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 2009  dicembre 14 Lunedì calendario

ENTI LOCALI, IL DEMANIO SOTTO L’ALBERO

Spiagge, porti, fiumi, laghi, isole, ma anche miniere, caserme, aeroporti regionali, poligoni, osservatori. E finanche «beni soggetti a vincolo storico, artistico e ambientale» (leggasi monumenti) a condizione che non siano di rilevanza nazionale. Ma soprattutto tanti terreni e fabbricati. Lo stato è pronto a disfarsi dell’ «enorme patrimonio immobiliare» in suo possesso per trasferirlo a regioni, province, comuni e città metropolitane. Nella speranza che sappiano valorizzarlo meglio e metterlo a frutto. Si chiama federalismo demaniale ed è la prima attuazione concreta della legge delega sul federalismo fiscale (n.42/2009) varata a maggio dal governo. Ma per gli enti locali (e soprattutto per i comuni che non hanno mai perdonato all’esecutivo il taglio dell’Ici prima casa) rappresenta molto di più: la possibilità di mettere mano su un patrimonio di svariati miliardi di euro che potrebbe portare un’iniezione di liquidità nelle loro disastrate casse. Che il provvedimento fosse nell’aria lo si sapeva e già circolavano le prime indiscrezioni sul contenuto (si veda ItaliaOggi del 17/11/2009). Tra cui, per esempio, la possibilità, accanto al trasferimento tout court della proprietà dei beni, di costituire fondi immobiliari per la gestione dei cespiti, attribuendone le quote agli enti locali. Ma il ministro della semplificazione Roberto Calderoli, ha voluto imprimere un’accelerazione al decreto e la settimana scorsa (si veda ItaliaOggi dell’11/12/2009), parlando all’assemblea dell’Upi, ha annunciato l’arrivo del dlgs che potrebbe essere portato sul tavolo dell’ultimo consiglio dei ministri dell’anno.
Per i comuni la gestione del demanio, oltre a rappresentare un’imperdibile occasione per fare cassa, costituirà anche una grossa responsabilità. Dovranno rendere conto, con aggiornamenti periodici sul sito internet, di come i beni sono gestiti. E se le risorse in bilancio non bastano potranno chiedere un aiuto ai cittadini, istituendo un’imposta di scopo che però andrà restituita se il piano di valorizzazione del bene non verrà iniziato entro due anni dal progetto o ultimato nei cinque anni successivi. L’imposta dovrà essere restituita anche se l’immobile demaniale trasferito, e messo a frutto grazie all’aiuto dei contribuenti, produrrà reddito.
Insomma, almeno all’inizio, il compito degli enti locali non si annuncia facile. E proprio per questo la bozza di dlgs prevede che il trasferimento dei beni avvenga solo su richiesta delle amministrazioni. Secondo questa procedura. I cespiti da alienare (a titolo non oneroso) saranno individuati con dpcm su proposta del ministro dell’economia (di concerto con la Semplificazione e gli Affari regionali). Le regioni e gli enti locali interessati avranno trenta giorni di tempo per presentare domanda all’Agenzia del demanio. E sulla base delle richieste pervenute verrà predisposto un ulteriore dpcm che costituirà il titolo giuridicamente rilevante per la trascrizione dei beni e la voltura catastale.
Non potranno essere trasferiti solo gli immobili «in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali o governative» dalle amministrazioni dello stato, i porti e gli aeroporti di rilevanza nazionale e internazionale e i beni dichiarati patrimonio culturale nazionale. Sarà l’Agenzia del demanio a individuare (e in tempi stretti perché dovrà farlo entro 15 giorni dall’entrata in vigore del dlgs) i beni che resteranno in mano allo stato. Tutto il resto potrà passare dal centro alla periferia. E dunque tutti i beni appartenenti al demanio marittimo (che andrà alle regioni), tutti i beni del demanio idrico (che sarà trasferito alle province), tutti gli aeroporti di interesse regionale con le relative pertinenze, le miniere, i beni soggetti a vincolo che non abbiano rilevanza nazionale e tutti i beni del demanio militare (caserme, poligoni, osservatori e ogni altro immobile in uso al ministero della difesa).
Come detto, oltre al trasferimento diretto, i beni demaniali potranno confluire in fondi immobiliari le cui quote saranno attribuite agli enti locali. Una soluzione preferita dalle autonomie (Anci in primis) perché farebbe affluire subito risorse nei bilanci dei sindaci. Le quote dei fondi potranno essere sottoscritte anche da privati (persone fisiche o società) con versamenti in denaro o apporto di ulteriori beni immobili.