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 2009  dicembre 17 Giovedì calendario

TRE PEZZI SULLA TREDICESIMA DI "REPUBBLICA"

1. IL SALVADANAIO DELL’IMPIEGATO di Francesco Merlo - vero che per Luigi Einaudi, - liberale, economista e miliardario – la tredicesima era «uno stipendio comico e immaginario». Ed è vero che per Italo Calvino era una malinconia, la buffa verità della crescita italiana, la fame d´aria del povero che si traveste da ricco, l´ovatta bianca imposta dal Capo del Personale al suo Marcovaldo : «Ehi, tu! Prova un po´ come stai con questa barba. Benissimo! Il Natale sei tu. Vieni di sopra, spicciati. Avrai un premio speciale...». E tuttavia la tredicesima è anche un diritto acquisito a cui gli italiani sono, giustamente, affezionatissimi, ed è, soprattutto, un carattere della nostra identità, come Sanremo, come la mamma, come il Papa e come la pizza. La tredicesima è l´arte di arrangiarsi e di allungare il brodo, di tirare il collo al troppo corto e di tagliare le gambe al troppo lungo, di beffare la povertà con le magie superstiziose del numero 13: «dodicesima + uno» la chiamava D´Annunzio. La tredicesima è «ebbrezza nazionale» scrisse Riccardo Bacchelli. il piccolo salvadanaio dell´impiegato, la finanza creativa applicata all´economia domestica.
Un trucco contabile che però funziona e, semel in anno, ci permette di insanire e di spendere in allegria perché «l´è minga Natal senza regal» e «a Natale senza soldi si sta male», e ancora «a Natale, grosso o piccino, su ogni tavola c´è un tacchino». Molto triste diventa il canto di Natale quando non c´è la tredicesima: «Ora veni Natali, nun tegnu danari, mi leggiu u giurnali, mi nni vaiu a cuccari». La tredicesima mensilità è una genialità italiana che non esiste come regola in Francia e Inghilterra, dove ci sono il bonus, il benefit e la gratifica ma non c´è il doppio salario per tutti, non c´è la paga raddoppiata a dicembre. E sarà pure una comica e amara mitologia nazionale, ma, di sicuro, non è un ammiccamento ai signori dell´industria e del consumismo, come ci ha fatto credere la critica marxista. Al contrario è una nevicata di democrazia sul Natale dell´Italia povera che senza quel 13 non sarebbe mai diventato la festa delle strenne. La Natività – la Madonna e il bambinello – molto più del Crocifisso è il simbolo della fede e della festa italiane, delle offerte dei re magi, del cielo che si apre al dono geografico della stella cometa, del bue e dell´asinello donati come impianto calorifero, la tredicesima sono i buoni propositi e le palle fosforescenti, la tredicesima sono le luci, i vestiti nuovi, i regali che fanno sempre bene. Davvero oggi non c´è nulla di più reazionario dello spacciare la povertà come benessere dell´anima, e denunziare il vizio del cachemire contro la virtù della lana grezza. La tredicesima, insomma, è la riposta italiana al tristissimo Babbo Natale marcusiano e austero, che non porta doni ma perdoni, come vorrebbero gli estremisti cattolici e come vorrebbero i seguaci del pensiero negativo, un po´ snob e un po´ fascisti. Nata nel 1937 ma cresciuta insieme alla contrattazione collettiva, la tredicesima è, ancora, uno dei più significativi lasciti dell´antica forza del nostro sindacato. Ed è ovviamente moneta aggiuntiva, la teoria di Fisher applicata al Natale, l´equazione degli scambi, vale a dire una maniera di affrontare tasse, imposte, bolli, mutui, assicurazioni... E infatti proprio adesso che siamo – ahinoi! di nuovo – tutti indebitati, lanciamo l´idea giustissima di detassarla, e già sogniamo la quattordicesima obbligatoria per tutti. Riattiviamo, insomma, l´italico genio aritmetico, che è la soluzione che si inventa nei casi disperati, è il "meglio che niente", è lo sberleffo alla miseria... La tredicesima sono "i nummeri" di Trilussa: «Conterò poco, è vero:/ – diceva l´Uno ar Zero – / ma tu che vali? Gnente: proprio gnente./ Sia nell´azione come ner pensiero/ rimani un coso vôto e inconcrudente./ Io, invece, se me metto a capofila / de cinque zeri tali e quali a te/ Lo sai quanto divento? Centomila».

