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 2009  dicembre 14 Lunedì calendario

IL PALLONE TRA MUCCHE E VINO TOMMASI TORNATO A CASA

L´arbitro Trematore uscendo dal campo chiede al vicepresidente del Sant´Anna: come mai c´erano i fotografi e quelli di Sky? Risposta: perché tornava a giocare Tommasi. L´arbitro non se n´era accorto.Non sono tanti quelli che dopo la serie A, la Nazionale, il campionato spagnolo, una breve parentesi inglese e poi la Cina se ne tornano a casa, per giocare in seconda categoria a 35 anni. C´è la neve sulle montagne intorno e fa molto freddo, vicino allo zero, quando comincia la partita tra i falchi del Sant´Anna (9 punti, bassa classifica, l´anno scorso la squadra s´è salvata agli spareggi) e il Mozzacane (16 punti). Siamo oltre i 900 metri, sui monti Lessini. Le cave di pietra sono la risorsa principale, oltre a un po´ di turismo. Il Sant´Anna, fondato nel 1983, normalmente ha la maglia amaranto, stavolta però è gialloblù perché il Mozzacane ce l´ha rossa. Ha anche due stranieri, il Mozzacane. Un´ala destra albanese, piuttosto in gamba, che lavora in un supermercato e un operaio brasiliano come mezzapunta. Solo indigeni nel Sant´Anna, squadra considerata scomoda per la posizione, tra Verona e Trento, oltre i vigneti della Valpolicella.
Il campo è in frazione Fosse. Spogliatoi puliti, funzionali, l´unico posto caldo. L´esordio di Tommasi ha più che raddoppiato il pubblico, di norma sui 25 paganti (biglietto unico, 5 euro). Spettatori 54, contati di persona, più due cavalli (uno bianco, uno pezzato marrone) e cinque vacche, su un prato lì vicino. «Ci sono sempre, le vacche. Per questo abbiamo chiamato il campo cow kamp» dice Tommasi. Lo pronuncia quasi come now kamp, da amico di Guardiola può permetterselo. In squadra ci sono altri due Tommasi, suoi fratelli: Alfonso, 39 anni, maggiore, e Samuele, 24 anni, bloccato da un´operazione ai legamenti del ginocchio, riprenderà tra un mese.
Oltre a essere una squadra scomoda (lunga salita per arrivarci) il Sant´Anna non è nemmeno una squadra vantaggiosa, perché tutti i compaesani giocano gratis, nemmeno un rimborso spese per la benzina quando si va in trasferta. Altrove, verso il Garda, dice un ragazzo sgranando gli occhi come parlasse dell´Eldorado, arrivano a dare 500, anche 600 euro al mese. Prima di uscire dagli spogliatoi, com´è usanza dal ´95, i giocatori di casa intonano una canzone degli 883 ("Gli anni"). «Anche questo è calcio, è competizione, è emozione, cambia solo il contorno» dice Tommasi. il contorno la cosa più interessante, almeno per me che più giù della serie D (oggi Interregionale) non ero andato. Qui non c´è un poliziotto, un carabiniere, un vigile, un tornello, una tribuna coperta. Un dirigente per squadra, in borghese, fa da guardalinee. Giocatori e tifosi arrivano alla spicciolata e nella massima tranquillità. Nessuno insulta nessuno. Adocchio una minuscola scritta: bar. «Quando apre?» chiedo a un tifoso. «Tra cinque minuti, se il barista non è ubriaco». sobrio, così riscopro piccole gioie severamente vietate negli stadi del grande calcio, tipo una tazza di vin brûlé bollente.
Il presidente del Sant´Anna, Raffaello Campostrin è anche vicesindaco. La polisportiva (oltre al calcio, ci sono basket, pallavolo e judo, in tutto 170 tesserati su 2600 abitanti) costa sui 30 mila euro l´anno. Si riesce a sopravvivere in qualche modo con un contributo del Comune e un rigagnolo di piccoli sponsor (oltre i mille euro lo sponsor è già grandicello). Tommasi aveva lasciato il grande calcio con un Milan-Roma a San Siro. Lo ritrova qui. Finisce 4-4. Il Sant´Anna va in altalena: 0-1, 1-1, 1-2, 2-2, 3-2 (gol di testa di Tommasi, che già aveva colpito una traversa), 3-3 su rigore (giusto), 4-3 (assist di Tommasi al fratello), 4-4 a un minuto dalla fine, forse in fuorigioco, ma le proteste sono molto pacate e comunque non c´è e non ci sarà nessuna moviola a dare ragione o torto. In campo ho notato molto fair play e anche tra il pubblico.
In Veneto Santa Lucia è un anticipo di Natale, i bambini ricevono i regali e Tommasi ha appiccicato sul muro dello spogliatoio una spiegazione lunga: «Ho scritto a Santa Lucia e le ho chiesto di riportarmi il mio vecchio giocattolo. Un pallone molto economico, senza pretese di lusso, anzi meglio se poco prezioso perché il posto dove devo giocare non è dei più raffinati. La letterina l´avevo scritta tanto tempo fa ma l´ho spedita solo quest´anno. Ho avuto un barlume di sentimento, un´esagerata necessità di sentirmi a casa. La lontananza dalla famiglia mi ha convinto che quel pallone non ha prezzo».
Tommasi ha quattro figli. Samuele, il più piccolo, è oltre la recinzione metallica e lo incita in spagnolo: tòma la, tòma la, cioè prendila, la palla. Nell´intervallo spunta qualche radiolina: c´è Chievo-Fiorentina, ma soprattutto Portogruaro-Hellas Verona. Il Sant´Anna è terzultimo e dovrà lottare per non retrocedere. «Non è la Champions League ma per noi è come se lo fosse. Le emozioni non cambiano» dice Tommasi. Ed è per condividerle che ho tradito, molto volentieri, la serie A, per una volta. Perché Tommasi del calcio italiano è stato coscienza critica e cuore pensante, uno capace di raccogliere oltre 250 firme di colleghi contro la guerra definita umanitaria, nei Balcani, dieci anni fa. Non che avesse bisogno di accompagnatori in questa nuova dimensione calcistica, perché l´ha scelta a occhi aperti, ma mi sembrava giusto esserci, senza sventolare fazzoletti. Tommasi non ci sta ad essere un santino della categoria: «Non è giusto chiedere a un calciatore comportamenti che non si pretendono nemmeno dai ministri».
Campana, non è una novità, cederebbe volentieri la poltrona di presidente dell´Associazione calciatori. Si vedono oggi, ma Tommasi non ha fretta. «Voglio capire bene in cosa consisterebbe il mio impegno. Campana ha molta esperienza ed è giusto ascoltarlo e riflettere. Istintivamente, non mi vedo in giacca e cravatta seduto attorno a un tavolo con esponenti di un mondo che conosco poco e che istintivamente non mi va. Per ora, penso a godermi la famiglia e a prendere il patentino per insegnare calcio ai bambini». Dell´estero cosa gli resta? «Penso che almeno una stagione fuori d´Italia dovrebbe essere obbligatoria, per un calciatore italiano perché da fuori si capisce meglio come giochiamo e che cosa siamo». Il top? «Venezia come città e Zeman come allenatore sono fuori concorso. Su tutto il resto si può discutere».