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 2009  dicembre 14 Lunedì calendario

LE CITTA’ PENTITE DELLA SECESSIONE


Vogliono tornare a casa. Sono pentiti di aver abbandonato le Marche per la Romagna. Sette Comuni - San Leo, Novafeltria, Sant’Agata Feltria, Pennabilli, Maiolo, Casteldeci e Talamello - dopo una battaglia lunga 40 anni se ne erano andati. Festa grande, quella sera per il ricongiungimento con la «madre patria»: il referendum popolare era stato vinto quasi con un plebiscito.
Ad Ancona e Pesaro musi lunghi pur essendo convinti, i marchigiani, che non tutto fosse perduto. Ricorsi e controricorsi, ma alla fine sia la Camera sia il Senato avevano dato il via libera alla «secessione» in favore di Rimini.
I problemi, tuttavia, erano sorti subito: licenze edilizie bloccate a Pesaro, contributi agricoli che stentavano ad arrivare. I marchigiani ce l’avevano messa tutta per boicottare l’operazione, gli emiliano-romagnoli, in realtà, non erano quei salvatori della patria che sembravano essere. Aveva un bel dire, il neopresidente della Provincia di Rimini, Stefano Vitali: guardate che i soldi son quelli che sono.
Un senso di amarezza si era, a poco a poco, insinuato tra la gente del Montefeltro e della Valmarecchia, ossia i fuggiaschi. Alcuni avrebbero voluto tornare indietro e riconsegnarsi tra le mani della matrigna Pesaro. «Noi siamo romagnoli da sempre - dice Settimio Bernardi, uno dei capi del comitato promotore della secessione - e non dia retta a queste piccole manifestazioni estremistiche di dissenso».
Sanità e trasporti: erano questi i cavalli di battaglia dei divisionisti. Le scuole e gli ospedali erano ad un passo, lì sulla costa romagnola, mentre per arrivare a Pesaro bisogna percorrere strade impervie dell’interno, punteggiate molto spesso in inverno dalla neve e dal ghiaccio. Il prefisso telefonico era lo stesso di Rimini, le pagine locali dei quotidiani erano quelle romagnole, i cappelletti in brodo sempre gli stessi, idem il dialetto. Che si voleva di più? Un gioco da ragazzi. Non sapevano i diciottomila abitanti dei «sette comuni in cerca d’autore», che la questione si sarebbe fatta più complessa, a partire da subito.
Tutto cominciava il 29 settembre, quando, a Novafeltria, il comando dei vigili del fuoco di Pesaro rivoleva indietro i mezzi nuovi per sostituirli con quelli più obsloleti. Ma a fine settembre il blitz era fallito grazie alla vigilanza del sindaco di Novafeltria, Vincenzo Sebastiani, che aveva telefonato al presidente della Provincia di Rimini, il quale si era messo in contatto immediatamente con il prefetto di Pesaro. E la cosa era rientrata. Quindici giorni prima il «ratto» era successo davvero ed era stata portavia via un’autobotte Mercedes adibita ai soccorsi su strade di montagna.
C’è di più. Appena qualche giorno fa, lo stesso Vitali ha rivolto un appello al commissario nominato da Roma, il prefetto Rosaria Cicala, per intervenire sui soldi che Pesaro deve dare per la manutenzione dei sette Comuni. «C’è un’evidente volontà di non ascolto da parte dei nostri interlocutori», ha detto Vitali.
Ma con il passare dei giorni l’integrazione stenta. L’unica struttura «passata» con tutti i crismi alla Romagna, è la Forestale. Il comandante pesarese, Carlo Carbini, ha ammesso di «avere un pò di tristezza, però devo dire la verità, la gente qui si è sempre sentita romagnola». Adesso si aspetta che carabinieri, finanza e polizia - ma soprattutto l’Agenzia delle entrate - facciano la stessa cosa.
Una transizione, dunque, piena di problemi. E di ripensamenti, se vogliamo. I pesaresi tengono duro. «Anche se al momento - aggiunge Settimio Bernardi - le uniche rivendicazioni che hanno fatto è la Rocca di Maioletto, un ammasso di sassi, e il lago di Soanne, ma guarda caso l’acqua è pubblica. Una cosa da ridere».Lucido e ironico, nonostante i suoi quasi novant’anni, Tonino Guerra non ama questa «guerra dei poveri».
Chi ha ragione?
«Nessuno. Io abito, pur essendo riminese doc, a Pennabilli, che era in provincia di Pesaro, da trent’anni. Non mi sono mai accorto delle differenze».
E allora che cosa è successo?
«Guardi, all’origine della secessione non ci sono problemi sentimentali da parte dei cittadini del Montefeltro. C’erano solamente problemi di servizi. Per andare a Rimini, dove ci sono scuole e ospedali, ci vogliono venti minuti. Per arrivare a Pesaro occorrono ore. Questo è il motivo fondamentale. Poi c’è da aggiungere che i commerci, mercati, negozi, affari piccoli e grossi, sono tutti concentrati verso la Romagna».
Allora, la ricetta giusta, qual è può essere?
«Ne ho in mente una culturale. Qui in collina ci sono le onde verdi, fatte di silenzio e di meditazione. A Rimini ci sono le onde salate. Aspetto che arrivino qui per realizzare una sintesi perfetta. A patto che le onde riminesi non siano troppo rumorose».
Insomma, nessuna guerra...
«I Comuni che son passati in Romagna devono stare attenti, in questa fase di euforia, di non indebitarsi troppo. Per il resto, va detto che siamo tutti italiani. Dobbiamo unirci. Altrimenti che facciamo? Tutti pezzettini del paese?».
 vero, tuttavia, che lei sta lasciando Pennabilli per ritornare nella sua natia Sant’Arcangelo di Romagna? I suoi compaesani romagnoli ne sarebberero felici.
«Ci sto pensando. E’ che i miei concittadini vorrebbero dedicarmi una casa museo. Insomma, io sono diviso e sarà sempre così tra Marche e Romagna».