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 2009  dicembre 15 Martedì calendario

Cate Blanchett vince la sfida di Broadway «Nuovo mito a teatro» - Eroina di «Un tram chiamato desiderio» - Sono passati più di 60 anni da quando Un tram chiama­to Desiderio del grande drammatur­go statunitense Tennessee Williams debuttò a Broadway il 3 dicembre 1947 per la regia di Elia Kazan, con Marlon Brando nel ruolo di Stanley Kowalski e Jessica Tandy in quello di Blanche DuBois

Cate Blanchett vince la sfida di Broadway «Nuovo mito a teatro» - Eroina di «Un tram chiamato desiderio» - Sono passati più di 60 anni da quando Un tram chiama­to Desiderio del grande drammatur­go statunitense Tennessee Williams debuttò a Broadway il 3 dicembre 1947 per la regia di Elia Kazan, con Marlon Brando nel ruolo di Stanley Kowalski e Jessica Tandy in quello di Blanche DuBois. Da allora la parte della fra­gile protagonista – la southern belle , archeti­po della giovane don­na ricca e bianca del vecchio Sud – è stato interpretato da alcune delle più talentuose star hollywoodiane, tra cui Vivien Leigh (Oscar per l’omonimo film diretto da Kazan nel 1951), Jessica Lan­ge, Natasha Richard­son e Glenn Close. Eppure nessun revival di questo esploratissimo capolavoro ha gene­rato tanto clamore quanto l’allesti­mento diretto dalla musa di Ingmar Bergman, Liv Ullmann, presso il tem­pio dell’avanguardia newyorchese Bam, con Cate Blanchett nel ruolo di Blanche. Prodotto dalla Sydney The­atre Company, di cui la Blanchett e il marito Andrew Upton sono direttori artistici, lo show – tutto esaurito già prima del debutto – resterà in cartellone fino al 20 dicembre. Alla ressa scatenatasi tra i newyor­chesi per acquistare i biglietti sono seguite le trionfali recensioni dei cri­tici teatrali, sia americani che ingle­si, unanimi nell’elogiare star e regi­sta. «Nelle loro mani questo classico diventa nuovo di zecca», esulta Ben Brantley sul New York Times . «E’ co­me ascoltare le parole di un testo che credevi di conoscere già a me­moria, venire pronunciate corretta­mente per la prima volta». Ambientato nella New Orleans de­gli Anni 40, il dramma inizia con l’ar­rivo non annunciato di Blanche, ve­dova impoverita e sessualmente re­pressa, nell’angusto appartamento che sua sorella Stella (Robin McLea­vy) divide col marito Stanley Kowal­ski (Joel Edgerton), un rude polacco dai modi burberi giunto a New Orle­ans da qualche anno. Stanley è un uomo di grande forza, travolto da una passione carnale per la moglie Stella. Di lì a poco Blanche, donna dai molti lati oscuri che pian piano andrà svelando, va ad abitare con lo­ro e cerca di farsi sposare da un ma­turo corteggiatore. Ma il suo ambi­guo rapporto di seduzione col rozzo cognato si chiude con uno stupro, fa­cendola scivolare nella follia. Alla fi­ne Blanche viene ricoverata in mani­comio, mentre la coppia, la cui pace famigliare sembra allietata dalla na­scita di un bambino, sembra arriva­re ad un punto di rottura per l’inca­pacità di Stella di accettare il desti­no della sorella, il cui crollo è dovu­to in larga parte alle forti pressioni esercitate su di lei da Stanley. Sul palcoscenico la disperazione e la solitudine dei personaggi vengo­no accentuate dalle scenografie scar­ne e minimaliste di Ralph Myers – interni soffocanti, muri scrostati e lampade nude – in contrasto con la decennale tradizione di ambientare il dramma tra le stradine chiassose della capitale del jazz. Una scelta che ha spinto i critici a paragonare lo show ad un quadro di Edward Hopper. Come le eroine di Hopper, la Blanchett appare durante le oltre tre ore dello spettacolo pallida e spiritata, quasi un fantasma tra i vi­vi. Se la Blanche di Vivien Leigh era una fragile seduttrice e quel­la di Jessica Lange una instabile sexy, nell’interpretazione della Blanchett l’eroina alcolista non esita a mettere in mostra l’oppor­tunismo e l’ostilità che si nascon­dono sotto la sua apparente affabi­lità. Una performance complessa e sfaccettata: anche se sembra co­stantemente sull’orlo di una cri­si di nervi, la sua Blanche alla fine riesce sempre a trovare la forza per andare avanti in un mondo ostile che la respinge. Ma mentre nell’allestimento originale del 1947 il protagoni­sta indiscusso era Marlon Brando, la parte del leone qui spetta alla star australiana. «Ha riportato Blanche al cen­tro del dramma, com’era nel­l’opera di Tennessee Wil­liams », esulta il Washington Post. «E’ riuscita a farci dimen­ticare persino Vivien Leigh» scrive il New York Times. «Anche il suo fan­tasma è finalmente esorcizzato». Sorprende molti che ad operare «il miracolo» sul classico americano siano state un’ex diva norvegese e un’australiana. Nella sua opera Wil­liams descrive Blanche come «una falena». Ma dal primo istante e fino alla standing ovation finale, Blan­che è molto di più: «Una farfalla not­turna – teorizza il Los Angeles Ti­mes – ma con le ali d’acciaio». Non mancano però i detrattori. Un recente articolo del New York Ti­mes denuncia il forte risentimento degli attori di Broadway nei confron­ti delle star di Hollywood, tra cui Carrie Fisher, Hugh Hackman, Jude Law, Catherine Zeta-Jones, Angela Lansbury, Denzel Washington e Ca­te Blanchett, ree di aver «monopoliz­zato l’ultima stagione teatrale newyorchese » .