Lorenzo Bini Smaghi, Il Sole-24 Ore 11/12/2009;, 11 dicembre 2009
LA RIPRESA NON AVR LA VELOCIT DI UNA VOLTA
Le politiche economiche messe in atto nel corso degli ultimi dodici mesi, sia nei paesi avanzati sia in quelli emergenti, hanno evitato il tracollo dell’economia mondiale. La fase recessiva si è arrestata. Nella maggior parte dei paesi, in particolare quelli dell’area dell’euro, il prodotto lordo ha ripreso a crescere nel terzo trimestre di quest’anno. Rimane tuttavia grande incertezza sull’intensità e sulla sostenibilità della ripresa per i mesi e anni a venire.
Secondo la maggior parte delle previsioni delle organizzazioni internazionali, la crescita nell’area dell’euro dovrebbe essere graduale e a ritmo alternato. Come in passato, il contributo principale verrà dall’export, mentre quello dei consumi interni e degli investimenti dovrebbe rimanere modesto. L’inflazione, tornata positiva dopo gli effetti di base dei mesi scorsi, è prevista su livelli lievemente superiori all’1% per i prossimi due anni. Le aspettative d’inflazione di medio periodo sono ben ancorate. Le previsioni della Bce sono in linea con questa diagnosi.
Un recupero veloce dell’attività economica, sui ritmi che si registravano prima della crisi, appare improbabile per vari motivi. Innanzitutto, non bisogna dimenticare che la crescita in atto nel periodo precedente alla crisi non era sostenibile e mascherava squilibri economici e finanziari nei singoli paesi e a livello internazionale, alimentati da un ricorso eccessivo al credito. Ritornare rapidamente su quei ritmi di crescita sarebbe altrettanto insostenibile.
La riduzione della leva finanziaria, non solo da parte degli intermediari finanziari ma anche delle famiglie e delle imprese, soprattutto negli Stati Uniti, dovrebbe far aumentare il tasso di risparmio privato e contenere i consumi. In secondo luogo, il crollo dell’attività economica registrato nell’ultimo anno potrà avere effetti duraturi sul potenziale di crescita dei paesi avanzati. La perdita di capacità produttiva in alcuni settori, come quello delle costruzioni, finanziario o dei trasporti, potrebbe avere una componente di natura permanente, con ripercussioni di lungo periodo, in particolare sull’occupazione.
In terzo luogo, la ripresa economica è sostenuta in larga parte dalle misure monetarie e fiscali messe in atto in tutti paesi, che dovranno però a un certo punto essere ritirate per non mettere a repentaglio gli equilibri finanziari. Tutti i paesi avanzati usciranno da questa crisi con un debito pubblico più elevato, che aumenterà l’onere degli interessi.
In quarto luogo, la recessione registrata nel corso dell’ultimo anno potrebbe produrre ulteriori effetti a caduta. Il tasso di disoccupazione è finora aumentato meno del previsto,grazie in parte all’effetto degli ammortizzatori sociali. L’efficacia di tali ammortizzatori dipende in parte dalla forza della ripresa economica: più la ripresa è robusta e rapida, maggiore è l’incentivo da parte delle imprese a utilizzare gli ammortizzatori per trattenere forza lavoro fino al superamento della crisi. Se invece la ripresa è lenta e il calo della produzione è duraturo, il livello di occupazione può difficilmente rimanere immutato.
Infine, la ripresa economica nei paesi avanzati può risentire negativamente del rialzo dei prezzi delle materie prime, in particolare il petrolio, connesso alla domanda più dinamica da parte dei paesi emergenti e a movimenti speculativi. Si verificò lo stesso fenomeno durante il precedente ciclo economico, tra il 2003 e il 2007, determinando una perdita delle ragioni di scambio per i paesi avanzati. Ciò spiega in parte perché in quegli anni si tese a sovrastimare la crescita e a sottostimare l’inflazione. C’è il rischio di ripetere quegli errori di previsione.
I fattori di rischio non sono solo negativi, e non si può escludere che la ripresa economica mondiale produca effetti moltiplicatori superiori al previsto. Vari indicatori, come la fiducia dei consumatori e delle imprese, sono tornati in positivo.
