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 2009  dicembre 15 Martedì calendario

Tartaglia, le scommesse al bar e i regalini a mamma. Una vita in 150 passi - Questa volta Massimi­no è andato via di casa, chissà se e quando tornerà

Tartaglia, le scommesse al bar e i regalini a mamma. Una vita in 150 passi - Questa volta Massimi­no è andato via di casa, chissà se e quando tornerà. Lo ripeteva, alla mam­ma Donata, in quei cinque minuti al giorno di crisi e di sfuriate, che finiva­no in pianti e parolacce: «Io voglio una vita mia». Non gli bastavano più la ca­meretta (quadretti con dipinti fiori sui balconi e libreria con riviste di moto­ri), gli amichetti del fine-settimana (co­etanei e una pizzetta in compagnia), il solito viaggetto del mattino (alle 7.30 centocinquanta passi da casa al bar Principe per le sigarette e novantacin­que passi dal bar all’edicola per il gior­nale). Non bastavano più, a Massimo Massimino Tartaglia, i 42 anni ancora scanditi dai diminutivi. «Oddio, ci mancava anche questa» diceva, domenica sera, papà Alessan­dro ai parenti che chiedevano. «Non trova la ragazza giusta» raccontava la mamma alle vicine che domandavano perché mai il figlio non s’accasasse, a differenza del fratello Maurizio, «più giovane, e già con una convivente e un appartamento, in un altro paese» dice la zia Rosa. Sorella della madre e cate­chista della vicina parrocchia, zia Rosa vedeva Massimino una volta alla setti­mana, e naturalmente alle feste: «A Na­tale mi portava il panettone». una «persona brava, brava, brava», dice. Massimo Tartaglia ha studiato al­­l’Itis, l’istituto tecnico, nella vicina Cor­sico, non lontana dalla fabbrica, che produce apparecchiature elettriche, di proprietà del papà e con lui come so­cio, anche se di fatto non andava oltre le raccomandate in posta. All’Itis, il pro­fessore Santi Raimondo l’ha avuto co­me studente: «Nei primi due anni anda­va bene, era appassionato di informati­ca ». L’ultimo anno, «quello della matu­rità », ricorda la zia Rosa, «è iniziata la malattia. Una crisi d’identità. Disturbi. I genitori l’hanno portato subito da uno psichiatra, privato. Dopo dieci an­ni, quando bisognava ridurre le spese, c’era il mutuo, Massimo è passato a una struttura pubblica». Da qualche tempo, finito il mutuo del trilocale, «era tornato sotto privati». In particola­re la dottoressa Lidia Miele, che inse­guita al cellulare fa rispondere alla fi­glia: «Sta visitando, comunque non ha nulla da dire». All’Itis Massimino prese il diploma. Si iscrisse al Politecnico, qualche mese appena e il ritiro. C’era la fabbrica di pa­pà, c’era un salvagente, c’era un posto protetto. Siamo nel 1986. Massimino si mette lì buono buono, tanto ha in testa altro. un inventore. E nel ”95 eccolo intervistato da quotidiani e riviste: è tra i giovani protagonisti alla Fiera cam­pionaria, ha creato i music picture (quadri che se stimolati dalla musica cambiano colore), espone, adesso gli fanno i complimenti, su, sorridi, è un bel giorno, è il tuo giorno. Poteva cambiare il mondo di Massi­mo Tartaglia, l’anno 1995? «Non aveva in mente soltanto le invenzioni» dice zia Rosa, timida quando confessa al ci­tofono: «Mio marito è uscito. Posso parlarle liberamente. Ha avuto da poco un infarto. Meglio non discutere di que­ste cose». Invenzioni a parte, si scopre che Massimino aveva il vizietto delle scommesse delle partite di calcio. A puntare andava sempre al bar Principe, puntava e ripuntava e intanto intavola­va con la proprietaria, così ricorda lei, «grandi litigate su Berlusconi. Io ero a favore. Lui contro. Moltissimo con­tro » . Nel bar ci sono una targhetta vicino alla cassa con scritto «vincere e vincere­mo » firmata Benito Mussolini e una zingarella con il figlioletto di due mesi inseguita dalle sorridenti ramanzine della proprietaria: «Eri qui anche ieri! E l’altroieri! E il giorno prima!». Dopo il bar e prima dell’edicola, c’è la fermata delle autolinee 321 e 322, che portano a Milano. Uno straniero fi­schia a una ragazzina uscita di scuola inchiodata alla pensilina, tre ragazzini italiani fanno a gara di sputi, all’angolo c’è un hotel con riproduzioni di guer­rieri romani nel cortile e parcheggio per i clienti con sovrapprezzo di 15 eu­ro. Fuori dall’hotel, tre strade con par­cheggio libero. Cesano Boscone, 24 mila abitanti con molti immigrati (italiani e stra­nieri), confina con la periferia sudo­vest di Milano. Distributori di benzi­na, più aree industriali che parchi, case popolari, parecchi locali, dico­no, in mano alla criminalità orga­nizzata. Le autolinee portano pro­prio alla periferia di Milano, Massi­mino era diventato passeggero fis­so: gli avevano portato via la pa­tente (finiti i punti), e non l’aveva presa bene. E a Milano, era solito girare alla ricerca di oggettini, co­me la statuetta del Duomo, og­gettini che «donava alla mamma» per far pace. Domenica si è trovato dalle parti di Berlusconi. «Non ci ho visto più – ha confessato – e a quel punto mi è venuto l’istinto di colpirlo con tut­ta la mia forza». Zia Rosa fa capire che forse era stato sbagliato il dosaggio dei farmaci, o troppo pochi o troppi e ba­sta. A Cesano Boscone, guidato dal cen­trosinistra, la sinistra non ha mai visto in sede o nei circolini di quartiere alcun Tartaglia. Né il padre, che ha confessato le simpatie per il Pd, né il figlio. Alle ul­time primarie del Partito democratico entrambi non si sono presentati. Ieri pa­pà Su MySpace Alessandro è andato in carcere. Si è fatto accompagnare da un maresciallo dei carabinieri. La mamma si è rintana­ta nell’appartamento della vicina di bal­latoio. Una signora è venuta a trovare la madre che vive al piano di sopra, il ter­zo e ultimo della palazzina, ben tenuto, pulito. Racconta, la signora, che i Tarta­glia e i vicini sono «molto uniti, a ogni riunione di condominio riescono a fare approvare tutto quello che vogliono».