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 2009  dicembre 17 Giovedì calendario

ITALIA PIAGNONA


L’Italia gode di maggior prestigio all’estero che agli occhi degli italiani. Nell’opinione degli altri, in una graduatoria di 33 Paesi, siamo infatti dodicesimi, mentre nella classifica dell’autostima occupiamo il ventiseiesimo posto. I dati emergono da un sondaggio realizzato da Doxa e Reputation Institute attraverso migliaia di interviste e pubblicato in esclusiva da Seffe.lnsomma non ci mancano ingegno, creatività e molte altre virtù ma siamo collettivamente un pò depressi. ln un’immagine, è come se la Gioconda di Leonardo, anziché sorridere, avesse uno sguardo triste. Ma vediamo i dati più in dettaglio. Nella graduatoria della reputazione, in cui I’ltalia risulta dodicesima, i tre Paesi più stimati nel mondo sono Svizzera, Canada e Australia, seguiti da Svezia, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Olanda, Austria, Spagna e Irlanda. lnsomma due nazioni storicamente neutrali (Svizzera e Canada), il "lontano Occidente" (l’Australia),la Spagna e l’Europa del Nord. Disaggregando i dati scopriamo che il nostro Paeseè primo in cultura e divertimento, sesto in "marchi e innovazione" (dove ci viene riconosciuta una forte capacità inventiva), settimo nello stile di vita, ottavo nella bellezza fisica e nono nella qualità dei prodotti e dei servizi. Ma esce maluccio nella tecnologia (quindicesimo), male in ambiente di business, contributo alla comunità globale e welfare (tre materie in cui siamo diciassettesimi) e molto male in efficacia di governo (diciannovesimi). «La classifica generale - commenta Sergio Amati della Doxa - premia le nazioni come Svizzera, Canada e i Paesi nordici che nella percezione generale hanno manifestato comportamenti seri e coerenti nel tempo. Paesi che, pur non essendo immuni da difetti, hanno dimostrato una capacità costante di agire secondo alcuni valori (l’interesse civile per il bene comune), nonché di prendere impegni e mantenerli». L’Ialia inoltre risulta quarta tra i Paesi da visitare ma solo undicesima tra quelli in cui vivere, quindicesima dove lavorare e addirittura diciassettesima tra le mete di investimento. Una curiosità: i Paesi in cui I’ltalia è più ammirata sono la Russia (che nella graduatoria generale della reputazioneè all’ultimo posto),il Canada (che invece è al secondo), il Regno Unito,la Germania,la Francia e il Giappone. Passando alla classifica dell’autostima, che ci vede ventiseiesimi, i Paesi con la più alta opinione di se stessi sono l’Australia, il Canada e la Finlandia, seguiti da Austria, Norvegia, Danimarca, Singapore, India, Svizzera e Cina. Quest’ultima, come I’ltalia, presenta una divaricazione radicale tra il giudizio degli altri e il suo. Però in senso opposto, perché è penultima in reputazione e decima in autostima. Ma perché noi italiani ci valutiamo così poco? Scomponendo il giudizio emerge un’Italia piuttosto fiera della propria creatività (siamo sesti in brand e prodotti), orgogliosa del suo tesoro culturale ma consapevole dei guasti provocati al paesaggio (non a caso in bellezza fisica ci autocollochiamo solo quattordicesimi).
LE ANALOGIE COL GIAPPONE
Evidentemente poi ciò che affascina gli stranieri del nostro stile di vita non convince più di tanto gli stessi italiani. l quali non sono neppure soddisfatti della forza tecnologica del Paese Né tanto meno dell’efficacia del governo, del contributo alla comunità globale e dell’efficacia dello stato sociale, oggi messo a dura prova dalla recessione. Negativi siamo infine sulla capacità di creare un ambiente di business favorevole agli investimenti stranieri. In fatto di bassa autostima siamo simili al Giappone, le cui somiglianze con I’ltalia sono state messe in luce in passato dallo storico americano David Landes. Nel caso del gigante asiatico la distanza tra reputazione e autostima è addirittura clamorosa: primo a parer del mondo in innovazione e tecnologia il Sol Levante si collocaa ddiritrura ultimo nella classifica generale dell’autopercezione. La ricerca Doxa non dice com’è cambiata la nostra reputazione nel corso del tempo. Un aiuto in questo senso viene da un’altra ricerca dell’agenzia di pubblicità Young & Rubicam, che, attraverso interviste periodiche, da sedici anni tiene sotto osservazione l’immagine dell’ltalia (dal turismo alla criminalità) come fosse una marca di cioccolatini o di automobili. «A partire dall’inizio degli anni 90», dice Marco Lombardi, presidente di Young & Rubicam Italia, «la nostra immagine nel mondo non ha fatto che crescere. M.a