Antonio Salvati, La stampa 10/12/2009, 10 dicembre 2009
Checkpoint Casal di Principe- CASAL DI PRINCIPE Via Vaticale è lunga poco meno di un chilometro e chi raggiunge Casal di Principe utilizzando la Strada Provinciale 7 bis deve percorrerla per forza
Checkpoint Casal di Principe- CASAL DI PRINCIPE Via Vaticale è lunga poco meno di un chilometro e chi raggiunge Casal di Principe utilizzando la Strada Provinciale 7 bis deve percorrerla per forza. Il carabiniere Se qualcuno pensa che i controlli delle forze dell’ordine si siano affievoliti dopo la cattura dello stragista Giuseppe Setola si ricreda, perché bastano poche centinaia di metri per essere intercettati dal rosso di una paletta agitata da un carabiniere. Il militare in un italiano senza cadenza recita con modi molto garbati la formula di rito: «Patente e carta di circolazione». Ottenuti i documenti si allontana a passi lenti, si ferma e da un occhio al tagliando dell’assicurazione esposto sul parabrezza. Poi raggiunge la macchina dove lo aspetta un collega. Parlotta, scrive, sorride. Ritorna. Si affaccia al finestrino e chiede con la gentilezza di prima di aprire il portabagagli. Ma non dall’interno come ingenuamente (o con qualche malizia) fanno in tanti. Bisogna scendere, aprire, e far controllare. Poco lontano un altro militare è fermo e guarda la strada imbracciando una pistola mitragliatrice. Riottenuti i documenti si incassa un buon pomeriggio condito da un sorriso e si riparte. Una sosta forzata di non più di dieci minuti che però riempie lo spirito di chi da queste parti gentilezza e divise delle forze dell’ordine ne vedeva raramente. Minuti eterni Ma se i tempi si allungano e ad aspettare c’è qualcuno che rischia la vita, allora lo stato d’animo cambia. Perché ogni minuto che passa sembra un’eternità e il sorriso e i modi garbati si trasformano di colpo in gesti sarcastici che non fanno niente altro che esacerbare l’animo. Sarà per questo che i medici di famiglia del comprensorio di Casal di Principe hanno chiesto e ottenuto dal presidente dell’Ordine dei medici di Caserta un interessamento alla questione. Prima che ci scappi il morto, visto che qualche tempo fa la tragedia fu solamente sfiorata. «E’ stato un collega a raccontarmi questa vicenda», dice Antonio Manzi, presidente provinciale della categoria. Una vicenda che verosimilmente verrà riferita anche al Prefetto di Caserta, visto che la prossima settimana i due dovrebbero incontrarsi per trovare una soluzione al problema. Quella storia parla di un paziente colpito da una crisi allergica e da un medico che riesce ad arrivare appena in tempo per somministrargli la dose di cortisone necessaria per evitare uno choc anafilattico. Quel medico era rimasto fermo per oltre mezz’ora ad un posto di blocco. «Il collega ha cercato in tutti i modi di spiegare che era in servizio e che il caso era urgente. - spiega ancora Manzi - Ma gli operanti non hanno battuto ciglio proseguendo nei controlli. Somministrare del cortisone ad un paziente in crisi allergica è un atto medico semplice, eppure occorre la giusta tempistica per evitare conseguenze ben più gravi. Solo per un caso quella volta non è successo nulla». Ma quale potrebbe essere la soluzione? Come coniugare le giuste esigenze dei medici di famiglia con quelle altrettanto legittime delle forze dell’ordine? «Un lasciapassare che permetta ai medici di famiglia in viaggio per un’emergenza e non per una visita domiciliare, di ottenere controlli più blandi». Come a Baghdad Come ai checkpoint di Bagdad, Kabul o di Beirut. Sventolare un foglietto di carta per esorcizzare il rosso della paletta. Ma se è vero che a pensar male del prossimo si fa peccato, è pur vero che (qualche volta) ci si indovina. Facile dunque immaginare come la camorra possa essere interessata a fare rapidamente incetta di quei lasciapassare. Il presidente Manzi ha l’aria di essere un pratico e si non nasconde dietro ad un dito: «Fare il medico non significa essere un non malavitoso. Personalmente penso che fare sentire la presenza dello Stato non sia assolutamente un fatto negativo, anzi sono convinto che questo tipo di attività darà alla lunga i frutti sperati. Essere fermato ad un posto di blocco forse darà fastidio, ma se io abitassi in quelle zone mi sentirei più sicuro». Si ritorna dunque al punto di partenza, anche se è proprio Manzi a sciogliere il nodo gordiano estraendo dal cilindro una seconda proposta risolutiva: «Se un medico deve raggiungere rapidamente il paziente in difficoltà e viene fermato ad un posto di blocco, uno degli operanti potrebbe accompagnarlo a destinazione. Una volta terminato l’intervento urgente, il collega potrà essere sottoposto a tutti i controlli di rito, perché - conclude Manzi - il disagio reale non è dei medici di famiglia, ma dei pazienti che possono rischiare la vita in caso di ritardo». Bisognerà capire come la prenderà il malcapitato di turno, costretto a vedere al proprio capezzale il volto rassicurante del medico di famiglia e quello imbarazzato di un tutore delle forze dell’ordine.