Ettore Livini e Roberto Mania, Repubblica 17/12/2009, 17 dicembre 2009
DUE PEZZI SU ALITALIA
1. UN ANNO DI TURBOLENZE PER LA NUOVA ALITALIA MA IL DECOLLO E’ RIUSCITO di Ettore Livini - MILANO - La nuova Alitalia spegne la candelina del suo primo compleanno con un bilancio a due facce. Segnato da qualche ombra - la partenza difficile, l´estate da dimenticare sul fronte bagagli a Fiumicino e 100 milioni di perdite più del previsto - ma anche, soprattutto dall´estate in poi, da diversi segnali positivi. La puntualità - come ammette il numero uno dell´Enac Vito Riggio - «è tornata al livello dei maggiori vettori internazionali». Il terzo trimestre si è chiuso in attivo di 15 milioni. E i reclami dei passeggeri alle autorità di controllo - un termometro diretto della qualità del servizio - sono in netto calo.
«Siamo partiti con problemi importanti - ammette il presidente Roberto Colaninno - ma oggi siamo alla normalità operativa. E con i tempi che corrono, aver dato lavoro a 14mila persone della vecchia Alitalia è un mezzo miracolo». «Naturalmente - lo dice anche Riggio - è solo il primo passo». La fusione con Air One, specie sul fronte contrattuale, è ancora incompleta. Ci sono gli accordi internazionali - ultimo quello con Aeroflot - da riempire di contenuti. «E il 2010 non sarà un anno facile - conferma Colaninno - continueremo il risanamento con l´obiettivo di conquistare più passeggeri business e lanciare una sfida alle low cost sul loro terreno». In attesa forse, come vaticinano in molti, di un´integrazione sempre più stretta con Air France.
Il servizio
Il primo anno di vita della nuova Alitalia su questo fronte ha avuto un decollo disastroso - con un volo su quattro in ritardo ad aprile - e un´estate romana da incubo. Il quadro però, in attesa della prova del fuoco - soprattutto sullo scalo romano - delle vacanze di Natale, è in netto miglioramento. Nel terzo trimestre il 74% dei voli Alitalia è atterrato in orario (tecnicamente entro 15 minuti dall´arrivo previsto). Meglio del 70% di primavera, meno dell´83% della "vecchia Alitalia" del 2008. In ottobre la percentuale è salita all´80,4% nuovo record dell´era Cai. Il tasso di regolarità resta elevato (99,7%) con una media di meno di due voli cancellati al giorno. Il tallone d´Achille è Fiumicino. A giugno un volo su due a Roma era in ritardo. Ora le cose stanno lentamente migliorando: il tasso di puntualità è stato del 60% tra luglio e settembre e del 68% ad ottobre. Ma sulla consegna dei bagagli i progressi sono ancora minori. Il fiore all´occhiello della nuova Cai è - forse non a caso - la sua rotta più redditizia: la Roma-Milano, dove a ottobre gli atterraggi in orario erano pari al 94%. La flotta è stata rinnovata con l´ingresso in servizio di nove nuovi A320.
I conti
Il budget del progetto Fenice prevedeva di chiudere il 2009 in rosso per 200 milioni. Le perdite, invece, saranno poco meno di 300. Sul bilancio finale pesano però due variabili opposte e imprevedibili: la recessione - il traffico mondiale è calato del 5%, i prezzi quasi del 20% secondo la Iata - e il petrolio. Il crollo del greggio fino ai 55 dollari di metà anno ha consentito un risparmio di circa 100 milioni sul pieno degli aerei. Un bonus - come ha anticipato l´ad Rocco Sabelli - che con ogni probabilità mancherà nel 2010, «un anno che sarà in salita». Anche sul fronte finanziario l´estate ha portato un po´ di sereno: il terzo trimestre si è chiuso con 15 milioni di utile. «Gli aerei in effetti oggi viaggiano abbastanza pieni», assicura Fabio Berti, presidente dei piloti Anpac. Il fattore di riempimento, fermo a un disastroso 30% a gennaio 2009, è salito al 51% nel primo trimestre, al 65% nel secondo e al 74% nel terzo. «Ma fatichiamo ancora ad attrarre i passeggeri business», ammette Colaninno. Tanto che il ricavo medio per passeggero, pur cresciuto a 120 euro a ottobre, resta piuttosto basso. La compagnia, indebitata per 831 milioni ereditati dalla vecchia gestione, aveva in cassa a ottobre 390 miliardi. Cifra che per ora pare allontanare lo spettro di un aumento di capitale. «Tutti gli azionisti sono contenti di come stanno andando le cose, Air France compresa», assicura Colaninno.
