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 2009  dicembre 18 Venerdì calendario

Curiosa pratica. Il "Corriere della Sera" anticipa la prefazione di Aldo Grasso a "Nuovo cinema Mancuso

Curiosa pratica. Il "Corriere della Sera" anticipa la prefazione di Aldo Grasso a "Nuovo cinema Mancuso. Un anno in sala con la criticona", il volume che raccoglie 158 recensioni e 46 commenti di Mariarosa Mancuso sul "Foglio", e ci costruisce sopra una pagina intera in Cultura, sotto il titolo: "Dal cinema alla letteratura / manuale per i nuovi critici". Aldo Grasso Solo che Grasso, senza fare nomi e cognomi ma procedendo per allusioni corpose, anche molto pesanti e velenose, infilza l’uno dopo l’altro illustri critici del suo stesso giornale, più altri ancora. E il "Corriere" pubblica senza fare una piega, forse accorgendosi, forse no. Per dire. Scrive Grasso, nell’elogiare la Mancuso, eletta critico di riferimento. "Bisogna aver confidenza con i libri, non vergognarsi della propria erudizione: il sapere è la base reale della visione (anche della tele-visione). Tra l’altro, Mariarosa Mancuso ha scritto saggi su Karen Blixen, Edith Wharton, Norman Douglas, Edmund Gosse, David Garnett. Non su Giorgio Faletti". Di sicuro ad Antonio D’Orrico, flamboyant critico cine-letterario di "Sette" nonché scopritore/esegeta del Faletti romanziere noir, saranno fischiate le orecchie. Mariarosa Mancuso E ancora, sentenzia Grasso: "Molti critici non sanno scrivere, annoiano prima ancora di esprimere un qualsivoglia giudizio. Ritengono che lo stile sia un orpello, una petulanza ferale, un intralcio alla Ragione rischiaratrice. Mariarosa Mancuso, maestra della prosa, usa la forma della recensione breve per sviluppare una preziosa variante italiana dell’essay". Paolo Mereghetti Non ce l’avrà, un po’, anche con l’attuale cine-critico del "Corriere", Paolo Mereghetti, al quale il giudizio severo sulla qualità della scrittura pare indirizzato neanche troppo tra le righe? (Non è un segreto che qualcuno a via Solferino preferisse la Mancuso al posto di Mereghetti). Però il passo più feroce, inutilmente cattivo alla luce degli eventi, risulta quello che rintocca in sottofinale. Dice così: "Ma siccome non ci facciamo mai mancare nulla, siamo riusciti a creare anche una via italiana alla critica militante. Nascono così strane figure di critici, ora produttori, ora funzionari Rai, ora biografi ufficiali di Fellini che conciliano il doppio mestiere senza tanti scrupoli, non essendo ancora apparso all’orizzonte lo spettro del conflitto di interessi". kezich MARCO GIUSTI INCAPPELLATO Qui non ci sono dubbi. L’obiettivo è Tullio Kezich. Scomparso in agosto e per lunghi anni apprezzato, indiscusso e autorevole critico del "Corriere" (che lo strappò a "la Repubblica"), Kezich fu anche questo, insieme a tante altre cose: produttore, funzionario Rai e biografo di Fellini. Magari non avrebbe meritato, proprio dal suo giornale, un trattamento del genere. Anche perché, dall’oltretomba, non può più replicare alle sciabolate di Grasso. PS. Sempre senza fare i nomi, il critico televisivo del "Corriere" se la prende pure con quei "cinefili, impauriti troppo in fretta dalla loro purezza, che hanno subito cercato rifugio nell’istituzione (Rai, Sky, Festival, Uffici territoriali) per conciliare, come già avvertiva Gadda, la cattiva coscienza con lo stipendio fisso". Con chi ce l’ha? Parrebbe il ritratto, in ordine sparso, di Enrico Ghezzi e Marco Giusti (Rai), Gianni Canova (Sky), Piera Detassis, Enrico Magrelli, Emanuela Martini (Festival di Roma, Mostra di Venezia, Torino Film Festival), Steve Della Casa (Piemonte Film Commision). Curiosa pratica, appunto: elogiare un critico, il critico di riferimento, per dir male di tutti gli altri.