2. TREDICESIMA, L’ETERNA SEDUZIONE DELLO STIPENDIO IN PIU’ di Chiara Saraceno - Parte integrante dello stipendio, eppure simbolicamente collocata a parte, in un tempo che non esiste - il tredicesimo mese - la tredicesima sembra avere un ruolo finanziario ibrido nel bilancio dei lavoratori dipendenti e delle loro famiglie.
Ci si conta, ovviamente, come parte integrante del salario. Ma la si considera anche come reddito in qualche misura a parte, che serve a coprire spese eccezionali: che si tratti di saldare i debiti o di comprarci i regali di Natale o di pagarsi un viaggio. Quasi fosse rimasta la "gratifica natalizia" dei primi anni Trenta del Novecento, quando era una elargizione discrezionale dei datori di lavoro, e non fosse diventata invece obbligatoria, dapprima per gli impiegati, poi, nel 1946, anche per gli operai dell´industria e infine dal 1960 per tutti i lavoratori dipendenti.
Ci si può chiedere perché, una volta trasformata in remunerazione obbligatoria, la tredicesima abbia continuato a rimanere tale, una anomalia tutta italiana, invece di essere spalmata sulle dodici mensilità. Anzi, in alcuni contratti di lavoro è stata introdotta una ulteriore mensilità "extra-temporale", la quattordicesima, aprendo una nuova diversificazione nel modo in cui calcolare il salario mensile e annuale.
Tredicesima e quattordicesima non complicano (come il TFR, per altro) solo la comparazione internazionale, dato che negli altri paesi il salario è calcolato su dodici mensilità. Rendono anche poco trasparenti i confronti sulle remunerazioni e lo stesso calcolo individuale sulla propria remunerazione. Dato che la tredicesima è calcolata sul salario mensile effettivo, contano i premi di produzione, gli straordinari, eccetera... Ma contano anche le differenze tra i diversi tipi di assenza da lavoro, ovvero se sono pagati oppure no. I permessi retribuiti non incidono negativamente sul salario reale su cui viene calcolata la tredicesima, a differenza di quanto avviene per i permessi e le assenze non retribuite, di qualsiasi genere.
Perciò il periodo di congedo parentale - a differenza di quello di maternità obbligatoria - non è conteggiato ai fini del calcolo della tredicesima, di conseguenza riducendone l´importo. Lo stesso vale per il permesso, non retribuito, per far fronte alla malattia di un bambino, analogamente ai giorni di sciopero e a differenza di un permesso sindacale. Anche per questa via i salari delle mamme alla fine sono più ridotti di quelli dei papà.
Queste regole, che differenziano i periodi che contano ai fini della tredicesima (e della quattordicesima dove c´è), insieme al fatto che essa viene pagata in un periodo del mese - il 19 di dicembre - diverso da quello in cui viene pagato lo stipendio, contribuiscono a rafforzare l´immagine della tredicesima come "gratifica" in qualche modo eccezionale, che va "meritata" mostrandosi fedeli sul lavoro.
Questa "eccezionalità" può persino indurre, come è avvenuto, ad avanzare la proposta di non tassarla, per aumentarne il valore. Senza rendersi conto (forse) che ciò aumenterebbe le differenze e disuguaglianze tra lavoratori che - a parità di importo delle dodicesime mensilità - possono contare su una base di calcolo della tredicesima differente. E ancora di più tra chi può contare sulla tredicesima in quanto lavoratore dipendente e chi invece, essendo un lavoratore a progetto anche se con un unico committente, viceversa riceve il proprio compenso senza distinzioni tra dodicesime e tredicesima mensilità.
Pagata a parte e in un periodo specifico dell´anno, oltre che come "gratifica eccezionale", ancorché attesa e dovuta, la tredicesima si presenta insieme come risparmio forzato e come dedicata a spese straordinarie. A differenza del risparmio individuale, che viene programmato e utilizzato secondo possibilità e scelte, appunto, individuali, la sua entità e utilizzabilità sono fuori dal controllo del singolo. E´ il datore di lavoro ad essere delegato a garantire che il risparmio avvenga e a renderlo disponibile solo in un particolare periodo dell´anno.
Si tratta quindi di un istituto salariale che ha forti tratti di paternalismo benevolo e che sottende una sfiducia nella capacità dei singoli lavoratori di risparmiare e spendere secondo i propri ritmi e necessità. Non mi risulta che esista in altri paesi.
