Corriere della Sera, 16/12/2009, 16 dicembre 2009
Lettere a Sergio Romano - PERCH VIENE DATO A OSLO IL NOBEL DELLA PACE - Le chiedo un chiarimento, che penso interessi tanti altri lettori
Lettere a Sergio Romano - PERCH VIENE DATO A OSLO IL NOBEL DELLA PACE - Le chiedo un chiarimento, che penso interessi tanti altri lettori. Il signor Nobel era svedese, la fondazione del premio è svedese, svedese è pure la banca che ha aggiunto agli altri nel 1968 il premio per l’economia. Come mai è a Oslo, alla presenza di regnanti ed autorità norvegesi , che vengono assegnati i premi Nobel? Che c’entra la Norvegia? Domenico Bruno dom.bruno@alice.it Caro Bruno, Alfred Nobel fece testamento a Parigi il 17 novembre 1895. La prima parte contiene un lungo elenco di familiari, amici, collaboratori e domestici a cui l’inventore della dinamite volle lasciare un dono in denaro o un vitalizio in segno di riconoscenza per l’affetto e la devozione di cui gli avevano dato prova nel corso della sua vita. La parte centrale del testamento indica con precisione come dovrà essere impiegato, dopo la sua morte, il resto della sua colossale fortuna. Gli esecutori testamentari avrebbero dovuto investire il denaro in titoli di credito affidabili e depositare gli utili in un fondo da cui sarebbero state tratte ogni anno le somme destinate a premiare coloro che avessero maggiormente giovato all’umanità con le loro opere e invenzioni. I premi sarebbero stati cinque. I primi quattro sarebbero stati riservati a fisica, chimica, fisiologia o medicina e letteratura; il quinto «alla persona che si sarà maggiormente adoperata per la fratellanza tra le nazioni, per l’abolizione o la riduzione delle forze armate permanenti, per la organizzazione e promozione di congressi per la pace». I premi di chimica e fisica sarebbero stati assegnati dall’Accademia svedese delle scienze, quello per la medicina o la fisiologia dall’Istituto Carolino di Stoccolma, quello per la letteratura dall’Accademia di Stoccolma e quello per la pace, infine, da un «comitato di cinque persone elette dallo Storting norvegese», vale a dire dal Parlamento di Oslo. Nobel non dovette spiegare le ragioni di quest’ultima decisione perché la sua scelta, nel contesto politico di quegli anni, era perfettamente comprensibile. La Norvegia era allora, per Stoccolma, una specie di sorellastra. Aveva fatto parte del regno di Danimarca fino al 1814 ed era passata alla Svezia, come compensazione, quando quest’ultima, dopo le guerre napoleoniche, dovette dare la Finlandia alla Russia. La nuova provincia godette subito di una grande autonomia. Ebbe una costituzione e un parlamento, si proclamò libera e indipendente, ma accettò la corona del re di Svezia. Coltivò le proprie tradizioni, formò un partito nazionale, promosse lo studio della propria lingua e della propria cultura, fu teatro di una grande fioritura artistica e letteraria grazie a uno straordinario pittore, Edvard Munch, e a due grandi commediografi della fine dell’Ottocento: Henrik Ibsen e Bjørnstjerne Bjørnson. Questa era dunque la Norvegia negli anni in cui Nobel decise di associarla al suo progetto scientifico, letterario e umanitario. Nel 1905, nove anni dopo la morte del creatore del premio, il Parlamento di Oslo dichiarò sciolta l’unione con la Svezia e chiamò al trono norvegese il principe Carlo di Danimarca. Nacque così una delle più giovani monarchie europee, ma i norvegesi vollero che sembrasse vecchia e dettero al loro nuovo re il nome di Haakon VII in memoria dei loro primi re cristiani nell’alto Medio Evo.