Valeria Palermi, L’Espresso, 16 dicembre 2009, 16 dicembre 2009
VALERIA PALERMI PER L’ESPRESSO 16 DICEMBRE 2009
Sono rossa e liberal Spin doctor di Fini, capelli fiammanti, col suo pezzo sul velinismo in politica ha scatenato una bagarre. E incassato l’apprezzamento degli avversari politici. Ma ora avverte i suoi: non scivoliamo troppo a sinistra. Colloquio con Sofia Ventura
donna, pensante, di destra: insomma, se le va a cercare. Di più: se ha un’opinione la scrive. Sul sito francamente più cool del momento, quel Farefuturo web magazine che urta i nervi alla destra e manda in visibilio la sinistra, perché in un’Italia sgangherata nemmeno si capiscono più i fondamentali. Sofia Ventura è diventata famosa per il pezzo sulle veline ("Donne in politica: il velinismo non serve") che ha provocato la valanga che sappiamo: ha detto il Re è nudo, e tutti se ne sono accorti. La raccontano come uno spin doctor di Gianfranco Fini, lei sdrammatizza. Insegna Scienze politiche all’Università di Bologna, sede di Forlì. 45 anni, bella donna, capelli rosso fuoco.
Il pezzo sulle veline?
"Ho scritto cose più intelligenti".
Sarà simpaticissima a tanti.
"Un amico ce l’ho. Giovani Gazzetta, cattolico, straordinario. Una delle persone sprecate di questa Repubblica, ma qui sono i Gasparri che fanno carriera politica. Sto nell’associazione di Benedetto Della Vedova, Libertiamo. Lui è più liberista di me, io sono liberal alla francese, lui in senso anglosassone, ma non si può essere identici. I berlusconiani mi detestano, potessero uccidermi lo farebbero. E Gaetano Quagliariello, Eugenia Roccella: ci siamo conosciuti in passato, ho affetto per loro. Però a volte li prenderei a schiaffi".
Il rosso è naturale?
"Fintissimo. I capelli li ho anche avuti corti, poi ho capito che lunghi mi stanno meglio. Ma non potevo tenermi il castanuccio: devo esprimere grinta. Col rosso esce".
Da dove salta fuori l’aggressività?
"Ho un papà che mi ha trattata da maschio. Confronto-scontro, la sua educazione mi ha forgiato: non sono mai stata una femminuccia, e un po’ me ne rammarico, né una seduttrice. Mi ha passato la passione per la politica, era consigliere comunale per la Dc a Casalecchio. Mia mamma, francese, in famiglia ha gente che ha fatto politica. C’è sempre stata narrazione politica in casa. Facevo le elementari, nei ’70 di più rosso di Casalecchio di Reno c’era solo Reggio Emilia, ci organizzarono l’ora di piscina all’Arci. Io a otto anni sapevo benissimo cos’era, lo dissi a mio padre, lui protestò - inutilmente. E a quell’età rinunciai alla piscina per scelta politica".
Debutto precoce.
"La prima esperienza a vent’anni: un gruppo di lettori di Montanelli. Ma me ne andai, io non trovo mai la mia casa. Ero già una piccola liberale libertaria. Sono laica, mio padre è ateo, io agnostica. Sono per metà francese, ho fatto letture francesi, ho fondamenta robuste per queste idee. Sono convinta della separazione tra Stato e Chiesa".
Che cosa manca agli italiani per essere francesi?
"La loro storia. La serietà legata a una concezione dello Stato che genera un rispetto per i ruoli a noi sconosciuto. Durante il mio dottorato a Science Po, gli studenti tra loro si davano del "vous": un eccesso, ma vuol dire rispetto, per le istituzioni, tra loro, per le donne. Per loro vita, lavoro, relazioni, sono cose serie. Vado in Francia appena posso, ci porto gli studenti. A fargli respirare qualcosa, vedere come una nazione sa ricordare, con quel Mémorial Charles De Gaulle a Parigi: percorsi multimediali, la sala della politica estera, video. Perché loro ci riescono e noi no?".
