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 2009  dicembre 14 Lunedì calendario

DIVENTARE MUSICISTI

(Voce Arancio)

«Il primo comandamento di un musicista? ”Studiare”. Il secondo? ”Il secondo, il terzo: studiare, studiare, studiare”. E il talento? ”Un po’ non guasta, come diceva Heifetz” (Francesco Petracchi, maestro di contrabbasso).

«I giovani devono sapere che con il talento si nasce. Studiando si sviluppa, ma non si crea» (Salvatore Accardo).

«Chi studia o, meglio, chi volesse studiare musica nella scuola pubblica italiana, dalle elementari all’alta formazione, all’ università, ha ottime probabilità di andare incontro a una serie di frustrazioni cocenti» (Giordano Montecchi, docente del Conservatorio Arrigo Boito di Parma).

Scuole Medie Statali (quelle ad indirizzo musicale sono circa 650), scuole di musica comunali (circa 180) e scuole private offrono un’istruzione base a livello musicale. Dal prossimo anno scolastico si potranno frequentare i licei musicali: le materie curriculari verranno studiate presso il liceo, mentre quelle tecniche presso i vari conservatori. Per la formazione universitaria, in Italia, ci sono 58 Conservatori e 21 Istituti Musicali Pareggiati. Nell’anno accademico 2008/2009 il numero degli iscritti ai Conservatori ha registrato un + 2% (da 39.241 iscritti a 40.167) e gli Istituti Pareggiati un + 5% (da 5.612 iscritti a 5.882).

«Il conservatorio ha uno scopo professionalizzante e fornisce le conoscenze adeguate per affrontare il mestiere del musicista», spiega a Voce Arancio Bruno Zanolini, direttore del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Ma dopo il diploma, c’è lavoro? «Quello che avviene dopo dipende molto dalla richiesta di musica e da diversi aspetti sociali. Il numero delle orchestre è stato ridotto per problemi finanziari e alcuni settori dell’attività musicale, come i jingle o la musica a scopo pubblicitario, non ricevono un’adeguata attenzione da parte della scuola. Tutto questo limita i posti di lavoro. I migliori solitamente ce la fanno, gli altri hanno più difficoltà». Oltre al talento, cosa serve? «Ci vogliono basi solide e studio accanito». In Italia però anche i più bravi hanno difficoltà ad emergere come solisti... «Solo pochissimi al mondo sono in grado di poter fare i solisti. E’ sempre stato così. Non è che ci sia più difficoltà qui rispetto alla Francia, alla Germania o agli Stati Uniti. I vertici non guardano la nazionalità. Ci sono numeri uno di tutte le nazioni, anche italiani». Ad affermarsi sono realmente i più bravi? «In genere sì. Ci può essere chi è aiutato, ma se uno è bravo, prima o poi, emerge». Quanto conta la determinazione? «Tanto. Ci vuole una grande volontà».

«Io suono tutti i giorni, almeno due ore. Un musicista è come un atleta: i muscoli e i tendini vanno tenuti sempre in movimento, non ci si può adagiare. Soltanto la domenica è sacra» (Salvatore Accardo).

«Abbiamo i talenti, ma ci mancano l’organizzazione e la trasparenza, così non riusciamo neanche a riconoscerli. Non selezioniamo gli interventi pubblici, non sosteniamo le cose veramente importanti, sprechiamo risorse e siamo soffocati da una televisione che trascura troppo la cultura. Così rischiamo di diventare un enorme museo all’aperto, ricco di tesori culturali unici al mondo e prosciugato nelle sue risorse umane» (Claudio Abbado).

«Il divario dell’ occidente con l’ oriente è sempre più grande. Io suono spesso fra Cina, Corea e Giappone, là si investe moltissimo - anche istituzionalmente - sulle orchestre giovanili. Da noi ci sono ragazzi straordinari che escono dal Conservatorio e restano disoccupati» (Uto Ughi).

In Giappone l’ orario di lezione inizia tutti i giorni con un’ ora di musica.

L’educazione musicale dovrebbe iniziare in età precoce. Secondo uno studio dell’Università di Irvine (California), a cinque/sei mesi si è già recettivi al ritmo, alla struttura e alle cadenze musicali. A tre/quattro anni si può essere già interessati agli strumenti musicali e al far musica. Secondo la Music Learning Theory la musica si apprende secondo processi simili a quelli con cui si impara a parlare.

Il figlio di Mozart a volte piangeva nella stessa tonalità dei brani che il padre stava suonando.

Laura Marzadori aveva tre anni e mezzo quando prese in mano il primo violino. «Non ricordo quando il violino è entrato nella mia vita, so che c’ è sempre stato». Teo Gheorghiu, a cinque anni, ha preso le mie prime lezioni di pianoforte. «E’ come se la musica l’ avessi sempre avuta dentro. Aspettava un’ occasione per mostrarsi, un po’ come quando un vulcano sta per eruttare».

