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 2009  dicembre 15 Martedì calendario

Lettere a Sergio Romano - I GIUDIZI DI PRIMO GRADO CAMBIATI DALL’APPELLO - Tra le tante chiacchiere sulla riforma della giustizia non si è mai sentito parlare di rivedere l’iter processuale

Lettere a Sergio Romano - I GIUDIZI DI PRIMO GRADO CAMBIATI DALL’APPELLO - Tra le tante chiacchiere sulla riforma della giustizia non si è mai sentito parlare di rivedere l’iter processuale. Ad esempio, non ho i numeri reali ma credo che una grandissima percentuale delle sentenze emesse in primo grado vengano poi smentite in secondo grado e/o in cassazione. Come è possibile ciò? Mi sembra evidente che qualche cosa non funzioni! Tra le tante riforme sarebbe astruso pensare di introdurre una norma che sollevi il giudice dall’incarico dopo che è stato smentito tre volte? Anche seguendo i processi in corso, per i fatti di Perugia e di Garlasco, solo per fare un esempio, ci si fa l’idea che qualche cosa non giri per il verso giusto; si ha la sensazione che si giunga ai processi senza prove concrete, solo con indizi facilmente confutabili da altri indizi portati dalle controparti e dai loro periti. Per carità, mai come in questi casi è meglio cambiare opinione che sostenere una tesi rivelatasi errata, ma la domanda spontanea che sorge è: se anche l’altro perito avesse preso una cantonata? difficile comunque attendersi qualche novità di sostanza per i cittadini, quando oggi, alla fine del 2009, siamo ancora all’ennesima riapertura dei fatti di piazza Fontana o della scomparsa della Orlandi, solo per fare degli esempi. Giuliano Sassa , Milano Caro Sassa, Anch’io non ho dati stati­stici, ma credo che lei ab­bia messo in evidenza uno dei maggiori problemi della giustizia italiana: la frequente differenza fra le sentenze di pri­mo e secondo grado. Dovremmo essere felici che un verdetto pos­sa essere corretto. Ma il tempo necessario ai tre gradi di giudi­zio e il numero delle sentenze contrastanti creano perplessità e sfiducia. Per di più ciò accade in un Paese dove i magistrati si compiacciono spesso di procla­marsi «bocca delle legge» e tutti invocano la certezza del diritto. Di quale certezza è possibile par­lare se accade così frequente­mente che il giudice d’appello contraddica quello di prima istanza? Credo che questo fenomeno sia dovuto in buona parte all’esi­stenza di una carriera unica della quale fanno parte sia i magistra­ti inquirenti sia i magistrati giu­dicanti. Come ha ricordato un procuratore di Venezia, Carlo Nordio, parlando recentemente al Corriere , il magistrato italiano «è un Giano bifronte. Da una par­te è un magistrato, che appartie­ne allo stesso ordine dei giudi­canti, con le relative garanzie di indipendenza. Dall’altro è il ca­po della polizia giudiziaria e quindi è il referente delle indagi­ni che materialmente vengono svolte dalla polizia o dai carabi­nieri ». Come «front desk» delle indagini, secondo l’espressione usata da Nordio, il procuratore deve informare la pubblica opi­nione e cede spesso, nel farlo, al­la naturale tentazione di patroci­nare pubblicamente la propria versione dei fatti. Il processo quindi diventa il suo pargolo, la sua creatura, il punto d’onore della sua carriera. un fenome­no di cui siamo stati testimoni a Milano, a Palermo, a Perugia, so­prattutto nei casi che hanno su­scitato maggiormente l’attenzio­ne del Paese. Esiste quindi un le­game molto stretto fra la pubbli­ca risonanza di un processo e l’umano desiderio di vittoria che anima molti procuratori. Se que­sti appartenessero a una carriera separata sarebbe più facile, per il giudice, essere «terzo». Ma giudi­ce e procuratore appartengono alla stessa carriera e sono en­trambi membri della stessa orga­nizzazione sindacale (l’Associa­zione nazionale magistrati) o ad­dirittura di una delle tante fami­glie ideologiche che si sono costi­tuite in seno all’Anm. Nel giudi­zio d’appello esiste invece, fra il giudice e l’impostazione origina­ria del processo, una maggiore e più salutare distanza. Sarebbe possibile, come lei suggerisce, punire il magistrato che viene smentito tre volte? Credo che il giudizio sul giudice sarebbe diffi­cile e molto spesso opinabile. meglio separare le carriere.