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 2009  dicembre 18 Venerdì calendario

ADDIO A JENNIFER JONES, LA STAR DI "DUELLO AL SOLE"

Si è spenta ieri, per cause naturali, nella sua casa di Ma­libu, l’attrice Jennifer Jones: aveva compiuto novant’anni il 2 marzo scorso, essendo na­ta a Tulsa nel 1919 (vero nome Phylis Lee Isley). Nella sua car­riera ha vinto un Oscar (per Bernadette , nel 1943) e ha avu­to quattro nomination (tre co­me miglior attrice: Gli amanti del sogno , 1945; Duello al so­le ,
1946 e L’amore è una cosa meravigliosa , 1955. Uno come non protagonista, per Da quando te ne andasti , 1944) ma forse la sua miglior inter­pretazione è stata quella della moglie del più geniale e ambi­zioso tycoon di Hollywood, David O. Selznik, il produtto­re di Via col vento , suo secon­do marito e artefice dei più importanti tra i suoi successi. Arrivata poco più che ven­tenne a New York per studia­re recitazione e poi trasferita­si a Hollywood (dove esordì nel cinema con Il confine del­la paura , western di serie C interpretato da Wayne ancora sotto contratto alla Republic), la Jones si fece ben presto no­tare per la sua bellezza non tradizionale, selvaggia e ag­gressiva ma mai volgare, capa­ce di insinuarsi nella fantasia degli spettatori per non uscir­ne più. Così forse stregò Selz­nick, che sposò solo nel 1949 ma con cui instaurò una «af­fettuosa amicizia» almeno dal 1942/43. Tanto che il suo primo matrimonio con il com­pagno d’accademia Robert Walker naufragò subito.
La protezione di Selznick, che le valse un primo contrat­to con la 20th Century Fox, le aprì le porte di numerosi film, a cominciare dalla Ber­nadette di Henry King che, portandole l’Oscar, la consa­crò a 24 anni star di prima grandezza. Eppure la sua car­riera non è solo merito del suo scopritore: colpisce l’alter­narsi spesso imprevedibile di melodrammi e commedie, di kolossal «fiammeggianti» (co­me Duello al sole ) e prove d’autore (nello stesso 1946 uscì anche il delizioso Fra le tue braccia di Lubitsch).
In tutti questi film la Jones sa portare una bellezza mai convenzionale e una grazia che si adatta perfettamente al­le più epiche scene madri (chi non ricorda il finale di Duello al sole , con una Jones scurita per diventare la metic­cia Pearl e un Gregory Peck in­cattivito per trasformarsi nel cinico figlio del padrone: che prima si sparano e poi, mo­renti, si cercano per un ulti­mo abbraccio) ma che funzio­na perfettamente anche per storie più struggenti e fanta­stiche, come quella dell’inaf­ferrabile modella che osses­siona Joseph Cotten in Il ri­tratto di Jennie (Dieterle, 1948) o quella dell’eroina iper­romantica che ci viene restitu­ita dai molteplici giochi di specchi in Madame Bovary di Minnelli (1949, dove curiosa­mente fu scelta al posto di La­na Turner proprio per la capa­cità di «soffocare» la sua cari­ca erotica ed evitare gli strali della censura insospettita da una visione troppo «liberal» dell’adulterio). O ancora quel­la della ribelle gallese di La volpe (Powell e Pressburger, 1950) Girò anche in Italia, con Vit­torio De Sica ( Stazione Termi­ni , con Montgomery Clift) ma il film non è certo dei più si­gnificativi e anche L’amore è una cosa meravigliosa , nono­stante il successo planetario, oggi rivela tutta la sua retori­ca sentimentale (ma era il 1955, e c’era la guerra fredda). A metà degli anni Cinquan­ta inizia il suo declino, nono­stante gli sforzi di trovare ruo­li all’altezza della sua fama (ma più che quarantenne è fuori parte per il ruolo di Nico­le Warren in Tenera è la notte di Henry King, 1962) e una pic­cola parte in L’inferno di cri­stallo 81974) sarà il suo defini­tivo addio allo schermo.