La competizione
Il business Alitalia, per decreto del governo Berlusconi, è protetto per tre anni da ogni intervento dell´antitrust. Lo stesso esecutivo però ha puntato il dito contro il sostanziale monopolio Cai su diverse rotte del mercato domestico (dove la sua quota è salita dal 51% al 53%). «Sulla Linate-Fiumicino - si legge in una relazione del ministero Infrastrutture - la Magliana ha il 98% degli slot con un problema reale di concorrenza». Anche se il lancio della Frecciarossa sposterà su rotaia il 60% del traffico su questa tratta. «Sul 90% del mercato nel trasporto aereo interno - aggiungono al ministero - la concorrenza del treno non esiste». I prezzi in realtà, complice la crisi del settore, non sono saliti. «Rischio monopolio? Io vedo il pericolo opposto - dice Riggio - le low cost continuano a rubare quote ad Alitalia sul mercato interno nord-sud, l´unico che sopravviverà alla concorrenza della rotaia».
Le relazioni sindacali
«La piattaforma d´intesa raggiunta con i sindacati è secondo me il più grosso successo di questo primo anno d´attività» sostiene Colaninno. Un po´ di maretta, in realtà c´è stata. Gugliemo Epifani, numero uno Cgil, ha attaccato i vertici Cai sostenendo che Alitalia «non ha strategia industriale». Gli scioperi degli assistenti di volo e dei piloti sono stati già due volte "spostati" dal ministro Altero Matteoli. Integrati i sistemi informatici con Air One, ora resta da chiudere la reale fusione dei rispettivi contratti di lavoro. «La strada sarà in salita, bisogna evitare conflittualità», chiede Sabelli. «Il nodo per noi piloti è la rotazione dei colleghi in cassa integrazione - dice Berti - sono 850 su 2.100 e rischiano di perdere la licenza se non volano». Il prossimo sciopero, indetto da Filt Cgil e dalle associazioni professionali del personale navigante Ipa, Avia e Anpac, è stato fissato al 5 febbraio.
L´amministrazione straordinaria
Sotto il cappello dell´amministratore straordinario Augusto Fantozzi c´è ancora quel che resta della vecchia Alitalia. Nel suo primo anno d´attività oltre alle attività cedute a Cai per 1.052 milioni (di cui 253 in contanti), sono stati alienati il Cargo (per 14 milioni), 14 aerei, la collezione d´arte (800mila euro d´incasso) e Atitech. In dirittura d´arrivo le vendite di Alicos e Ams mentre sul groppone di Fantozzi restano oggi alcuni terreni, immobili a Buenos Aires, Barcellona, San Paolo e Vienna e 22 Md80/82 che non trovano acquirenti. L´ex ministro gestisce anche la cassa integrazione (per sette anni) di 4.683 ex-dipendenti, con 854 usciti dall´ombrello degli ammortizzatori sociali perché hanno trovato un nuovo lavoro. Quanti debiti rimarranno alla fine a carico della bad-company Alitalia? Un calcolo è difficile. Il Tesoro ha fatto l´Opa sui bond, ci sono crediti in prededuzione da pagare. Fantozzi però incasserà (se tutto va bene) qualche centinaio di milioni sui circa 2,8 miliardi di esposizione iniziale. Soldi che devono essere divisi tra i creditori rimasti a chiusura della procedura. Lo stato (leggi i contribuenti) dovrebbe quindi veder svanire i 300 milioni del prestito ponte e i quattrini - in tutto circa 500 milioni - di Mengozzi bond che aveva in portafoglio.
