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 2009  dicembre 11 Venerdì calendario

Il pm si smentisce su Stasi e cambia l’ora del delitto- Se non fosse che Chiara è stata uccisa a 26 anni, se non fosse che il suo fidanzato di 25 rischia l’ergastolo senza lo straccio di una prova e se non fosse che l’assassino di Garlasco potrebbe non avere mai un volto e perciò restare impunito, questo processo sarebbe una comica

Il pm si smentisce su Stasi e cambia l’ora del delitto- Se non fosse che Chiara è stata uccisa a 26 anni, se non fosse che il suo fidanzato di 25 rischia l’ergastolo senza lo straccio di una prova e se non fosse che l’assassino di Garlasco potrebbe non avere mai un volto e perciò restare impunito, questo processo sarebbe una comica. Tragica e assurda. Oltre che un motivo per supplicare il Padreterno (o chi per Lui) affinché a nessuno di noi capiti mai, e poi mai, di finire nelle mani di un magistrato che decide: «Sei stato tu. Adesso tento di tirar fuori le prove». Questo è accaduto e accade ancora nel cosiddetto giallo di Garlasco. Dove ieri, con un clamoroso colpo di scena, l’accusa ha cambiato ora e scena del delitto, smentendo se stessa e quanto sostenuto fino a questo momento. Il30aprile scorso il giudice Stefano Vitelli, invece dicondannare Alberto Stasi per l’omicidio di Chiara Poggi, ha ordinato a sette periti di rifare le indagini daccapo. Indagini da lui stesso definite «lacunose ». Risultato: cinque perizie cinque hanno demolito in toto il castello accusatorio costruito dai pm Rosa Muscio e Claudio Michelucci (subentrato in un secondo momento nell’inchiesta), scagionando Stasi e confermato le conclusioni dei consulenti della difesa. Dall’alibi inattaccabile esibito dall’imputato fin dal primo giorno («ero a casa al computer quando Chiara veniva uccisa»), sino ai cosiddetti esami sulle impronte e sul sangue risultati tutti quanti negativi. Due anni e quattro mesi di indagini a vuoto. E una sfilza di udienze durante le quali non è stata portata mezza prova. LA FARSA IN AULA Eppure, ieri, la pubblica accusa ha rinnovato al giudice la sua richiesta: «Condannare Alberto Stasi al massimo della pena. Trent’anni con le aggravanti per la crudeltà del delitto». L’equiva - lente dell’ergastolo nel processo celebrato secondo il rito abbreviato. Nessuno, men che meno i difensori dell’imputato, in realtà si aspettavano che Lor Signori pubblici ministeri di Vigevano (davanti alle evidenze scientifiche scaturite dalle perizie tutte favorevoli a Stasi) facessero un passo indietro. E riformulassero la loro richiesta. Non si è mai visto né sentito, in Italia, un magistrato (ovvero un essere umano e non Dio) ammettere: «Chiedo scusa, c’è stato un errore, ho sbagliato. Chiedo l’assoluzione dell’impu - tato dopo avere insistito per la sua condanna». Un abbaglio anche soltanto pensare possa accadere. Però quello che è successo ieri nell’aula di Vigevano (un’aula di giustizia) ha in sé qualcosa di grottesco e pericoloso. La dottoressa Rosa Muscio e l’omologo Claudio Michelucci hanno cambiato, a sorpresa, l’ora della morte di Chiara e ridisegnato la scena del crimine. Tutto questo a distanza di due anni e quattro mesi, durante i quali hanno affermato: «L’assassino (Stasi Alberto) ha colpito fra le 10,30 e mezzogiorno. Volendo essere precisi diciamo che lo ha fatto alle 11 del 13 agosto 2007». Peccato (per i pm) che i risultati delle consulenze del giudice smentiscano in toto. Esse infatti provano che Alberto, quella mattina, era a casa e scriveva la tesi di laurea al computer: lo ha fatto esattamente dalle 9,35 fino a mezzogiorno e venti minuti. Dunque non è stato lui a uccidere. Anche perché due testimoni (donne) ritenute attendibili, dicono: «Alle 9,10 c’era una bicicletta da donna nera davanti alla casa di Chiara», e potrebbe essere stata quella dell’omicida. Tant’è che per due anni la stessa accusa ha sostenuto (senza tuttavia provarlo) che sui pedali della bici (da uomo bordeaux) sequestrata a Stasi ci fosse sangue. Fu arrestato (e subito scarcerato) per questa prova che si rivelò falsa. Però la storia della bici e del sangue sui pedali, ha martellato per due anni. Adesso tutto questo cambia, insieme con la tesi bislacca dell’accusa: «Non più le 11 del mattino (quando Alberto era al computer), è successo molto dopo: addirittura fra le 12,46 e le 13,26». Ma come? Alberto ha chiamato la fidanzata che non rispondeva. Lo ha fatto esattamente alle 12,46 e alle 13,26 (dal telefono di casa su quello fisso dell’abitazione dei Poggi). Poco importa, replica il pm: «Ha chiamato per crearsi un alibi». Prima di uscire e una volta rientrato, dopo avere ucciso. Però il ragazzo ha telefonato (a vuoto) almeno un’altra decina di volte, a cominciare dalle 9,45 di quella mattina. Chiara non ha risposto. Lui a un certo punto si è preoccupato, cosè andato a casa sua. E l’ha trovata come ha sempre spiegato. Balle, secondo i pm. Alberto ha inventato tutto, «una messa in scena, non è entrato in casa e per questo le sue scarpe non erano sporche di sangue». Sangue fresco. VIA LA BICI DI VESPA Poco importa che i carabinieri arrivati sul posto abbiano scritto a verbale che invece il sangue sul pavimento era secco, come confermano il medico del 118 e i sette periti nominati dal giudice. Come non bastasse, l’avvocato della famiglia di Chiara ha smentito e attaccato l’accusa: «L’omicidio è stato consumato fra le 9,12 e le 9,36. Non dopo». Questa la sintesi di una farsa. Celebrata in un’aula di giustizia. Si torna il 15 e poi il 17, per la sentenza. Ps: la bicicletta che abbiamo visto per oltre due anni nel salotto di Bruno Vespa, quella che all’inizio doveva avere i pedali insanguinati, esce di scena. Non esiste più, da ieri.Secondoi pm leduetestimoni (attendibili secondo il giudice) non hanno visto niente. stato solo un sogno. Collettivo.