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 2009  dicembre 14 Lunedì calendario

MOLESKINE PRENDETE APPUNTI, ADESSO VALGONO 150 MILIONI


Un’intuizione: re­gistrare il mar­chio Moleskine. venuta a due italiani, Francesco Fran­ceschi e Mario Baruzzi, proprietari della casa edi­trice Modo & Modo. Nel 1998 hanno riavviato la stampa dei leggendari taccuini neri di tela cera­ta nati in Francia oltre un secolo fa. Ha funzionato. Il caso è diventato, in questo difficile 2009, un esempio del made in Italy anti-crisi.

I numeri

In Italia se ne sono vendute quest’anno oltre 600 mila pezzi, dice Gut, la società di Smemoranda che dal 2002 distribuisce nel nostro Paese «il taccuino di Hemingway» (vedi servizio nell’altra pagina). E in questi sette anni proprio Gut ha mol­tiplicato per sette il fattu­rato derivante dalle Mole­skine, da 600 mila euro a 4 milioni.
La Moleskine srl, che conta oggi una sessanti­na di dipendenti nella se­de principale di Milano, ha ormai un giro d’affari di 150 milioni e l’anno scorso ha aperto una filia­le a New York. Tutto gra­zie a un taccuino che fu compagno di viaggio di Van Gogh e Picasso, Ma­tisse ed Hemingway, Cha­twin e Oscar Wilde. Che, dei suoi appunti lì anno­tati, disse: « fondamen­tale avere sempre qualco­sa di sensazionale da leg­gere » .
Del resto già la finanza si era accorta delle poten­zialità del marchio. La Modo & Modo è stata ac­quistata, nel 2006, per ol­tre 60 milioni di euro, da un fondo di private equity di Société Générale, SG Capital Europe, oggi Syn­tegra Capital. I fondatori hanno mantenuto il 20%, ma sono usciti dalla ge­stione della società, guida­ta ora da Arrigo Berni.
Il taccuino nero con gli angoli arrotondati era na­to in Francia, a Tours, prodotto dal proprietario di una cartiera, che muo­re nel 1986. Quell’anno la manifattura che riforni­va le cartolerie parigine cessa la produzione. La ri­nascita milanese è di 12 anni dopo, grazie a un dettaglio trascurato e fon­damentale: nessuno ave­va registrato il marchio.

Il rilancio

Franceschi e Beruzzi registrano il nome «Mole­skine », riscoprendo la tra­dizione elitaria di artisti e intellettuali per un mito di massa. A proporre l’idea di rilanciare le Mo­leskine è la consulente di comunicazione strategi­ca e di concept di prodot­to Maria Sebregon­di, che da allora è responsabile del brand. «La casa edi­trice mi ha chiesto di trovare un ogget­to da produrre – racconta Maria Se­bregondi, oggi re­sponsabile del mar­chio ”. L’idea mi è venuta dal libro di Chatwin Le vie dei canti , dove un intero capitolo è dedicato al taccuino».

Dagli Usa all’Asia

All’inizio se ne stampa­no 5mila copie, da vende­re in Italia, ma già nel 1999 parte la distribuzio­ne in Europa e negli Usa. Nel 2004 le Moleskine arrivano in Giappone e da lì nel resto dell’Asia. Quando le richieste supe­rano l’offerta, i due picco­li editori non se la sento­no di fare il salto e deci­dono di vendere. I volu­mi s’impennano. Dalle 5 mila copie iniziali, le Mo­leskine passano a 10 mi­lioni di pezzi l’anno ven­duti in 61 Paesi. « un oggetto con una storia, il cosiddetto ’story telling object’ – dice Sebregondi ”. questo che trasforma un semplice taccuino in un libro ancora da scrivere. Perciò lo si è proposto non in cartoleria, ma in li­breria. Scelta vincente». Nell’epoca del boom di Internet nessuno avrebbe scommesso sul­la parola scritta. «Ma la scrittura di tutti è uguale su uno schermo, unica sulla carta», nota Sebre­gondi.