Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  dicembre 13 Domenica calendario

Moratti. I fischi riesplodono. Lei parla lo stesso: «Capisco le contestazioni, ma i fischi non aiutano la ricerca della verità»

Moratti. I fischi riesplodono. Lei parla lo stesso: «Capisco le contestazioni, ma i fischi non aiutano la ricerca della verità». Arriva in fondo coperta dal fra­stuono. Poi tocca a Formigoni, cui tocca la stessa sorte: «Rap­presento dieci milioni di lom­bardi, non saranno pochi conte­statori a fermarmi». Zinni av­verte la folla: «Contestare è un diritto, ma se non rispettate chi parla i familiari delle vitti­me abbandoneranno il palco». Il fatto è che nel frattempo al­l’altro corteo, rimasto fuori dal­la piazza, si sono aggiunti an­che tutti coloro che pur non avendo a che fare né con la sini­stra estrema né con i centri so­ciali vorrebbero semplicemen­te arrivare lì, nella piazza del ri­cordo. Che però è chiusa dai cordoni di polizia e carabinieri. Gli «esclusi» sono lontani, non sentono né vedono neppure chi sta parlando dal palco. Pre­mono per entrare, alcuni si in­filtrano e urlano sempre più forte: «Aprite la piazza!». La cal­ca che spinge sullo sbarramen­to cresce, partono petardi, le forze dell’ordine reagiscono con qualche manganellata. Carlo Arnoldi, un altro il cui padre morì ucciso allora, legge un discorso che se la folla lo sentisse farebbe silenzio ecco­me. Ma lo sentono solo quelli sotto il palco, il resto non ascol­ta più niente: sono solo grida, fumo, tanta rabbia da parte di chi non riesce a capire, molta tristezza da parte di chi capi­sce. L’ultimo che parla è Ono­rio Rosati, della Camera del La­voro. Ai bordi della piazza è il caos. Zinni e gli altri, dal palco, si guardano un’ultima volta e decidono: «Andiamo via». Ap­pena il palco si svuota e le auto­rità sono lontane arriva il se­gnale alle forze dell’ordine: « tutto finito, lasciateli entrare». Fine della tensione. Peccato sia finito anche il resto. Una donna se ne torna verso casa con i due figli. Si chiama Franca Cividali: «Fanno la scuo­la media. Li avevo portati per­ché credevo fosse un’occasio­ne educativa, invece hanno fer­mato anche noi. Certo, chi ha fi­schiato oggi ha sbagliato. Ma del resto, se ogni giorno apri i giornali e vedi che neppure le istituzioni rispettano più se stesse, come si fa a stupirsi se non le rispetta la piazza?». Paola D’Amico Paolo Foschini