Azionisti e obbligazionisti
L´Odissea non è ancora chiusa, ma la loro posizione migliora. Il Tesoro ha proposto di sostituire gli investimenti sulla Magliana - diventati in sostanza carta straccia - in più solidi (si spera) titoli di Stato. Gli obbligazionisti, pur perdendo un po´ di cedole, si sono visti rimborsare il 70,9% del capitale, agli azionisti sono stati restituiti 0,272 euro ad azione, la metà del prezzo medio dell´ultimo mese di contrattazioni.
2. LA PRIVATIZZAZIONE "MADE IN ITALY" è COSTATA ALLO STATO 4 MILIARDI IN PIù di Roberto Mania - ROMA - La privatizzazione dell´Alitalia è un caso da studiare, un case study. Al contrario, però: va esaminato non perché da imitare, bensì per memorizzare tutto quello che non si deve fare in una privatizzazione. Che non si fa nell´interesse dell´acquirente, bensì in quello del venditore che, a sua volta, coincide con quello di una comunità. Per esempio, una privatizzazione - trasparente verrebbe da aggiungere - dovrebbe produrre meno costi, più concorrenza, tariffe più basse, servizi migliori e incassi per lo Stato. Bene, nulla di tutto questo è successo con la cessione di Alitalia alla Cai di Roberto Colaninno, per via del piano Fenice elaborato da Banca Intesa all´insegna dell´italianità. Anzi, è accaduto il contrario. Basta leggersi "Alitalia. Una privatizzazione italiana" (Donzelli), scritto a quattro mani da Roberto De Blasi, che per anni ha avuto ruoli di responsabilità nella compagnia, e dall´economista dell´Università La Sapienza di Roma, Claudio Gnesutta.
Vendere l´Alitalia ci è costato, eccome. E ci è costato di più venderla alla cordata italiana anziché al colosso francese di Air France. A conti fatti - secondo De Blasi e Gnesutta - il piano Fenice ha avuto un impatto sulle finanze pubbliche stimabile tra i 2,8 e i 4,4 miliardi in più rispetto a quello dei francesi guidati da Jean-Cyrill Spinetta. Praticamente mezza Finanziaria per quanto del tipo light, come quella appena approvata alla Camera. Lo Stato (cioè tutti noi) ci ha perso in quanto azionista ma anche in quanto creditore, avendo finanziato il noto "prestito ponte" e sottoscritto le obbligazioni. Il governo si è poi accollato i debiti della vecchia Alitalia non assorbiti da Cai, come quelli (circa 400 milioni) della compagnia privata AirOne.
L´elenco potrebbe continuare, pensando, per esempio, ai piccoli azionisti. Ma quella vendita ci è costata cara anche sul piano sociale. Perché c´è un punto che continua a lasciare perplessi. Scrivono De Blasi e Gnesutta: «Il problema del personale in Alitalia non è mai stato causato da remunerazioni troppo elevate, ma dalla bassa produttività. Nonostante ciò, il costo del lavoro è stato il primo affrontato da Cai. L´impatto occupazionale legato alla privatizzazione è stato superiore a quanto previsto dal piano Air France». Alla fine il numero degli assunti dalla nuova compagnia è stato di 12.600. Perché dei 20.700 dipendenti delle due compagnie nel 2008, 8.100 sono stati esclusi, contro i 5.420 previsti dal piano elaborato a Parigi. Costo sociale e anche costi finanziari per via dei generosi ammortizzatori sociali (fino a sette anni consecutivi) tagliati ad hoc.
Ma il decollo con un terzo della sua precedente forza lavoro significa anche un incremento di produttività per l´Alitalia? « dubbio», rispondono i due autori. «Tale dubbio si rafforza se si tiene conto che i livelli di utilizzo degli aeromobili previsti per nuova Alitalia sono superiori a quelli che gli stessi vettori low cost non riescono a raggiungere (7,5 voli giornalieri per velivolo contro i 6 che in media Ryanair riesce a effettuare)». questa la nuova Alitalia: un «nano robusto», come scrivono, senza i vecchi debiti e protetta dalle nuove leggi antitrust. Ora la privatizzazione è fatta, e il 2010 sarà decisivo. Aspettiamo.