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 2009  dicembre 13 Domenica calendario

MARIA CRISTINA CARRATU

MARIA CRISTINA CARRAT
FIRENZE - «Nessun blitz» per il crocifisso attribuito a Michelangelo, dice il ministero dei Beni culturali. Ma è solo un problema di termini: i carabinieri del nucleo tutela del patrimonio culturale si sono presentati venerdì scorso in via del Collegio Romano per prelevare i documenti relativi all´acquisto da parte dello Stato della scultura lignea, ora esposta al Museo diocesano di Napoli e destinata al museo fiorentino del Bargello. Acquistata nel dicembre del 2008 per 3 milioni e 250 mila euro, col parere favorevole dell´allora soprintendente Antonio Paolucci, oggi direttore dei Musei Vaticani, e della soprintendente al Polo museale fiorentino Cristina Acidini, presentata dal ministro Bondi come «un importante arricchimento del nostro patrimonio», ma a giudizio di molti autorevoli storici dell´arte solo un oggetto "seriale" di bottega artigiana, niente affatto di Michelangelo. Il ministero, nella apparente smentita di ieri, ha in realtà confermato l´avvenuta «acquisizione di documenti» da parte dei carabinieri «sulla base di una richiesta fatta dal magistrato della Corte dei Conti», che da febbraio indaga sull´acquisto ipotizzando il danno erariale. Il prezzo pagato per la scultura potrebbe essere stato infatti troppo alto per un falso Michelangelo, e troppo basso per un´opera del grande scultore. Lo Stato, hanno sempre sostenuto i critici, avrebbe dovuto insospettirsi, come i privati e le banche cui l´antiquario torinese Giancarlo Gallino lo aveva già offerto (a 15 milioni di euro) e che avevano tutti rifiutato. «Nessuna comunicazione, al momento», secondo il ministero, ci sarebbe stata invece «da parte della Procura della Repubblica».
Secondo fonti di Piazzale Clodio, nei mesi scorsi sarebbe arrivato un esposto-denuncia relativo alla vicenda, il cui fascicolo è stato subito trasferito alla Procura di Torino. Ma il ministero insiste sulla correttezza di tutte le procedure seguite: «Sull´acquisto del crocifisso abbiamo ascoltato la direzione generale dei Beni artistici e architettonici, che si avvale di un comitato tecnico di settore insediato al ministero e che si è pronunciato per tre volte a favore dell´acquisizione, ritenendo l´opera importante» ha dichiarato ieri il sottosegretario Francesco Giro, ricordando l´attribuzione della scultura a Sansovino, «grande artista del Rinascimento», da parte della storica Margrit Lisner. Giro sottolinea inoltre che, «come ogni atto dell´amministrazione pubblica», la procedura di acquisizione dell´opera «è stata denunciata alla Corte dei Conti», mentre le trattative sul prezzo con l´antiquario torinese, «partite quando era ministro Francesco Rutelli», sono state seguite, nel dicembre 2008, «da regolare contratto». A suo giudizio, insomma, quella della Corte dei Conti è solo «un´istruttoria di routine».

"Quel Cristo non è di Buonarroti lui aspirava alle grandi dimensioni"
Lo vidi nel 2003 e mi rifiutai di sostenerne l´attribuzione E sono sempre più convinto di avere avuto ragione
«L´antiquario Gallino mi portò il crocifisso già nel 2003 chiedendomi di sostenerne l´attribuzione, ma io rifiutai. E oggi ne sono più che mai convinto: quel Cristo non è di Michelangelo». Francesco Caglioti è uno dei massimi esperti italiani di sculture medievali e rinascimentali. E ne è certo: «La qualità di quest´opera non ha niente a che vedere con quelle di Michelangelo e tutto invece con quella dei tantissimi crocifissi di serie tipici della grande produzione artigianale fiorentina dell´epoca. E di cui, insistendo sull´attribuzione a Michelangelo del crocifisso, si disconoscerebbe il valore». La mano tipica «del legnaiuolo», e anzi «del crocifissaio», è qui «evidentissima», dice Caglioti. Ma poi: niente a che vedere con lo stile delle sculture del grande artista, «sempre segnate dalla torsione che parte dall´anca destra e si estende a tutto il corpo, mentre questo Cristo sembra uno stoccafisso steso ad asciugare…». E si vuole capire o no, protesta, che «Michelangelo, titano che aspira alle dimensioni gigantesche, rifuggiva sempre dal piccolo?». Quanto invece alla mancanza di una prova documentaria, «è un falso problema» sostiene Caglioti: «Il documento primario, per me, è l´opera stessa, che gli storici dell´arte devono saper guardare».
(m.c.c.)


Lo storico dell´arte Giancarlo Gentilini

"Nel crocifisso elementi stilistici che ricordano la Pietà vaticana"



Che manchi la prova autografa non significa nulla Lo ricorda anche il biografo dell´artista, Ascanio Condivi

«Non avrebbe senso ridiscutere di un´attribuzione su cui convergono tutte le valutazioni, stilistiche, tecniche, iconografiche e storiche». Lo storico dell´arte Giancarlo Gentilini ha sempre avvallato la paternità di Michelangelo per il Cristo sotto indagine. «Dire che manca la prova autografa non significa nulla» sostiene, citando il biografo Ascanio Condivi «secondo cui è "impossibile dar menzione delle infinite altre cose (dello scultore) le quali non si veggiono", cioè di opere di piccole dimensioni finite chissà dove». Gentilini ne è convinto: «Bisogna uscire da una visione idealistica di Michelangelo "genio dei colossi", e immaginarlo giovane e ancora ignoto, con problemi di soldi, e che, per sbarcare il lunario, come tanti altri artisti non disdegnava di scolpire anche piccoli crocifissi». Quanto alla serialità denunciata dai critici, «è semmai questo Cristo a inaugurare una serialità, con un nuovo canone formale ripreso da altri». poi provato che l´artista, dopo aver incollato due assi di legno, ha proceduto «per via di levare», secondo «il suo tipico procedimento scultoreo, con la variante in corso d´opera della testa reclinata». Ancora: «Molti elementi stilistici del crocifisso (corpo, testa, gambe, occhi) trovano un evidente riscontro nella Pietà vaticana».
(m.c.c.)