Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  dicembre 11 Venerdì calendario

L’Egitto costruisce un muro d’acciaio per isolare Gaza- GERUSALEMME – Più du­ro d’un muro

L’Egitto costruisce un muro d’acciaio per isolare Gaza- GERUSALEMME – Più du­ro d’un muro. Più profondo d’un tunnel. Più invisibile d’un contrabbandiere. Gli egi­ziani lo starebbero costruen­do da diciassette giorni. In se­greto. «Di giorno scavano, di notte piazzano le putrelle». Un gigantesco scudo d’accia­io rinforzato, a prova di bom­be e di fiamma. Impenetrabi­le. Che chiuderà il confine di Rafah per 9-10 km. E arriverà fino a 30 metri sottoterra. E servirà a bloccare le armi che passano per centinaia di tun­nel. E chiuderà Gaza per sem­pre, e dappertutto. Il governo del Cairo avrebbe dato l’ok nei mesi scorsi, gli americani non avrebbero detto no, gl’ israeliani avrebbero detto che era ora. Chi abita sull’orlo della Striscia, chiede l’anoni­mato e conferma: «Sono ve­nuti operai, camion, ruspe. Quattro chilometri li hanno già completati. Tengono tut­to nascosto, per paura di rea­zioni. Ma scavano molto. E co­prono dove lavorano». Muro contro muro. Se sca­tenò l’indignazione interna­zionale quello che Sharon co­struì in pochi mesi, per bloc­care i kamikaze dalla West Bank, provoca solo un imba­razzato silenzio questo che Mubarak starebbe montando di notte, per sigillare Gaza. A rivelare il progetto è stato mercoledì un quotidiano isra­eliano, Haaretz . A riprendere la notizia è stata ieri la Bbc. Obbligando il governo egizia­no a una smentita breve, at­traverso il sito del giornale Al-Shorouk: «Per fermare il contrabbando, l’Egitto sta conducendo un’azione seria ed efficace, senza ricorrere ad alcun muro». E poiché quest’ azione viene svolta da mesi assieme agli americani – do­po che alla Conferenza di Sharm el Sheikh fu Hillary Clinton a garantire l’invio di tecnici e sensori radar – ec­co diventare più di un’ipotesi il consenso Usa allo scudo: «Ogni domanda su progetti specifici a Rafah – non nega l’ambasciata americana al Cai­ro – va rivolta direttamente al governo egiziano». Inutile dire che cosa pensino della faccenda a Gerusalemme: da anni qui si rimprovera a Mu­barak di non fare abbastanza per fermare i Qassam irania­ni che arrivano via tunnel. E forse non è casuale che, mar­tedì, Netanyahu abbia parlato d’una barriera da tirar su, lui pure, lungo la frontiera tra Israele ed Egitto: in pratica, un prolungamento del muro d’acciaio. Sbarrare i tunnel, strango­lare Gaza. «Non posso crede­re che i nostri fratelli metta­no una barriera fra noi», dice un portavoce di Hamas, Yehiye Moussa. Eppure la Stri­scia sta diventando un proble­ma soprattutto degli egiziani. La guerra d’un anno fa ha ri­dotto del 90% il lancio dei raz­zi su Israele e gli altri valichi sono insuperabili: col conta­gocce, l’esercito israeliano ha concesso in questi giorni di portare dentro 10mila dosi di vaccino per l’influenza A e d’esportare un po’ di fiori dal­le serre. Anche le trattative per la liberazione di Gilad Shalit, tornate in altomare, si fanno al Cairo (a proposito: resterà aperto il tunnel Vip, usato per le delegazioni di Ha­mas?). L’anno scorso, quan­do a migliaia sfondarono il va­lico di Rafah e si riversarono in Egitto, non passarono inos­servati i modi spicci con cui la polizia di Mubarak li ricac­ciò indietro: molti Paesi arabi contestarono «il faraone», che non fa nulla per alleviare l’isolamento d’un milione e mezzo di «fratelli» palestine­si. Per i tunnel, ricostruiti do­po la guerra, oggi passano ci­bo, auto, moto, droga, medici­nali, benzina. Perfino vacche e Viagra. Senza i tunnel, Gaza non evade più nemmeno dall’ incubo.