Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  dicembre 12 Sabato calendario

KAFKA AL PROCESSO DI GARLASCO ORA CONTANO LE MOSSE DEL PM

Non è frequente che, al termi­ne di un giudizio penale per omicidio, il pubblico ministero e la par­te civile – pur concordi nell’additare l’imputato quale responsabile del fatto – presentino tuttavia conclusioni tra lo­ro ampiamente divergenti per quanto concerne alcune specifiche modalità del­l’azione delittuosa: ad esempio con ri­guardo al momento della sua commis­sione, e quindi all’ora di morte della vitti­ma. Ed ancor meno di frequente si regi­stra una situazione del genere al termine di un giudizio abbreviato, che nel suo as­setto ordinario dovrebbe di regola veni­re deciso da una sentenza emessa «allo stato degli atti», cioè sostanzialmente sulla base degli elementi probatori già acquisiti durante la fase preliminare.

Così è avvenuto, invece, nel giudizio abbreviato che si sta celebrando a Vigeva­no, a carico di Alberto Stasi per l’omici­dio della fidanzata Chiara. Di fronte agli accertamenti peritali disposti d’ufficio dal giudice, i quali, confermando entro certi termini l’alibi dell’imputato, hanno ridotto (nell’ottica dell’accusa) gli spazi di plausibile collocazione dell’ora del de­litto, il pubblico ministero ha infatti mo­dificato la propria ricostruzione dell’epi­sodio, spostando in avanti tale orario. Mentre, all’opposto, il difensore di parte civile ha prospettato una anticipazione del medesimo orario.

La situazione, a questo punto, dall’an­golo visuale della difesa, appare lieve­mente kafkiana, e certo consentirà ai di­fensori di Stasi di far leva su tali diver­genti ricostruzioni per sostenere, quan­to meno, la insufficienza o, comunque, la contraddittorietà delle prove prodotte a carico dell’imputato. Poiché, tuttavia, l’accusa che conta è quella formulata dal pubblico ministero, sulla base di diversi indizi ritenuti «chiari ed inequivocabi­li », come in ogni processo indiziario il vero nodo da sciogliere consisterà nella valutazione unitaria di tali indizi. I quali, solo se risulteranno al giudice «gravi, precisi e concordanti» potranno dare fondamento ad una sentenza di condan­na.