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 2009  dicembre 15 Martedì calendario

VECCHIO ROCK PER FAN BAMBINI

Non chiedetemi come sia successo, ma Gianni, mio figlio di dieci anni, è un fan dei Deep Purple. Non aveva mai assistito a un concerto e quando ha saputo che i Deep Purple ne avrebbero fatto uno a Roma mi ha chiesto di portarcelo. In realtà non potevo dire di no, poiché si trattava di mantenere una promessa - per l´appunto di portarlo a vedere i Deep Purple se fossero mai venuti in Italia - fatta in un momento in cui evidentemente stavo sottovalutando un sacco di cose: i Deep Purple, innanzitutto, dei quali avevo perso le tracce e che per quanto ne sapevo potevano essere tutti morti, ricoverati in clinica o sciolti per sempre in una nuvola di cause giudiziarie; la solidità della passione di mio figlio per questo pezzo di storia del rock; e infine la capacità di accedere anche lui, a dieci anni, al flusso d´informazioni circa gli eventi organizzati dal cosiddetto show business.
Insomma, ho comprato i biglietti e mi sono messo già che c´ero a risentire i loro dischi - una fottuta macchina del tempo, che mi ha riportato a quando avevo pochi anni in più di mio figlio. Machine Head. Who do we think we are. Made in Japan. I riff alla chitarra di Ritchie Blackmore. Gli urli satanici di Ian Gillan. Le rullate prodigiose di Ian Paice. E mi sono accorto che mi piacciono ancora parecchio. E mi sono ricordato che se a quel tempo avessi potuto assistere a un loro concerto sarei stato il ragazzino più felice della terra. E mi sono reso conto che se c´era una cosa davvero certa, a quel tempo, era il fatto che nessun padre avrebbe mai portato il proprio figliolo a un concerto rock.
Perciò, mentre mi tiro dietro Gianni nel piazzale del Palalottomatica, con il nostro hot dog e la nostra Coca-Cola in mano, in questo freddo e trafficatissimo sabato sera prenatalizio, il dubbio di avere un tantino esagerato ce l´ho. Insomma, va bene trattare i propri figli come adulti, va bene mantenere le promesse, va bene tutto, ma forse sto sbagliando a portarlo davvero al concerto dei Deep Purple. un bambino, dopotutto. Smoke on the water è abituato a sentirla al computer, controllando lui il volume delle casse. Tra l´altro, più tardi scoprirò che sua madre ha protettivamente cercato fino all´ultimo di dissuaderlo, prefigurandogli scenari apocalittici di paura, noia mortale, sfondamento di timpani, grandine e muffa - ma lui ha tenuto duro. Sicché lo osservo, cercando di scoprire sul suo volto se sto facendo una cazzata, e però Gianni sembra veramente come sarei stato io, al suo posto, trentasei-trentasette anni fa: eccitato, impressionato e felice. Al diavolo, penso. Ha dieci anni. Sa il fatto suo. E se i Deep Purple sono il suo gruppo preferito c´è solo da fargli tanto di cappello - comunque sia andata che lo sono diventato.
Entrando, del resto, comincio a notare che non sono l´unico pazzo, e Gianni l´unico bambino dai gusti musicali deformi, perché ci sono parecchi altri bambini, e adolescenti, e famiglie intere. Non sembra proprio di stare entrando a un concerto di hard rock, no: sembra piuttosto di essere all´ingresso di una multisala dove danno i cinepanettoni di Natale. Ed è fantastica, penso, questa cosa; la sapevo già, la sapevano tutti, ormai, ma questo concerto ne sarà per me un indelebile suggello emozionale: il rock, alla fine, arrivato per dividere i padri dai figli, oggi li unisce più di qualsiasi altra cosa. I nostri ragazzi ascoltano veramente la stessa musica che ascoltavamo noi, e lo fanno per scelta, non perché li abbiamo colonizzati. Mio nipote di quindici anni è appena entrato in fissa con i Pink Floyd. Mio figlio grande si è appena comprato il biglietto per il concerto degli U2 di ottobre. Quello di mezzo è un cultore dei Beatles. A nessuno di loro è stato detto cosa fare, l´hanno deciso da soli. Anzi, come dimostra la mia presenza a questo concerto, semmai sono loro che ci stanno riportando alle nostre passioni giovanili - una specie di controcolonizzazione di ritorno.
Insomma, sotto la volta in cemento armato del palazzetto, rivestita da un enorme fiore di velluto color porpora che la renderà un po´ meno antiacustica, si aspetta quasi mezzora che il concerto cominci - e nell´attesa mi accorgo che la mia impazienza e quella di Gianni sono una cosa sola. Poi, di colpo, le luci si spengono e parte Highway star. Due maxi schermi ai lati del palco espandono le figure sparse sul palco in impietosi primi piani di persone lampantemente anziane, ma via via che il concerto va avanti mi accorgo che la vecchiaia di questi satanassi non è un loro limite, bensì un valore aggiunto. Oh, sono i Deep Purple. Insieme agli Zeppelin sono l´origine del rock duro. Son vecchi sì. Il più giovane è Steve Morse, colui che ha sostituito Blackmore dopo l´ultimo scazzo con Gillan a Helsinki nel ´94 - e anche se sembra mio figlio ha cinque anni più di me: gli altri sono tutti nati negli anni 40, hanno i capelli bianchi, rughe profondissime, e Gianni li percepisce più come nonni che come padri. Dei nonni fantastici, come mi dirà poi - vecchi sì, ma saggi e scatenati e bravissimi. Quello che lui personalmente preferisce è Roger Glover (1945), il bassista.
Li fanno quasi tutti, i loro hit, prima di arrivare all´apoteosi di Smoke on the water, che accende tutti i telefonini e tutte le videocamere portatili perché ascoltarla solamente, senza portarsene a casa un pezzetto non basta a nessuno. E quando usciamo, di nuovo immersi in un flusso di famiglie da centro commerciale, Gianni mi confessa che il concerto gli è piaciuto tantissimo, tantissimo. L´unico rimpianto che ha, dice, è che non abbiano fatto Rat Bat Blue, nemmeno nel bis. E posso dirvi una cosa? anche l´unico rimpianto che ho io.