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 2009  dicembre 16 Mercoledì calendario

PINO BUONGIORNO PER PANORAMA 16 DICEMBRE 2009

Debito La nuova tragedia greca Gli scontri di piazza mostrano al mondo quello che gli economisti sapevano da tempo: Atene è il malato più grave dell’Eurozona. Una crisi che mette in gioco l’intera Unione.

Per mesi e mesi ha monitorato i siti internet dei gruppi radicali europei e soprattutto di quelli greci. «Si stanno preparando per l’anniversario» aveva dichiarato ai corrispondenti stranieri. Mary Bossis, docente all’Università del Pireo ed esperta di terrorismo e di violenza politica, non ha sbagliato la profezia. Domenica 6 dicembre, primo anniversario dell’uccisione da parte della polizia del quindicenne Alexandros Grigoropoulos, Atene, Salonicco, Patrasso, Rodi e Ioannina hanno vissuto l’ennesima giornata di guerriglia urbana con migliaia di dimostranti, armati di spranghe e molotov, che hanno affrontato per ore i 10 mila poliziotti schierati dal nuovo governo socialista di George Papandreou, 57 anni, al potere dallo scorso 4 ottobre.
Fra i più attivi in piazza, anche svariati militanti in servizio permanente dell’internazionale anarchica dei black bloc, che hanno continuato la loro battaglia anche il 7 dicembre. Ora la professoressa Bossis fa un’altra previsione, ancora più fosca: «Andrà sempre peggio. Il clima economico si sta deteriorando. Il malcontento popolare è diffuso. In questa situazione così tesa basta poco per reclutare i disperati».
«Tolleranza zero» minaccia da Palazzo Maximou, la sede del governo, il premier Papandreou, che tenta di scongiurare il ritorno alle manifestazioni devastanti dello scorso anno, costate oltre 1 miliardo di euro. Non sarà facile, anche perché il governo del Pasok (il partito socialista panellenico), con il suo schiacciante 43,9 per cento dei voti nelle ultime elezioni, deve affrontare, oltre alla rabbia giovanile, la dura opposizione del partito comunista Kke (7,53 per cento) e della coalizione della sinistra radicale (4,59 per cento).
Trecento greci perdono il posto di lavoro ogni giorno. Il 15 per cento delle piccole e medie imprese rischia di chiudere nel 2010. Il turismo è crollato del 15 per cento e la marina mercantile boccheggia a causa della crisi internazionale. Dopo anni di crescita continua, la recessione (-1,2 per cento il pil nel 2009 e -0,3 nel 2010) è arrivata tardi, ma non sembra volere andarsene presto.
Di fronte a queste calamità economiche è fin troppo banale paragonare l’improbo lavoro del terzo primo ministro della dinastia dei Papandreou alle fatiche di Ercole o al mito di Sisifo. Lo hanno fatto le grandi banche di affari e le agenzie di rating, che hanno evidenziato i gravi problemi fiscali ed economici della Grecia soprattutto sull’onda del crac di Dubai.
Meno fantasiose la Commissione europea e la Bce. «Il gioco è finito» ha affermato Jean-Claude Juncker, responsabile dell’Eurogruppo. «La situazione è allarmante» ha raddoppiato i rimproveri il governatore della Bce Jean-Claude Trichet. La Commissione europea si è detta stufa delle bugie del servizio di statistica greco.
Incalzato dai dubbi dei partner europei, il nuovo ministro delle Finanze, George Papaconstantinou, è stato costretto a svelare il buco nero dei conti pubblici: il deficit pari a 30 miliardi di euro all’anno, vale a dire il 12,7 per cento rispetto al prodotto interno lordo (oltre quattro volte il limite massimo consentito dall’Ue), e il debito sopra il 110 per cento del pil. Da oggi la Grecia è il malato più grave dell’Eurozona.
Rischia addirittura la bancarotta? Gli economisti e gli analisti intervistati da Panorama, sia a Londra sia ad Atene, tendono a escluderlo almeno nel breve periodo, ma non nel medio-lungo. «La situazione è brutta, anche se non disastrosa. Tutto dipende dagli sviluppi fiscali nei prossimi mesi» prevede Yannis Stournaras, il direttore degli studi della Fondazione per la ricerca economica e industriale. «Il nuovo governo ha presentato un budget per il 2010 che prevede una correzione del 3,5 per cento del deficit». Conferma da Londra Laurent Bilke della banca di affari Nomura: «No, non credo al default. La Grecia non è un paese in via di sviluppo esposto al rischio del cambio: il suo debito è in euro».
