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 2009  dicembre 11 Venerdì calendario

SE I BANCHIERI FUGGONO DALLA CITY

«Fra qualche mese cominceremo a vedere anche nelle banche i segni di quanto sta già avvenendo negli hedge fund ». un senior banker della City quello che disegna un futuro incerto per il Miglio quadrato avvolto com’è dalla fragilità di una stagione politica al tramonto. Londra si risveglia dalla scossa della super tassa imposta da Alistair Darling sui bonus dei banchieri (50% sui compensi superiori a 25mila sterline), certa che la vita non sarà più quella di prima. Nulla è ovviamente cambiato nell’agenda quotidiana. Stessa metropolitana affollata, stessa frenesia, stesso cielo sopra la City, azzurro, ieri, quasi a celebrare la beffa del Cancelliere. difficile immaginare la fuga da Londra anche perché nessuno sa indicare verso dove. Gli hedge puntano su Ginevra e i cantoni a fiscalità calmierata, per così dire. Per le banche, visti i numeri, non potrà essere la stessa cosa. Eppure l’abitudine a regole lasse e norme compiacenti, notava George Soros al convegno sul futuro della finanza organizzato dal Wall Street Journal, dà assuefazione. Uomini e soldi andranno là dove saranno meglio ospitati. «Per questo Londra - continua l’anonimo banchiere - rischia di percorrere a ritroso la via battuta negli anni Ottanta. E la spirale può essere altrettanto veloce se vengono meno i due pi-lastri che hanno costruito la City: un ambiente dominato dalla certezza di regole finanziarie e condizioni fiscali stabili e favorevoli, un network di contatti che rendeva conveniente e logico esserci. Se incominciano le partenze, la rete si allenta e tutto rischia di dissolversi».
Un grande punto interrogativo appare così sui destini di banche, hedge fund, assicurazioni, servizi legali e quell’indotto industriale che forma il distretto finanziario d’Europa. Sembra impossibile che una rivoluzione sia innescata da una tassa. E, infatti, sarebbe un errore imputare tutto al balzello di Darling che, per esempio, non riguarda gli hedge fund, industria già in partenza verso Ginevra. Peggio ancora è credere che si tratti di un’operazione tanto enorme, tecnicamente complessa, da essere impossibile. «Non c’è scambio fisico, è lavoro immateriale. La minaccia mostrerà di poter essere realtà quando vedremo aumentare le assunzione di giovani laureati lontano da Londra. In Asia e magari in Svizzera». Sarà allora che il distretto darà segni concreti di smottamento, suggerisce il banchiere.
Non è il solo. Giorgio Questa docente di finanza alla Cass business school della City University concorda. «Ho già sentito di molte persone che valutano il trasferimento perché all’incertezza legislativa si sta aggiungendo la sensazione di ostilità. Comincerà tutto con la relocation di banchieri più senior e poi continuerà con il trasferimento di attività. Immagino a settori meno esposti, come la contabilità che potrebbe emigrare in Irlanda». Anche lì, in realtà, la festa è finita da un pezzo. L’altro ieri Dublino ha spento le ultime luci, imponendo una tassa una tantum da 200mila sterline su chi guadagna più di un milione e ha proprietà superiori a cinque milioni di euro. Irlandese o no, pur che sia domiciliato in quel che resta della Tigre Celtica. Oggi il banchiere è malvisto a Londra. Quella che pareva la stagione passeggera della crisi, con il finanziere in grisaglia a impersonare il cattivo nei teatri off del West End, minaccia di farsi presenza costante. Lo scollamento sociale s’approfondisce. E Gordon Brown lo cavalca, spavaldo. La super tassa sui bonus, è infatti solo l’ultimo episodio di un rosario di norme che muove dalla stretta fiscale sui "non domiciliati" , all’aliquota marginale del 50% sui redditi oltre le 150mila sterline, all’innalzamento dei contributi sociali, all’eliminazione di deduzioni per i benestanti. «Questo significa ha stabilito uno studio di PricewaterhouseCoopers che una banca pagherà 131 sterline per darne a un banchiere 59 ». E questo significa che nel G20, Londra, è precipitata al diciottesimo posto in termini di appeal fiscale per chi ha un reddito da 250mila sterline e oltre.
Da un governo laburista è legittimo attendersi logiche redistributive, ma è più bizzarro quando il governo svolta da se stesso. Nel decennio e più del Labour i Ceo stranieri alla testa di società quotate nel Ftse 100 della Borsa sono diventati un terzo del totale. Gente che guadagna almeno 800mila sterline l’anno e che ha scelto di trasferirsi a Londra seguendo tre considerazioni: compensi, infrastrutture, qualità della vita. Soddisfacendo queste esigenze Londra ha guadagnato il 50% delle attività di investment banking europeo garantendosi un quarto dei ricavi. Dalla City passa, oggi, il 36% del trading valutario mondiale, il 19% delle attività di credito globale e il 18% degli assets dell’industria di hedge fund. Per le casse dello Stato ciò significa il 12% del gettito fiscale. Il benessere inglese ha un solo nome: City, nonostante le perversioni che comporta. Scommettere tutto su di essa è stato un azzardo. Cambiare strada ora è un rischio incalcolabile. A Londra in tanti trattengono il fiato e lo faranno fino a primavera: le elezioni diranno se la svolta di classe è solo demagogia pre elettorale.