Maurizio Belpietro, Libero 10/12/2009, 10 dicembre 2009
I teleprocuratori pronti a tutto pur di apparire- Il ministro Alfano ha accusato il sindacato dei magistrati d’essere causa delle gravi disfunzioni della giustizia
I teleprocuratori pronti a tutto pur di apparire- Il ministro Alfano ha accusato il sindacato dei magistrati d’essere causa delle gravi disfunzioni della giustizia. «Colpa sua se le procure sono vuote», ha detto il giovane responsabile del dicastero di via Arenula. Ovviamente le parole sono bastate per riattizzare lo scontro tra governo e giudici, tra l’altro richiamati a frequentare più le aule di tribunale e meno gli studi televisivi. Di nostro aggiungiamo i luoghi dove si svolgono pubblici dibattiti e le redazioni dei giornali, ma non vogliamo infierire troppo sulla categoria togata. Al di là delle polemiche di giornata, forse va spiegato come funzionano le cose nelle procure e nei palazzetti di giustizia, diversamente si fatica a capire perché, pur avendo più magistrati di altri paesi, l’Italia ha anche il record delle cause arretrate, milioni di pratiche non evase, molte delle quali finiranno direttamente dall’archivio al cestino. Nella penisola sono in funzione quasi 1300 tribunali in cui lavorano poco meno di 9 mila giudici e pm, oltre a 27 mila addetti tra applicati e cancellieri. Nelle aule in cui si amministra la giustizia non sono né il personale né le risorse a mancare, semmai l’organizzazione. E a testimoniarlo non è Angelino Alfano,che potrebbe essere giudicato di parte e neppure il sottoscritto, ma un insospettabile come il governatore della Banca d’Italia. Mario Draghi nel 2008, durante la consueta relazione di fine maggio, ha spiegato che «il confronto internazionale non sembra indicare nella carenza di risorse la ragione dell’inefficienza della giustizia. Criticità emergono invece con riguardo alle modalità con cui le risorse vengono impiegate e organizzate ». Tradotto nella lingua dei comuni mortali vuol dire che di soldi ce ne sono quanti ne servono e che in tribunale li sprecano, non sono capaci di gestirli. La maggior parte delle risorse se le prendono direttamente i giudici, incassando una busta paga più gonfia di quella dei colleghi stranieri. Il resto se ne va con un’organizzazione del lavoro folle che farebbe fallire qualunque azienda e non garantirebbe alcun servizio efficiente. Un esempio? Le carenze di organico. Prendete una società che abbia succursali in tutta Italia e immaginate che a Palermo il negozio sia a corto di personale, mentre quello di Venezia funzioni ma abbia troppi dipendenti. Che cosa farebbe un capo azienda con un minimo di esperienza? Semplice, trasferirebbe, momentaneamente o stabilmente, un certo numero di persone dal Veneto alla Sicilia. Coi magistrati non si può fare. Nessuna toga infatti può essere destinata ad altra città senza che ne abbia fatto richiesta. Addirittura, senza consenso, si fatica perfino a ottenere brevi trasferimenti fra città vicine. A Bologna, per esempio, poco tempo fa il presidente della corte d’Appello ha provato a far applicare i colleghi di altre città dell’Emilia un paio di giorni al mese, allo scopo di smaltire le cause arretrate del tribunale capoluogo, ma è stato bocciato all’una - nimità dai colleghi e dal Csm. Non sia mai che un magistrato di Rimini sia costretto a passare un paio di giornate a Bologna e a emettere tre sentenze in più al mese: ve lo immaginate lo stress? lfano, per convincere i riottosi che non hanno voglia di trasferirsi nelle sedi più scomode o dove c’è da rimboccarsi le maniche, ha perfino pensato a un incentivo economico: due-tre mila euro in più per lavorare in posti dove le toghe sono carenti.Ma neppure lo stimolo economico ha spostato di un millimetro giudici che si considerano inamovibili e i palazzi di giustizia più scomodi continuano a essere deserti come prima. Solo in città come Brescia, considerata sede disagiata perché il capo della procura aveva fama d’essere uno tosto, c’è stata la corsa, ma di pm che stando a Milano speravano di incassare il beneficio senza neppure scomodarsi per il trasferimento. Al contrario nei tribunali del Sud nessuno vuole prendere servizio: ci mandassero i ragazzini, vale a dire quelli che hanno appena vinto il concorso, dice l’Anm. Bella scelta: per il lavoro duro, cioè combattere mafia, ”ndrangheta e camorra, si schierano i pm alle prime armi, dove è più facile si lasciano gli esperti. Credo che basti questo per capire perché in aula qualcosa non va. E basterebbe levare i bulloni giuridici che inchiodano i magistrati alla poltrona per far ritornare un po’ di giustizia anche in tribunale.