha cominciato a bere sempre di più e si è lasciato andare”. La madre punta il dito, gli altri annuiscono. [...]» (Marco Imarisio, ”Corriere della Sera” 5/11/2007).