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 2009  dicembre 14 Lunedì calendario

BAUDO: IL MIO GRANDE SOGNO DI FARE UN VERO TG POPOLARE - ROMA

Doveva fare il mezzobusto del tg. Ma lui amava il teatro e il varietà. Adesso sogna un ruolo da anchorman in un telegiornale popolare. Pippo Bau­do ne ha fatta di strada. Festeggia il mez­zo secolo di carriera, che sarà celebrato il prossimo 18 dicembre su Raiuno nel programma «I migliori anni» condotto da Carlo Conti, guarda caso, proprio uno dei talenti che ha lanciato. «In real­tà – dice – non vorrei festeggiare: una celebrazione comporta sempre un mo­mento di tristezza per ciò che è passa­to » .

Non è proprio il 18 dicembre la data fatidica che segna l’inizio della carriera: «Qualche giorno prima di 50 anni fa, de­buttai in ’La conchiglia d’oro’, un con­corso musicale a Palermo: presentava Enzo Tortora. Io ero in veste di pianista, la mia prima apparizione in pubblico. Poi mi laureai in Legge, ma subito dopo arrivai a Roma per intraprendere la stra­da dello spettacolo». I primi provini a via Teulada: «Mi aspettavo gli studios americani. Che delusione! Vidi un can­cellone, sembrava una prigione. Incon­trai Carlo Mazzarella, già noto all’epoca. Gli chiesi se sapeva dei provini e lui mi indirizzò a una funzionaria Rai. Le tele­fonai dalla portineria, ma mi rispose che dovevo ripassare dopo tre mesi. La pregai dicendole che avevo fatto un pat­to con i miei genitori e che dovevo por­tare a casa un risultato immediato, altri­menti avrei dovuto rinunciare. Si com­mosse e mi lasciò entrare. Feci il provi­no come pianista, cantante, imitatore e presentatore». Andò bene solo la quarta esibizione: «Era destino. Pino Procacci e Antonello Falqui mi chiesero: ’Imma­gina di trovarti al Festival di Sanremo e presentare Mina’. Figuriamoci: sapevo tutto di Sanremo e di Mina. Fu un trion­fo ». Cominciò la scalata: «Mi scritturaro­no per ’Primo piano’, un programma pomeridiano. Poi, razzolando in via Teu­lada, entrai nella corte del mitico tg1 di­retto da Rossi: siccome ero laureato in Legge con competenze in diritto del la­voro, mi affidarono una rubrica del tele­giornale ’La guida degli emigranti’. Ero avviato al giornalismo, mi volevano fare un contratto. I miei genitori sarebbero stati felici, ma io smaniavo per il varie­tà ». Perché? «Amavo il teatro da ragazzi­no: a Militello, il mio paese, non manca­vo uno spettacolo di Macario, Nino Ta­ranto, Alberto Sordi, ho visto l’ultimo Totò». Eppure, Pippo non era tagliato per il teatro: «Turi Ferro mi scritturò per spettacoli importanti. Ma, essendo alto e magrissimo, appena entravo in scena, la gente rideva. Ricordo un ’Tut­to per bene’ di Pirandello: impersonavo un ruolo drammatico ma, prima di pro­nunciare la battuta, il pubblico si mise ad applaudire e a ridere. Turi era furio­so e mi disse: ’Il teatro serio non fa per te’». La fine di una carriera da attore drammatico, ma Pippo non molla. La grande occasione televisiva arriva grazie a Rin Tin Tin: «Avevo proposto un nuo­vo programma. Il dirigente Rai, dopo aver visto le puntate di prova, sentenzia: ’ una vaccata’. Ma un giorno non arri­vò la copia doppiata del celebre telefilm e, non avendo nulla da trasmettere, mandarono in onda il mio ’Settevoci’. Un successo». Da allora non si è più fer­mato, come presentatore e talent scout: da Al Bano a Orietta Berti, passando per Giorgia, Laura Pausi­ni, Lorella Cuccarini, Bep­pe Grillo, il Trio Lopez-So­lenghi- Marchesini. Eredi?

«Carlo Conti e Paolo Bo­nolis sono esplosi media­ticamente nel mio ’Luna­park’ Un lungo percorso, sali­te e discese. Il momento più difficile, lo scontro con l’allora presidente Rai Enrico Manca. «Aveva attaccato il mio ’Fantastico’, dicendo ’basta con il nazionalpopolare’. Io mi ribellai. Lui mi dichiarò guerra, voleva la mia testa: co­minciai a pensare di andarmene». E bus­sò alla tv commerciale. «No. Fu Berlu­sconi a farsi vivo. Mi offrì tantissimo, forse troppo. Ero diventato direttore ar­tistico delle tre reti e i colleghi non gra­divano: da Antonio Ricci a Costanzo, a Corrado». Così, Baudo fece le valigie. «Non dormivo più, non ero felice. Berlu­sconi tentò di trattenermi, ma alla fine dovette punire la mia rescissione del contratto». E picchiò duro: «Per pagare la penale, cedetti un bel palazzetto al­l’Aventino, poi diventato sede del Tg5. Lo stesso Berlusconi ammise che mi ave­vano messo in mutande». La storia con­tinua, torna in Rai e l’allora presidente Moratti inventa per lui il ruolo di diretto­re artistico: altro momento esaltante. Poi, la ricaduta nello scandalo delle tele­promozioni: «Non è vero che facevo un sorrisetto in più, per intascare mazzet­te. Erano le società a chiedermi consigli pubblicitari, ma niente mi faceva sup­porre di commettere un atto vietato. Ora il regolamento è chiaro». Ma a viale Mazzini con chi si è trovato meglio e peggio? «Un magnifico rapporto, tanti anni fa, con Giovanni Salvi ed Emanuele Milano. Qualche problema con Fabrizio Del Noce».

Quello di Sanremo è un capitolo a par­te. «Ho avuto molto dal Festival, ma ho anche dato molto. Non lo considero un dominio esclusivo, ma non escludo di tornarci». In tanto lavoro, qual è il bilan­cio della vita privata? «Ho avuto grandi amori». Con le donne rapporti sempre idilliaci? «Con quelle con cui ho vissuto, anche qualche competizione». E con le altre? «Rapporti fraterni. Non ho mai preteso lo ius primae noctis da giovani colleghe » .

Nessun rammarico, nessun rimpian­to, ma un sogno sì: «Vorrei fare un tele­giornale spiegato al popolo, senza testi da leggere, ma commentando le notizie in modo chiaro. Così, i miei genitori, guardandomi dall’alto, sarebbero final­mente contenti » .