Stefano Semeraro, La Stampa 17/12/2009, 17 dicembre 2009
LA GUERRA DEI WOODS - LEI TRADISCE TIGER CON LO SPONSOR NEMICO
Tigre contro Puma, dopo la lite in famiglia si rischiano le unghiate fra sponsor: è la saga più ricca e pacchiana dell’anno, la guerra dei Woods, che continua. Tiger, come è noto, ha fatto troppo spesso le fusa con le gattine e le gattone sparse nel mondo e sua moglie dopo averlo (letteralmente) bastonato, ora ha deciso di aggredirlo sul terreno più succoso, quello della pubblicità.
Secondo il sito Tmz, specializzato in gossip, Elin Nordegren, probabilmente non ancora a lungo Mrs Woods, starebbe infatti per accordarsi con la Puma, grande concorrente della Nike, il gigante americano che sponsorizza il marito, per diventare testimonial di uno dei marchi di proprietà della multinazionale tedesca, Tretorn.
Borse, palline da tennis, scarpe: dai graffi alle griffes, insomma. E una conferma indiretta che il divorzio ormai sarebbe solo questione di tempi e di avvocati.
«Elin ha deciso di lasciare Tiger», avrebbe dichiarato nei giorni scorsi alla rivista People una fonte molto vicina alla ex babysitter svedese, che nei giorni scorsi è stata paparazzata senza fede al dito. «Ci ha pensato e non c’è più nulla su cui riflettere: lui non cambierà mai». Chissà se ha fatto bene i conti.
Per ora le trattative fra la Nordegren e la Puma sono allo stadio di «discussioni interne», ma sarebbe interessante sapere quanti soldi la Puma è disposta a investire sull’appeal biondo (classe 1980, la stessa della maga del marketing sportivo Anna Kournikova) della moglie tradita, peraltro ex modella, sgambettando gli avversari di Portland sul piano della questione morale e sessista.
La Nike, che foraggia Tiger dal 1996, secondo gli analisti economici gli versa una cifra di poco superiore ai 25 milioni di dollari all’anno, e per il momento ha deciso di sostenerlo. La Gillette invece lo ha sospeso, mentre la Accenture (una società di consulenza finanziaria che gli allungava circa 120 milioni di dollari all’anno) lo ha scaricato al volo. Gli altri traccheggiano. Due giorni fa, a peggiorare la sua posizione, era arrivata anche l’indiscrezione del New York Times sugli incontri avuti da Woods con Anthony Galea, un medico sospettato di doping, al quale Mister Golf si sarebbe rivolto per recuperare in fretta la condizione dopo l’operazione al ginocchio dello scorso anno. Il Tigre dei fairways, infamato dalle amanti, abbandonato e attaccato dalla moglie, guardato con imbarazzo dagli sponsor, costretto ad un ritiro temporaneo dalle gare, sbertucciato persino da un videogioco che su internet lo ritrae mentre sgasa in macchina inseguito dalla coniuge armata di mazza, è finito nella gabbia, esposto al dileggio globalizzato. Occorrerà forse spolverare il titolo di un vecchio film con Jack Lemmon: «Salvate la Tigre».
Fortunatamente per lui il lato puramente sportivo della sua vita, o almeno l’eco che ne è rimasta, continua a dargli soddisfazioni. La Associated Press infatti ieri gli è venuta in soccorso nominandolo «miglior atleta del decennio», con 56 voti su 142, davanti ad un altro divo chiacchierato dello sport americano, il ciclista Lance Armstrong, al padrone del tennis Roger Federer, e con molte lunghezze di vantaggio su Michael Phelps, sul quarteback dei New England Patriots Tom Brady e su Usain Bolt (quattro voti appena). L’agenzia americana, fra l’altro, ha tenuto a precisare che molti dei voti a favore di Woods sono arrivati comunque dopo il 27 novembre, la data del (finto?) incidente stradale che ha scatenato la saga. Difficile, peraltro, non essere d’accordo sul fatto che il boom del golf degli ultimi due lustri debba molto ai record, ai 12 Slam vinti, al talento e al fascino plurietnico di Tiger. Il testimonial ideale, il primo sportivo capace di passare il miliardo di dollari di guadagni in carriera, più di 100 milioni ogni anno. E che ora rischia di finire sbranato negli spot dalla moglie.