Forse da noi si teme non tanto che i lavoratori siano incapaci di risparmiare, ma che, specie se con salari modesti, se non adeguatamente stimolati dall´arrivo di una somma extra tutta in una volta, non si lascerebbero attrarre dai luccichii natalizi. La tredicesima infatti serve non solo a chi la riceve direttamente. Anche il mercato si aspetta che sia denaro speso più liberamente, sotto lo stimolo del clima natalizio. E chi, essendo in ristrettezze economiche, deve pagarci le bollette, si lamenta di non poter utilizzare questa particolare parte del salario per consumi voluttuari, legati alle festività natalizie.
Dover destinare la tredicesima a pagare le bollette appare quasi più duro, più inaccettabile, che non avere un reddito sufficiente per poter rimanere decentemente a galla durante tutto l´anno, magari anche risparmiando un po´.

3. QUANDO C’ERA LA "GRATIFICA" di Lucio Villari - Non è facile attribuire l´introduzione della tredicesima in Italia esclusivamente allo spirito del Welfare che maturava negli anni Trenta nell´America di Roosevelt e nei paesi europei, quali la Francia e l´Inghilterra, dove l´ondata della crisi del ”29 aveva richiesto scelte sociali che proteggessero soprattutto quanti vivevano di salario e di stipendio. certo però che la decisione del governo fascista di introdurre per legge questo regalo di fine anno ai lavoratori voleva contrastare l´immagine negativa che era stata data fin dal 1931 dalla riduzione, dal tre fino al dieci per cento, dei salari industriali e agricoli e degli stipendi degli impiegati dello Stato per fronteggiare la crisi economica. La decisione del 1931 era stata agevolata da un certo controllo politico dei prezzi di prima necessità, ma la pressione degli imprenditori, che era iniziata molto prima, già nel 1927 al tempo della rivalutazione della lira, di sottrarre ai salari operai una parte della voce "caroviveri", era stata così forte, da allarmare quanti nel partito fascista e nel governo premevano per dare invece un senso più concreto alla parola d´ordine mussoliniana di "andare verso il popolo". La "tredicesima" celava in fondo un latente conflitto politico tra Stato e privati sul tema della "giusta mercede" (per usare una antica espressione della Rerum Novarum).
In realtà la "tredicesima" non era che la razionalizzazione e la modernizzazione di un meccanismo retributivo che da secoli o almeno dal tramonto dei rapporti sociali di produzione di tipo signorile e feudale, prevedeva il riconoscimento del valore del lavoro e dell´impegno del lavoratore, da parte del "padrone", fosse esso il proprietario terriero o il possessore dell´impresa industriale o lo Stato con i suoi impiegati e funzionari. Questo riconoscimento dell´impegno del lavoratore si traduceva in premi saltuari, e in contributi in denaro che avevano il nome di "gratifica".
Il termine era appropriato. Si trattava di una "cosa gradita" ed era un compenso aggiuntivo sia come riconoscimento di particolari meriti, sia - e questo non era meno significativo - come incentivo a produrre di più e meglio. In altre parole dai tempi settecenteschi della rivoluzione industriale a quelli ottocenteschi delle lotte operaie per gli aumenti salariali, in quasi tutti i paesi europei si erano introdotte forme di assistenza e di "completamento" dei salari e stipendi nominali per avvicinarli a quelli reali. Insomma il problema del tenore di vita e della possibilità che, con premi e gratifiche, si compensassero le difficoltà esistenziali dei lavoratori e si portassero lentamente le retribuzioni nel circuito dell´acquisto e del consumo di un numero sempre più crescente di prodotti.
In Italia, dopo l´Unità, emerse talvolta il problema di istituzionalizzare, sotto forma di leggi sociali e di protezione, la pratica delle gratifiche che avevano gli aspetti più di beneficenza (ad esempio alloggi, fornitura di legna, doni ai bambini) che di diritti. Ma si dovette attendere il clima più aperto del decennio giolittiano (vi furono dal 1908 in poi leggi di previdenza molto interessanti) perché si pensasse a forme di retribuzione "straordinarie" più sicure e garantite dalla legge.
Mentre preparava Il Capitale, Karl Marx aveva parlato della variabile dipendente costituita dal salario e della necessità che al "valore e al prezzo del lavoro" si riconoscesse una sorta di plusvalore sotto forma di tendenza verso l´alto dei salari. Tendenza ineluttabile quanto quella analoga del capitale. E, in realtà, la tredicesima contiene qualcosa di "marxiano": potrebbe infatti essere definita un piccolo plusvalore del lavoro compiuto.