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 2009  dicembre 16 Mercoledì calendario

GIACOMO AMADORI PER PANORAMA 16 DICEMBRE 2009

Sesso, bugie e videotape: i conti non tornano Caso Marrazzo: due omicidi improbabili. Cachet fuorimercato per i trans. E quel filmino poco segreto. Vacilla l’ipotesi del complotto.

Le cronache l’hanno raccontata come una spy-story degna del Watergate. Ma la vicenda del video girato il 3 luglio in via Gradoli 96 a Roma, in casa del trans brasiliano Natalie, con protagonista Piero Marrazzo, ex presidente della Regione Lazio, non ha alcun collegamento con le successive morti dello spacciatore salernitano Gianguarino Cafasso e con quella di Brenda, un altro viado sudamericano frequentato dal governatore. Quasi sicuramente non c’è la regia di un grande vecchio dietro la caduta di Marrazzo, né ha trovato riscontri l’ipotesi che Cafasso (il primo che ha provato a vendere il video) e Brenda siano stati eliminati, magari come scomodi testimoni del filmato.
Facciamo un po’ di ordine e partiamo dalla morte di Brenda. Il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo e il sostituto Rodolfo Sabelli procedono per omicidio. Ma le indagini per ora non hanno trovato conferme a questa ipotesi. In attesa dei risultati degli accertamenti della polizia scientifica, l’unica verità è che Brenda aveva mescolato alcol e psicofarmaci ed è stato soffocato dal monossido di carbonio sprigionato dal falò del suo trolley.
Chi lo ha incendiato? Non è escluso che sia stato un evento casuale a generare la combustione. In cucina gli uomini della squadra mobile guidata da Vittorio Rizzi hanno trovato un rubinetto aperto. Brenda aveva ripreso conoscenza e aveva provato a spegnere il focolaio, per poi tornare a letto? L’altra ipotesi è che qualcuno per dispetto (invidia o gelosia i possibili moventi) abbia potuto dare fuoco alla valigia, senza intenzione di uccidere. Infatti nessun assassino sceglierebbe un sistema tanto cervellotico per ammazzare la propria vittima: prima la fa ubriacare, quindi spera che divampi un incendio che, magari, non attecchisce.
Passiamo al secondo decesso, quello di Cafasso. L’uomo, obeso e con problemi cardiaci, è stato stroncato da una dose di cocaina tagliata con eroina. La notte dell’infarto, Cafasso era in compagnia di Jennifer, il viado che frequentava da alcuni mesi. Secondo quanto risulta a Panorama, se quella sera i due avessero diviso la droga, la sostanza non sarebbe stata letale. Quindi o Jennifer, che non ha sniffato, è complice del presunto omicida (ma non è indagato) o quest’ultimo ha potuto contare su un altro evento favorevole, ma fortuito: il rifiuto del trans di assumere stupefacenti.
Veniamo alla vicenda del video. La ricostruzione ufficiale è basata sulle testimonianze di Marrazzo e Natalie, che pure di fronte agli inquirenti hanno modificato, in parte, le loro versioni iniziali. Secondo i magistrati, compreso il giudice del riesame Francesco Taurisano, due carabinieri, Carlo Tagliente e Luciano Simeone, rispettivamente 29 e 30 anni, il 3 luglio vengono informati da Cafasso che nella casa di Natalie c’è Marrazzo. I due fanno irruzione, dispongono su un piatto della cocaina per inscenare un droga-party, riprendono con un cellulare il presidente senza pantaloni e poi gli chiedono 100 mila euro. Il governatore a questo punto stacca 20 mila euro in assegni (mai incassati né trovati), i carabinieri gli portano via 3 mila euro in contanti (inizialmente Marrazzo dice 5 mila), il pagamento previsto per Natalie. C’è la concussione (esclusa dal governatore), ma pure la rapina. Il 15 luglio Cafasso prova a vendere il video a due giornaliste di Libero, in cambio di 500 mila euro. L’affare non si conclude. A questo punto il «ricettatore» diventa Antonio Tamburrino, 28 anni, collega dei due presunti autori delle immagini con il telefonino. Il giovane contatta un paparazzo come intermediario. La trattativa prosegue anche dopo la morte di Cafasso. L’agenzia fotografica Masi mette in vendita il filmato e viene anche contattata dallo stesso Marrazzo. I carabinieri del Ros intervengono prima che il negoziato si concluda.
Perché gli uomini che hanno girato il video lo commercializzano personalmente rischiando di essere arrestati? Per la difesa, affidata all’avvocato Marina Lo Faro, la risposta è semplice: non sono stati i carabinieri a girare il filmato, ma Cafasso, né i militari avevano intenzione di ricattare il governatore. Per loro quelle erano immagini legalmente vendibili. credibile questa versione? Lo decideranno i giudici.
Di certo anche le ricostruzioni di Natalie e Marrazzo hanno punti da chiarire. Sono stati i carabinieri a portare la droga nell’appartamento del viado o si trovava già in casa? Natalie davvero non conosceva Cafasso? Perché l’ex governatore del Lazio paga per le prestazioni del trans prezzi fuori mercato (3 mila euro)? Certamemente i guadagni di Natalie restano indefiniti, come i suoi presunti investimenti immobiliari.
In ogni caso l’inchiesta ha dimostrato che dietro all’affaire Marrazzo non c’è alcuna oscura macchinazione. Per i magistrati, a innescare la vicenda è stata sola l’avidità di un gruppo di carabinieri infedeli. Il giudice Taurisano assolve anche chi nelle redazioni ha visionato il video, sottolineando «la diffusa e sentita necessità di conoscere l’origine, la provenienza, la liceità del filmato al fine di deliberare con coscienza e serenità, in merito alla trattativa di compravendita». Insomma in questa storia, a parte i militari (i soli indagati) e alcuni transessuali, tutti si sarebbero comportati correttamente. E senza alcun mandante.