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 2009  dicembre 14 Lunedì calendario

ISABELLE E L’ORCO RéGIS. LA FRANCIA SOTTO CHOC


Parte da un libro, la storia di Isabelle. Si chiama «Service volé», un amaro gioco di parole che ricorda, con i gesti classici del tennis che non c’è più, un servizio rubato. E non solo quello. Isabelle è una bambina bionda di Gassin, gioiello di paese nell’entroterra che
annuncia la costa vip di Saint-Tropez, e una giocatrice di tennis precoce: baby fenomeno, cresce e prova a ripetersi come professionista della racchetta. Dà il meglio di sé sui vent’anni con un ottavo di finale a Wimbledon, tanti successi in doppio, l’ingresso nelle Prime Dieci di specialità e un torneo del circuito Wta, a Westchester. Gioca bene ma piano, troppo piano per contrastare le saette di Graf, Seles, Capriati e delle altre amazzoni. Tanto da maturare alla svelta propositi di ritiro, in tempo per guidare i primi passi di un astro nascente della fabbrica di talenti francese: una certa Amélie Mauresmo, destinata a raccogliere ben altra gloria. Di Isabelle Demongeot, campionessa mancata sulle rive della
Provenza, ci si è dimenticati alla svelta. Qualche raro appassionato rammenta, negli ultimi anni, di aver scorso quasi per caso un blog, un diario intimo di ricordi mescolati a frammenti delle sfide più care al ricordo, quelle contro Martina Navratilova. Era il suo.
Tra un Australian Open e un Roland Garros, apparentemente senza conseguenzialità, facevano capolino paragrafi inquietanti. Frasi smozzicate, riferimenti a una bambina infelice, a un peso nell’anima che pareva impedirle di andare avanti. A un centro frequentato anche da Nathalie Tauziat, finalista a Wimbledon nella scorsa decade. Non un semplice e, purtroppo, ricorrente rigurgito di un’infanzia consumata sui campi, forzatamente lontana dai giochi dei bambini. Quel blog sparisce nel nulla, il male oscuro no. Isabelle tuttavia non si è arresa, è che ha deciso di liberarsene per sempre scrivendo la sua storia e sputando fuori dallo stomaco trent’anni di lacrime e rabbia. Fatica a trovare un editore che la aiuti a dipingere un ritratto orrendo, protagonista Régis de Camaret. Il suo allenatore, quello che l’aveva presa in fasce e resa tennista. Il burbero Régis dai baffi folti, mentore di tre generazioni di bambine che alla Barbie dei sogni preferivano – ma davvero? - il piatto
dei Championships e i soldi, complice la malizia di genitori dalla mentalità spesso malata. Isabelle narra del virus che alligna nel suo intimo. Racconta del centro tecnico di Marres,
proprio vicino a casa; di un coach padrone, con la faccia buona ma il cuore cattivo del mostro.
Rivive la vergogna e il terrore di raccontare ciò che le succedeva quando veniva portata «là», in casa, per fare «quello». un attimo: il tempo che Yannick Noah, che le crede da subito, firmi la prefazione e la polizia bussa a casa di de Camaret, a Cap-Breton, il 16 febbraio di due anni fa. Apre la porta, basito, un signore di 65 anni; lo accompagnano nel carcere di Draguignan con l’accusa infamante di violenze su minori di 15 anni. Difficile dimostrarlo: una voce sola, quella di una donna tormentata, senza prove solide. Ma la pubblica accusa riceve un aiuto insperato: sono le testimonianze, spontanee, di altre presunte vittime, ragazze che frequentarono il centro tra il 1977 e il 1989 e scoprirono il coraggio di denunciare tutto proprio grazie al primo passo che nessuna osava, e che Isabelle trovò la forza di fare.
Il processo contro Régis de Camaret è stato rinviato alla corte d’assise. La prescrizione, fatalmente, rosicchierà buona parte delle imputazioni ma la procura ha contestato i reati di violenza aggravata e aggressione sessuale aggravata. Le altre donne violate sono strette intorno a Isabelle, unite dalla gratitudine e dalla pena comune. Tutte tranne una: Nathalie Tauziat. Che non solo ha negato di aver mai subito o di essere a conoscenza dei fatti. Non
solo ha condannato l’ex amica per aver messo nei guai Régis. Ma le ha pure mosso causa penale. Sostiene Tauziat, oggi titolare di un’accade- mia in società con il presunto maestro-mostro, di essere stata diffamata da Demongeot e altre due ex tenniste di casa, colpevoli d’averla accusata di coprire le malefatte del disgraziato.
La giustizia, però, le ha dato torto, notizia di questi giorni. Isabelle aveva spiegato che, confidato il suo segreto alla Tauziat, si è sentita rispondere «è affar tuo», e Régis era il
migliore al mondo. Il processo avanza con le sue udienze. Le accuse reggono. I testimoni sfilano alla procura di Draguignan: prendono vita episodi di bambine coricate a forza sul letto, di fotografie con l’autoscatto, di strani e irrituali esercizi per saggiare l’elasticità delle gambe. Il suo avvocato, il principe del foto Emmanuel Daoud, è lo stesso che battagliò per mesi prima di ottenere la scarcerazione del maestro, uomo innocente con l’ombra dell’orco. Ed è sicuro di vincere