Un fattore che può contribuire al miglioramento del clima di fiducia è il graduale miglioramento delle condizioni di fondo dei mercati finanziari. Sui mercati monetari i rischi di controparte si sono ridotti sui livelli precedenti quelli in vigore prima del fallimento di Lehman Brothers, nel settembre 2008. Il finanziamento erogato dalle banche centrali, a condizioni particolarmente favorevoli, è stato particolarmente utile nella fase più acuta della crisi. Ha consentito alle banche di programmare la gestione della liquidità in un momento di grande incertezza. Se protratte oltremodo, tuttavia, quelle misure rischiano di creare distorsioni che ostacolano il ripristino di un adeguato funzionamento del mercato. Per questo motivo la Bce ha annunciato un graduale ritiro delle procedure straordinarie di erogazione del credito, da mettere in atto nel corso dei prossimi mesi. essenziale che le banche si preparino per tempo al nuovo contesto, facendo nuovamente ricorso al mercato per le loro esigenze di finanziamento di lungo termine.
Negli ultimi mesi si è registrata una forte ripresa dell’attività dei mercati obbligazionari privati, con effetti favorevoli sulle condizioni di finanziamento delle imprese, soprattutto quelle di grandi dimensioni. Le emissioni del sistema bancario rimangono ancora modeste. A parità di categoria di rischio, gli spread sui titoli bancari rimangono notevolmente superiori a quelli non-bancari. Gli investitori sembrano essere ancora scettici sui progressi realizzati nel processo di risanamento e di ristrutturazione dei bilanci da parte di alcune banche.
Nel complesso, il sistema bancario sta continuando a ridurre la leva finanziaria e il grado di rischio delle proprie attività. Tale aggiustamento, se necessario a livello di singola banca, può avere effetti indesiderati a livello macroeconomico. A ottobre, i prestiti del settore finanziario a quello reale nell’area dell’euro si sono contratti di circa lo 0,8% su base annua.
In questa fase del ciclo il rallentamento del credito bancario è da attribuire in gran parte a fattori di domanda. Data la contrazione della produzione e degli investimenti registrata in tutta Europa, è difficile aspettarsi altro che una diminuzione del credito. Il problema rischia di porsi al momento in cuila domanda d’investimenti riprenderà a crescere e la ripresa si consoliderà, cioè nel corso dei prossimi 18 mesi. Se in quella fase il sistema bancario non sarà in grado di assecondare la domanda di nuovo credito, la ripresa potrebbe essere compromessa. Per evitare un tale scenario, il sistema bancario deve usare l’attuale fase di ristrutturazione per rafforzare la propria base patrimoniale. Al riguardo, non bisogna dimenticare che gli utili che le banche stanno attualmente realizzando sono stati ottenuti in larga parte grazie alle misure straordinarie messe in atto dalle autorità monetarie, sotto forma di liquidità a basso prezzo. Tali utili, che hanno natura transitoria, devono essere utilizzati dalle banche per aumentare e migliorare la qualità del loro patrimonio. Ciò consentirà anche di recuperare un più ampio accesso ai mercati dei capitali e di far fronte all’aumento delle insolvenze. La distribuzione dei dividendi agli azionisti e la remunerazione straordinaria dei dipendenti non sono una priorità in questa fase delicata del ciclo. Un tale scenario pone seri vincoli alla conduzione della politica economica.
La ripresa economica è ancora fragile e dipende in gran parte dallo stimolo fiscale e monetario. Appare dunque prematuro ritirare ora lo stimolo. Bisogna tuttavia stare attenti a non prolungarlo oltre misura. Ciò avrebbe effetti indesiderati sulla stabilità del sistema finanziario, determinando quotazioni non in linea con i fondamentali, che dovrebbero poi aggiustarsi con effetti negativi per i bilanci delle istituzioni finanziarie. Si deve evitare anche il rischio di generare dinamiche non sostenibili del debito pubblico, che minerebbe la fiducia delle famiglie e delle imprese. L’esperienza storica dimostra che più l’aggiustamento viene rimandato nel tempo, più rischia di essere gravoso.
Per tornare a crescere in modo autonomo e sostenibile sono necessarie altre politiche, di natura strutturale, che favoriscono una migliore allocazione delle risorse e un recupero di competitività. Solo così si può innalzare il tasso di crescita potenziale dell’economia,agevolare l’aggiustamento dell’occupazione dai settori in declino verso quelli più dinamici, aumentare la fiducia. E uscire definitivamente dalla crisi.