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 2009  dicembre 16 Mercoledì calendario

L’occhio che spia nelle cellule - Cinquant’anni fa, il 29 dicembre 1959, all’Amercan Physical Society del Caltech, il California Institute of Technology, il visionario fisico Richard Feynman regalò agli studenti la sua più preziosa allucinazione: «C’è un mondo immenso, più in basso, un mondo dove la forza di gravità non si avverte e altre forze, come la repulsione elettrostatica, prevalgono su tutte»

L’occhio che spia nelle cellule - Cinquant’anni fa, il 29 dicembre 1959, all’Amercan Physical Society del Caltech, il California Institute of Technology, il visionario fisico Richard Feynman regalò agli studenti la sua più preziosa allucinazione: «C’è un mondo immenso, più in basso, un mondo dove la forza di gravità non si avverte e altre forze, come la repulsione elettrostatica, prevalgono su tutte». La lezione si chiamava «There’s plenty of room at the bottom» - c’è un sacco di spazio là sotto - e introduceva per la prima volta nella storia della scienza il concetto di nanotecnologia, la possibilità di vedere e manipolare la materia su scala atomica: «Per quanto ne so, i principi della fisica non impediscono di manipolare le cose atomo per atomo - esclamò quella mattina Feynman - e per questo lancio la scommessa che entro il secolo qualcuno realizzerà tecnologie per navigare tra un atomo e l’altro». Ha sbagliato solo di un decennio. Mezzo secolo dopo quell’intuizione siamo finalmente penetrati nel nano-mondo: un team di ricercatori italiani ha realizzato un microscopio che riesce a distinguere i margini e la composizione della materia a una risoluzione di appena 7 nanometri, cioè 7 miliardesimi di metro. « il record assoluto a tutt’oggi, dato che il limite di risoluzione si fermava a 14 nanometri». Lo annuncia Marco Lazzarino, dal Laboratorio Tasc di Trieste dell’Istituto nazionale di fisica della materia del Cnr. Il «microscopio a scansione di sonda» di ultima generazione, evoluzione di quelli a scansione per effetto tunnel (Stm), è stata resa nota su «Nature Nanotechnology» e realizzata con le Università di Pavia e di Catanzaro, il Centro di biomedicina di Trieste e l’Istituto italiano di tecnologia di Genova. Il nano-mondo al microscopio è proprio come lo immaginava Feynman: chi vuole entrarci con l’immaginazione deve pensare a un luogo in cui si «vedono» gli odori, le formiche sono in proporzione come le Alpi e un appartamento apparirebbe come Giove, il pianeta più grande del Sistema Solare. «La tecnologia del nuovo microscopio - spiega Lazzarino - impiega una sonda che, come la punta di un giradischi, passa sulla superficie di un campione, leggendone le infinitesimali flessioni. Poi un’antenna trasforma i dati in informazioni sulla composizione chimica e sulla struttura tridimensionale». E qui finiscono le metafore, perché la fantascienza diventa scienza d’altissimo livello: «La sonda è un cristallo fotonico ed è legata a una guida d’onda plasmonica, un complesso che permette alla luce visibile, formata da fotoni, di rallentare e confinarsi in uno spazio di pochi nanometri». Così, congelata, la luce rallenta fino quasi a fermarsi, e la sua intensità aumenta esponenzialmente, rivelando informazioni altrimenti invisibili. «Il limite della risoluzione di un microscopio ottico è imposto dalla stessa luce visibile, che ha un ”range” d’ampiezza, in lunghezza d’onda, tra 400 e 800 nanometri». Quindi oggetti più piccoli di questo «range» sono proibiti all’occhio umano anche attraverso i microscopi a lenti. Un limite superato dai Nobel per la fisica 1986 Ernst Ruska, Gerd Binnig e Heinrich Rohrer, che nell’82 inventarono il microscopio a scansione per effetto tunnel, il cui potere visivo era ristretto però solo a oggetti metallici, poiché si basava sull’analisi della corrente di elettroni. Le successive evoluzioni della microscopia nanoscopica hanno permesso una risoluzione sempre maggiore, fino a 14 nanometri. Oltre tale limite non era concesso di sapere nulla, oltre alla forma degli oggetti. Nulla, per esempio, sulla composizione chimica. E proprio qui sta l’innovazione del team italiano. Le applicazioni più prossime - secondo il team - sono nella diagnostica e «nell’individuazione di molecole rilasciate nel sangue dai tumori: così si potranno capire i meccanismi attraverso i quali le cellule cancerose si replicano». Chiarisce Lazzarino, infatti, che «solo con questa tecnologia è possibile penetrare tridimensionalmente nelle caratteristiche strutturali e chimiche dei più piccoli componenti della vita, dalle proteine al Dna, ma soprattutto andare alla ricerca di ciò che ancora non sappiamo esista. La nuova famiglia di strumenti - conclude - è destinata a migliorarsi, fino all’ambizioso traguardo di isolare nuove componenti nel mare delle biomolecole che formano la materia vivente». Abbiamo visto l’«ignoto spazio profondo», siamo andati indietro nel tempo per scorgere corpi celesti ed embrioni di galassie lontane 15 miliardi di anni. Ma ci abbiamo messo meno che a ingrandire quel che da sempre abbiamo sotto il naso: il nanomondo, dove fluttuano gli atomi e vibrano i legami tra le particelle. «La messa a punto di questa generazione di microscopi - annuncia Lazzarino - consentirà non solo di vedere, ma anche di manipolare la materia». Feynman l’aveva pronosticato e la realtà rende fede alla sua visione. Quello su cui invece Feynman non si è mai pronunciato sono le conseguenze di un mondo in cui prolifereranno le nanotecnologie e le macchine invisibili più piccole dei virus: sono loro, che in alcuni scenari inquietanti, dilagheranno silenziosamente in ogni ambiente e anche dentro di noi. Con conseguenze che nessuno riesce ancora davvero a prevedere.