Aggiunge Spyros Andreopoulos, che analizza la Grecia per conto della Morgan Stanley: «Oggi gli interessi sul debito ammontano al 5 per cento del pil. In passato sono arrivati al 12,7 per cento, senza che il governo abbia dichiarato bancarotta. In ogni caso sono necessarie riforme per assicurare la solvibilità nel lungo termine. A cominciare dagli interventi sulla burocrazia».
Un milione di greci (su 11 milioni di abitanti) ha lo stato come datore di lavoro, un quarto dell’intera forza lavoro: pro capite, nessun paese europeo batte questo record. L’inefficienza è leggendaria: occorre un anno per ottenere la pensione. Secondo l’Ue, la burocrazia costa all’economia il 7 per cento del pil, il doppio della media europea. La corruzione è ancora più distruttiva. Secondo l’ultimo rapporto di Transparency international, la Grecia è considerata il paese con più corruzione nella Ue, assieme a Bulgaria e Romania. Mettere mano al settore pubblico significa per Papandreou andare contro un blocco elettorale potentissimo e i sindacati sempre sul piede di guerra. E anche dover rinnegare due decenni di governo a guida Pasok, dal 1981 al 2004, che hanno raddoppiato gli impiegati statali.
Ne avrà la forza? «Il governo socialista ha ricevuto un mandato forte e chiaro per un radicale cambiamento» assicura Vassilis Papadimitriou, che lavora come consigliere stampa nell’ufficio del primo ministro. «Papandreou è conosciuto e apprezzato all’estero per la sua serietà e autorevolezza e in questo senso rappresenta un’ulteriore garanzia. Il suo non è un compito semplice. I danni profondi arrecati da anni di cattiva gestione da parte del governo Karamanlis, di centrodestra, non si possono risolvere in un giorno. Ci aspettiamo decisioni drastiche: taglio agli sprechi, lotta all’evasione fiscale e al clientelismo, promozione della trasparenza dell’attività pubblica. Tutto questo servirà a rilanciare l’economia e il mercato del lavoro».
Secondo l’analista della Morgan Stanley, Andreopoulos, il governo Papandreou è invece «partito lentamente e ha impiegato un po’ di tempo per comprendere l’urgenza della situazione». Anche un osservatore politico assai noto, come John Psaropoulos, sostiene che «il governo socialista ha iniziato il suo mandato con una politica estera ardita ma con una politica economica timida. Però quale credibilità ha la prima, nei Balcani, con la Turchia e all’interno della Ue, se manca la performance economica?».
Il 2010 sarà un anno decisivo. Da gennaio il governo di Atene dovrà riferire a Bruxelles ogni tre mesi quali progressi ha fatto sia per mettere sotto controllo il deficit di bilancio sia per sviluppare le riforme strutturali. Di qui la necessità per Papandreou di introdurre provvedimenti sempre più impopolari, che rischiano di alienargli molte simpatie: nuove tasse per 4,5 miliardi di euro soprattutto sui redditi più alti, sul tabacco, sull’alcol e sui profitti delle grandi aziende e blocco degli stipendi pubblici contro le promesse elettorali di aumentarli dell’1,5 per cento. Se non dovesse farcela, se la piazza dovesse sfuggirgli di mano, quale sarebbe lo scenario peggiore? Gli esperti finanziari ed economici interpellati da Panorama ritengono che ben difficilmente l’Unione Europea farà fallire la Grecia. Quindi è assai probabile che la banca centrale interverrà con nuovi fondi sotto forma di prestiti di emergenza. Ma c’è anche la possibilità che la Ue voglia dare una lezione e non aiutare il governo di Atene. In questo caso, a farsi avanti sarà quasi certamente il Fondo monetario internazionale, con un accordo capestro che imporrà tutto quello che finora la Grecia non ha fatto. Ossia: meno regole sul mercato del lavoro e su quello della produzione industriale, più competitività per creare posti di lavoro, guerra all’evasione fiscale, riduzione drastica dell’apparato pubblico anche per combattere la corruzione. E, soprattutto, tante privatizzazioni sempre promesse e mai attuate.