da quattro o cinque anni sta calando in America, Giappone e nei Paesi in via di sviluppo. Mentre in Europa, nello stesso periodo, mantiene e in alcuni Paesi aumenta la sua già ottima posizione. La mia impressione - aggiunge Lombardi - è che dopo l’11 settembre 2001 la globalizzazione invece di aprire il mondo lo abbia progressivamente chiuso. L’America ha perso gradualmente interesse per noi e così pure hanno fatto, seppure in modi molto diversi, i Paesi in rapida crescita come Brasile, Cina e India». Ma torniamo alla ricerca Doxa e ai dati sulla reputazione e l’autostima: quali reazioni suscitano in chi ogni giorno si confronta con gli altri Paesi? «La distanza tra la valutazione degli altrie la nostra non mi stupisce», dice l’economista Beniamino Quintieri, commissario del governo italiano per Shanghai Expo 2010 ed ex presidente dell’Istituto per il commercio estero, «e la tendenza nazionale ad autodenigrarsi non basta a spiegarla. La verità è che noi italiani diamo per scontate bellezza e cultura e invece vorremmo un Paese migliore dal punto di vista dell’efficienza, della sicurezza e dell’organizzazione. I giapponesi, ultimi in autostima, hanno il problema uguale e contrario: danno per scontato di essere bravi tecnologi e organizzatori ma vorrebbero una qualità della vita più alta». Anche Francesco Caio, vice presidente a Londra della Banca Nomura, ha un’esperienza internazionale di business. Manager, ex capo della britannica Cable & Wireless, è stato consulente del ministro inglese Gordon Brown per il piano banda larga e ha wolto un ruolo simile per il governo italiano.
LA SFIDUCIA NEL SISTEMA
La sua impressione è quella di un Paese "apprezzato più per il passato che per le sue potenzialità". E coincide con il clima che avverte ogni giorno nel mondo degli affari. «ll risultato è che fatichiamo ad attirare gli investimenti dall’estero e a qualificarci come un Paese proiettato versoi l futuro. Ma non è solo questo» dice Caio. «La seconda contraddizione è l’apprezzamento diffuso per i nostri talenti individuali e imprenditoriali a cui si contrappone una sfiducia altrettanto diffusa per la competitività complessiva del sistema». Passando dall’economia alla scienza, si raccolgono valutazioni che approfondiscono questo giudizio. Brunella Franco, per esempio, è uno dei medici italiani che anni fa lasciarono il prestigioso Baylor College of Medicine di Houston, Texas, per fondare a Napoli il Tigem, laboratorio della Fondazione Telethon per lo studio delle malattie genetiche rare. «Nel campo della ricerca» dice la genetista, «l’italiano che conosce il mondo non ha problemi di autostima, anzi è perfettamente conscio del suo valore. Basta guardare il sito delle valutazioni scientifiche, Sciencewatch.com dove I’Italia è settima nel mondo per citazioni di lavori importanti. Purtroppo abbiamo due problemi strutturali che limitano il valore degli individui. Il primo è la mancanza di una efficace catena di trasferimento delle scoperte scientifiche dai laboratori alle imprese. Il secondo l’esiguità degli investimenti in ricerca, dove siamo agli ultimi posti in Occidente. Queste difficoltà rendono arduo attirare cervelli stranieri o far rientrare quelli italiani».
CONCENTRARSI SULL’ARTE?
La cultura, che nel sondaggio emerge come il punto di forza italiano, è da sempre, almeno a parole, la priorità dei gwerni di entrambi gli schieramenti. L’ltalia ha una dote immensa di monumenti, città d’arte e istituzioni museali di prestigio mondiale come gli Uffizi e i Musei Vaticani. Più recentemente il successo del Mart di Rovereto (240 mila presenze quest’anno) ha rilanciato a livello internazionale la presenza italiana anche nell’arte moderna e contemporanea, oggi dominata da metropoli come Berlino, New York, Londra e Los Angeles. L’attesa è ora per il Maxxi, il Museo delle arti del XXI secolo inaugurato un mese fa a Roma. «Certo» dice la direttrice del Mart, Gabriella Belli, «il nostro Paese culturalmente continua a esercitare un forte appeal. Ma anche trent’anni fa lo esercitava. Il sondaggio conferma un’impressione di staticità, di un Pae se che anche nel campo della cultura non si muove come potrebbe. E dove le risorse de stinate alla valorizzazione del patrimonio culturale vengono ridotte. Serve una strategia che punti a un tipo di innovazione su misura per I’Italia. Concentrando investimenti e impegno tecnologico e organizzativo nell’arte, nel paesaggio, nel design e nella moda. Cioè in quella formidabile fabbrica della creatività che può rendere unico il modello Italia».
E ridare il sorriso a Monna Lisa?