Forse perché oltre a ricordare sanno immaginare il futuro.
"A Parigi convivono storia e grattacieli, non a caso l’Arco di trionfo e quello della Défense sono in linea. Per noi già domani è un futuro lontano. E i giovani ignorano il passato. Stiamo creando una generazione senza strumenti di conoscenza. Nella mia facoltà un sistema di prove intermedie cerca di far studiare i ragazzi in modo continuativo, ma così si spezzettano esami già semplificati. Io gli devo insegnare Scienze politiche, loro ignorano la differenza tra governo e Parlamento. Quando uscirete nel mondo vero ci odierete, gli dico, perché non vi abbiamo preparato".
Lei a cosa cerca di formarli?
"Io ho una mia religione civile. Composta dell’idea liberale su cui si innesta il repubblicanesimo francese: sono un’individualista che sa che la società ha bisogno di collante. Un discorso politico può esserlo, per questo guardo a Gianfranco Fini, la sua declinazione liberal-gollista è un sistema di valori. Altro pezzo della mia religione, la memoria della Shoah e le riflessioni sulla banalità del male di Hannah Arendt: un momento accudiamo un bambino, quello dopo firmiamo un foglio che manda gente alle camere a gas. Non credendo in Dio penso che quando si muore è tutto finito, ma finché si sta qui bisogna dar senso alla vita. Una religione civile può essere più forte del credere in Dio, perché fa a meno di Dio".
Perché gli italiani non sanno essere laici?
"Perché sono cialtroni. Incapaci di posizioni forti. La laicità è impegnativa, richiede rigore. I politici non ce l’hanno. Quando parlano di certe cose, tipo il crocifisso nelle scuole, fossero miei studenti li boccerei tutti".
La diverte essere popolare a sinistra?
" scontato. A sinistra fanno questo giochino con tutto il giro finiano, ma dovrebbero capire che quelli come Fini non sono di sinistra. Ci invitano nei salotti, un giorno ci stuferemo e cominceremo a dire cose di destra e ci sbatteranno di nuovo fuori. Infatti per me stiamo esagerando, l’ho detto agli amici di Farefuturo, attenti, non scivoliamo troppo a sinistra. Compreso il leader maximo".
Lei ha sollecitato Fini a "mettere la dimensione individuale nel sogno collettivo".
"Gianfranco Fini ha fatto un percorso sincero, sarebbe bello che ci raccontasse di sé, i perché, le riflessioni e gli incontri che lo hanno portato a certe posizioni".
C’entra una donna giovane accanto?
"Un po’ sì, e c’entra la figlia che dice, papà sei bacchettone. Le donne c’entrano sempre con le scelte degli uomini. Fini dovrebbe raccontarsi, anche per rispondere a chi lo accusa di opportunismo. Svelare l’anima è d’obbligo per i leader di oggi, col rapporto così diretto con gli elettori: sono personaggi, devono raccontarsi. Come Obama".
Lei parla di sogni condivisi, ma questo Paese condivide soprattutto paure.
"Chi si sente povero non è ben disposto verso gli altri. C’è rabbia, si è persa la speranza".
vero che siamo già al dopo Berlusconi?
"Comincerà solo quando lui deciderà che non ce la farà più. Possono anche accusarlo di tratta delle bianche, non frega niente a nessuno".
Ma lei a che personaggi si appassiona?
"Simone Veil: dura ma interessante. Ho amato Sarkozy, oggi non più. La bellezza interiore di Hannah Arendt. Diceva "Non faccio figli ma libri", mi affascina. E Charles De Gaulle: per lui vado pazza. Ha salvato la Francia, ne ha fatto una potenza. Aveva pulsioni autoritarie, ma anche la convinzione di fare il bene del suo Paese. Con mezzi legittimi".
Però due su quattro sono morti.
"Facciamo così: se mi viene in mente uno vivo, la richiamo"