Marzo Zatterin, La stampa 11/12/2009, 11 dicembre 2009
Grecia, la voragine è di 300 miliardi- L’uomo è evidentemente degno di fiducia e i mercati gli credono
Grecia, la voragine è di 300 miliardi- L’uomo è evidentemente degno di fiducia e i mercati gli credono. «Escludo completamente una bancarotta dello stato greco» giura il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Trichet, offrendo il destro alla Borsa di Atene per un rimbalzo del 5,9%, parziale recupero dei quasi dieci punti bruciati in due giorni. Adesso bisogna vedere se dura. Il governo ellenico ha stimato che il debito è giunto laddove mai era arrivato, a quota 300 miliardi di euro. Il premier George Papandreou ha avvertito l’opinione pubblica che la medicina sarà amara, proprio mentre la crisi biancoazzurra finiva inevitabilmente sul tavolo del vertice europeo di Bruxelles su richiesta dei tedeschi: «Ciò che accade a uno stato Ue - ha detto la cancelliera Merkel - riguarda anche tutti gli altri perché c’è la moneta unica». I ventisette qualche brivido ce l’hanno e rispondono con una miscela di solidarietà e preoccupazione. Fra un tema e l’altro dell’ordine del giorno del vertice, si chiedono cosa sia possibile fare e quali siano i rischi. Il presidente di turno dell’Ue, il premier svedese Frederik Reinfeldt, avrebbe preferito che l’«effetto Moussaka», come uno sherpa lo ha definito ieri a Bruxelles, restasse fuori dal vertice. «Tutti i paesi Ue hanno dei problemi con la crisi - ha detto -, ma la gravità della situazione in Grecia era evidente già prima». Facile dirlo per lui che non è nell’eurozona, però alla fine lo ha capito. La disponibilità dell’Europa a costruire una scialuppa di salvataggio per la Grecia è un messaggio incoraggiante, sebbene incompiuto. Il finlandese Matti Vanhanen ha ammesso che «non possiamo aiutare la Grecia, fa parte delle regole incoraggiare gli stati ad uscire dai guai da soli». Parole in contrasto con quelle del ministro delle Finanze belga Didier Reynders che, invece, immagina un qualche sostegno ad Atene. Questo non esclude l’esigenza del pressing, come quello che il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, è tornato a esercitare, chiedendo misure «coraggiose» per il riequilibrio dei conti pubblici. «Tenuto conto della gravità della situazione - ha aggiunto - ho fiducia che il governo greco prenderà nel futuro prossimo le decisioni necessarie che si impongono». «Siamo pronti ad assumerci tutte le nostre responsabilità», gli ha risposto prontamente Papandreou, che corre verso un deficit al 12,7% del pil nel 2009 e un debito al 120% fra un anno. La Commissione Ue, quale garante del rispetto dei parametri virtuosi dell’Unione monetaria, segue la vicenda da vicino. Quella greca sarà la prima prova per il nuovo responsabile economico Olli Rehn, che si insedierà il primo febbraio. Il finlandese indicherà la nuova scadenza entro la quale Atene dovrà risanare propri conti. Ci saranno delle nuove raccomandazioni e un nuovo percorso di rientro che, sperano a Bruxelles, potrebbe riportare la situazione in equilibrio nel giro di 3-4 anni. Il guaio è che la Moussaka pare contagiosa. Anche la Spagna è finita sotto osservazione. Standard & Poor’s ha confermato il rating del debito nazionale, ma ha cambiato da «stabili» a «negative» le prospettive, il che in genere prelude a una successiva bocciatura. Costretto a fare il pompiere il premier Zapatero: «Bisogna essere chiari - ha spiegato - due agenzie (Moody’s e Fitch) hanno confermato il voto massimo per il nostro paese». Meglio che niente. Certe circostanze, faceva notare ieri un banchiere, «non restano mai sole». Anche se, sia chiaro, «è presto per immaginare un effetto domino».