Il pianista Lang Lang s´innamorò dello strumento a due anni, vedendo un cartone animato di Tom e Jerry. «Tom suonava la Rapsodia Ungherese n.2 di Listz. Fui completamente rapito. E poi, una volta cresciuto quel pezzo l´ho voluto suonare. Spero meglio di quanto non facesse Tom».

Studiare musica ha un costo: un sassofono contralto di Yamaha su strumenti musicali.net costa 935 euro, un clarinetto La Leblanc su dampi.it 2.290 euro, un pianoforte a coda Yamaha C3M su musicmarket.it 19.398 euro. Sul sito della Fender, il modello Stratocaster ”Eric Clapton”, con corpo in ontano e manico in acero 22 tasti, costa 2.448 euro. Ci sono poi le lezioni: se tenute da studenti che frequentano ancora il Conservatorio i costi sono più bassi, mediamente intorno ai 15-20 euro. Se si tratta invece di professionisti i prezzi possono arrivare anche a 30-35 euro. Per i corsi di musica presso scuole qualificate, oltre al costo mensile delle lezioni (dai 60 agli 80 euro circa), si devono aggiungere le quote di iscrizione (fino a 250 euro l’anno) ed una eventuale quota per il noleggio iniziale di uno strumento o di una sala prove.

La formazione musicale influisce quindi anche sulle vendite degli strumenti. Secondo il rapporto 2009 sull’Economia della Musica in Italia promosso da Dismamusica, SCF, FEM e SIAE, nel 2008 il mercato mondiale degli strumenti musicali valeva 17 miliardi di dollari (- 5% rispetto al 2007). Il paese in cui si sono venduti più strumenti sono stati gli Stati Uniti (42%), seguiti da Giappone (15%), Germania, Regno Unito, Francia, Canada e Cina (tutti tra il 5-6%). Fanalino di coda l’Italia, con solo il 2% del mercato mondiale. Stati Uniti, Canada e Giappone sono anche i paesi con la spesa media pro-capite per gli strumenti più elevata (tra i 20 e i 25 dollari l’anno). In Italia si spende meno della metà (6 dollari) rispetto a Francia, Germania e Inghilterra (tra i 12 e i 14 dollari). Meno di noi, solo la Cina (1 dollaro).

Nel 2008 il valore complessivo del mercato italiano degli strumenti musicali, delle edizioni musicali e degli accessori ha registrato un + 3,4% rispetto al 2007: da 386 milioni di euro del 2007 è passato a 399 milioni di euro. Il contributo maggiore alla crescita è stato dato dai pianoforti (10%) e dai pianoforti digitali (25%), seguiti da strumenti a percussione (10%), a fiato e chitarre elettriche (+9%). In flessione il fatturato di organi e clavicembali (-19%), strumenti a fiato (-7%) e fisarmoniche (-3%).

«Il musicista vero deve saper fare tutto, muoversi rapidamente anche in condizioni difficili. E invece oggi sembra che chiunque prenda una chitarra in mano possa dire di essere musicista, vengono chiamati ’maestri’ dei perfetti analfabeti e sono in troppi quelli che rubano il lavoro ai musicisti veri» (Augusto Martelli, musicista).

«La chitarra è uno degli strumenti più difficili che esistano da studiare. Il corso di chitarra dura parecchi anni ed è uno dei più complessi» ci ha detto il direttore Zanolini. «Bisogna diffidare dei corsi che promettono di insegnare a suonare in sei mesi. Ci vogliono anni per diventare professionisti. Se poi uno vuole fare il dilettante, tutto va bene».

Sul sito www.uplaya.com un algoritmo, chiamato Hit Song Science, stabilisce se una canzone avrà successo oppure no. Il procedimento è semplice: ci si iscrive, si trasmette un file Mp3 con il brano e, dopo poco, si ha il risultato. Il voto va da 0 a 10, suddiviso in sei categorie: da «Non mollare (il tuo lavoro)» fino al premio di platino. I primi due upload sono gratis, poi un pacchetto da 15 brani costa 90 dollari. «Il nostro algoritmo funziona. In due mesi e mezzo, abbiamo utenti in 170 Paesi. Solo nelle ultime due settimane, si sono registrate 300 case discografiche. I 20 milioni di musicisti presenti sul web hanno finalmente la possibilità di farsi ascoltare» (David Meredith, Ceo della Music Intelligence Solutions, la società che gestisce Uplaya).

Le cose da non fare mai? «Abbattersi, imitare un collega, illudersi di entrare in un mondo dorato dai guadagni facili» (Max Pezzali).

A 16 anni Goran Bregovic suonava in un bar di striptease, a 18 in un bar di Napoli e ai matrimoni.

I 96 musicisti della Filarmonica di Belgrado, non riuscendo a tirare avanti coi loro stipendi (il primo violino Tijana Milosevic, tra i meglio pagati, prende 700 euro al mese), pubblicarono un annuncio per offrire i loro servizi ai privati: «L’orchestra filarmonica nazionale, con 85 anni di esperienza e un ricco repertorio musicale, potrà suonare a casa vostra dietro ragionevole compenso. Aspettiamo prenotazioni per matrimoni, funerali, battesimi, compleanni, divorzi, feste del patrono e inaugurazioni. Garantiamo un abbigliamento adatto a tutte le occasioni».

«Quello che so fare è suonare, quello che amo fare è suonare, quello che voglio fare, ancora oggi, è suonare. Probabilmente avrei suonato anche se non mi avessero pagato, l’ avrei fatto comunque, anche senza soldi, perché volevo fare dischi, volevo che la gente ascoltasse la mia musica, pensavo di avere qualcosa da dire e di meritare di essere ascoltato. Non avevo un insegnante a disposizione, dovevo cavarmela da solo […]. Scelsi di suonare la chitarra perché costava meno di altri strumenti […] e imparai a suonare il blues dai miei vicini di casa». (B. B. King).

Dal 1997, ogni anno, la Regìa Autonoma dei trasporti parigini (RATP) indice un concorso per poter suonare nella metro di Parigi. I musicisti ufficiali, al massimo 300-350, possono suonare nei corridoi delle 380 stazoini della città, ma non sui treni. I guadagni si aggirano intorno ai 60-70 euro giornalieri. Cantanti diventati famosi suonando in metropolitana: Ben Harper, Alain Souchon, Laam, Anis, Keziah Jones. Per la metro parigina passano ogni giorno 4,8 milioni di persone.

La tecnologia Midi (Musical Instrument Digital Interface) permette di suonare uno strumento musicale elettronico collegato ad un computer e partecipare a una lezione online. Il Conservatorio jazz di Boston, uno tra i migliori nel mondo, ha calcolato che il mercato potenziale negli Stati Uniti delle lezioni telematiche possa arrivare fino a due miliardi di dollari (2,3 miliardi di euro) l’anno.

Sul web si trovano video dimostrativi e veri e propri corsi di musica. Su wikivideo.it un videocorso di 23 lezioni insegna a suonare la chitarra. Oltre 10.000 studenti hanno studiato invece su danmansmusic.com, un sito che offre gratuitamente video-lezioni di chitarra, armonica, batteria o piano, oltre a migliaia di spartiti e lezioni teoriche. Su method-behind-the-music.com o su cyberspacers.com ci si può esercitare al piano usando la tastiera del pc. Su buckle.com o su virtualdrumming.it si può suonare la batteria.

Garage Band è il nuovo programma di Apple che insegna a suonare il piano o la chitarra direttamente su Mac. Il funzionamento è piuttosto semplice. Collegando una tastiera musicale usb al Mac, si ha accesso al software di oltre 100 strumenti: pianoforti, corde, percussioni, chitarre, corni.... Si crea una traccia, si scegli lo strumento e si suona.

Nel 2007 e nel 2008 Guitar Hero è stato il gioco musicale più venduto (22 milioni di copie nel mondo). Anche Rock Band ha avuto un ottimo successo. Scopo del gioco era quello di creare un vero e proprio complesso musicale tramite un controller a forma di chitarra (riproduzione della Fender Stratocaster), una batteria elettronica ed un microfono. In risposta al successo di questi giochi, Nintendo ha lanciato Wii Music: con il telecomando Wii, che si trasforma in più di 60 strumenti, si può imparare a suonare in modo intuitivo una cinquantina di tracce.

«La tecnologia permette di sostituire i musicisti con le macchine con grande gioia dei gestori delle balere, soddisfattissimi di fronte a cachet notevolmente più bassi rispetto al passato: il risultato artistico però è impersonale, tristissimo; tutti ormai suonano allo stesso modo, c’ è un grigiore sconfortante» (Mirko Casadei).

«La mia storia di pianista è totalmente atipica. Non sono stato un bambino prodigio. Non sono ebreo. Non sono dell’Est europeo. I miei genitori non erano musicisti. Ho una buona memoria, ma non fenomenale. Non sono un buon lettore a prima vista. In verità, credetemi, io non riesco proprio a spiegare come ce l’ho fatta» (Alfred Brendel, pianista).

«La musica ci rende più buoni» (Giovanni Berlinguer, presidente del Comitato per l’ Apprendimento Musicale ed ex ministro).